I retroscena della guerra in Ucraina: «Questa crisi è andata covando per 25 anni»
Il lucido punto di vista di Noam Chomsky sul ruolo degli Stati Uniti nella guerra in Ucraina e sul pericolo imminente che non stiamo affrontando a dovere
«L’invasione russa dell’Ucraina è un crimine di guerra paragonabile all’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti e all’invasione della Polonia da parte di Hitler e Stalin nel settembre 1939, per prendere solo due esempi salienti. Non c’è nessuna giustificazione, nessuna attenuazione.»
Questa la necessaria premessa di Noam Chomsky, uno dei più importanti intellettuali viventi, alla sua intervista esclusiva rilasciata a Truthout in cui ha parlato della guerra in Ucraina soffermandosi in special modo sul ruolo degli Stati Uniti, su cosa dovremmo aspettarci e cosa scongiurare mentre incombe il pericolo della crisi climatica che può mettere fine all’insieme della vita sulla Terra.
A seguire i passaggi salienti.
IL BACKSTAGE DELLA GUERRA IN UCRAINA
«Per quel che riguarda le motivazioni, ci sono innumerevoli esternazioni fatte con estrema sicurezza sullo stato mentale di Putin. Secondo il racconto ricorrente, questi è preso da fantasie paranoiche, agisce da solo, circondato da cortigiani striscianti. Ma si potrebbero considerare altre ipotesi.
Forse Putin intendeva proprio quello che lui e i suoi associati hanno detto forte e chiaro per anni. Potrebbe essere, per esempio, che “poiché la principale richiesta di Putin è l’assicurazione che la NATO non integrerà ulteriori membri, e in particolare né l’Ucraina né la Georgia, ovviamente non ci sarebbero state le basi per la crisi attuale se non si fosse verificata l’espansione dell’alleanza dopo la fine della Guerra Fredda, o se l’espansione fosse avvenuta in armonia con la costruzione di una struttura di sicurezza in Europa che includesse la Russia.” L’autore di queste parole, scritte poco prima dell’invasione, è l’ex ambasciatore degli Stati Uniti in Russia, Jack Matlock, uno dei pochi seri specialisti della Russia nel corpo diplomatico statunitense. Prosegue concludendo che la crisi “può essere facilmente risolta con l’applicazione del buon senso…. Secondo qualsiasi norma di buon senso, è nell’interesse degli Stati Uniti promuovere la pace, non il conflitto. Cercare di staccare l’Ucraina dall’influenza russa è stata una missione stupida, pure pericolosa.”
Matlock non è l’unico a pensarla così. Le memorie del capo della CIA William Burns, un altro dei pochi autentici specialisti della Russia, giungono più o meno alle stesse conclusioni sulle questioni di fondo. La posizione ancora più forte del diplomatico statunitense George Kennan è stata tardivamente ma ampiamente citata, sostenuta anche dall’ex segretario alla Difesa William Perry e, fuori dagli ambienti diplomatici, dal noto studioso di relazioni internazionali John Mearsheimer oltre a numerose altre figure che difficilmente potrebbero essere più “mainstream”.
Niente di tutto ciò è oscuro. I documenti interni degli Stati Uniti, rilasciati da WikiLeaks, rivelano che l’incauta offerta di Bush II all’Ucraina di unirsi alla NATO ha subito suscitato forti avvertimenti dalla Russia sul fatto che la minaccia militare in espansione non poteva essere tollerata. Comprensibilmente.
In breve, la crisi è andata covando per 25 anni, mentre gli Stati Uniti hanno sprezzantemente respinto le preoccupazioni di sicurezza russe, in particolare le loro chiare linee rosse: Georgia e soprattutto Ucraina. Ci sono buone ragioni per credere che questa tragedia avrebbe potuto essere evitata, fino all’ultimo minuto.»
CHE SCENARI CI ASPETTANO
«Le opzioni che rimangono dopo l’invasione sono fosche. Quella meno peggio è il sostegno alle opzioni diplomatiche che ancora sussistono, nella speranza di raggiungere un risultato non troppo lontano da quello che era molto probabilmente attuabile pochi giorni fa: neutralizzazione dell’Ucraina in stile austriaco, con una qualche versione del federalismo degli accordi di Minsk II. Molto più difficile da raggiungere ora. E – per forza – ci vorrà una via di fuga per Putin, o gli esiti saranno ancora più disastrosi per l’Ucraina e tutti gli altri, forse anche quasi inimmaginabili.
Questo è alquanto lontano dalla giustizia. Ma quando mai la giustizia ha prevalso negli affari internazionali?
Che ci piaccia o no, le scelte sono ora ridotte a un esito poco glorioso che premia Putin invece di punirlo per l’atto di aggressione – o la forte possibilità di una guerra terminale. Può sembrare gratificante spingere l’orso in un angolo da cui si scaglierà nella disperazione – come potrà. Ma è tutt’altro che saggio.
Nel frattempo, dovremmo fare tutto il possibile per offrire un sostegno significativo a coloro che difendono valorosamente la loro patria contro crudeli aggressori, a coloro che fuggono dagli orrori, e alle migliaia di russi coraggiosi che si oppongono pubblicamente al crimine del loro stato al prezzo di enorme rischio personale: una lezione per tutti noi.»
LA CATASTROFE IMMINENTE CHE NON STIAMO CONSIDERANDO
«Dovremmo anche cercare di trovare il modo di aiutare una categoria molto più ampia di vittime: l’insieme della vita sulla Terra. Questa catastrofe si svolge in un momento in cui tutte le grandi potenze, anzi tutti noi, dobbiamo lavorare insieme per controllare il grande flagello della distruzione ambientale che sta già esigendo un tributo gravoso, presto destinato a peggiorare considerevolmente, a meno che non vengano intrapresi rapidamente grandi sforzi. Per rendere chiara l’evidenza, l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha appena rilasciato l’ultima e di gran lunga più inquietante delle sue regolari valutazioni su come stiamo correndo verso la catastrofe.
Nel frattempo, le azioni necessarie sono in stallo, persino spinte all’indietro: le risorse necessarie sono destinate alla distruzione e il mondo si prepara ora ad espandere l’uso dei combustibili fossili, compreso il più pericoloso e comodamente abbondante di essi, il carbone.
Una congiuntura più grottesca potrebbe difficilmente essere escogitata da un demone malevolo. Non può essere ignorata. Ogni momento conta.»
Tratto dall’intervista di C.J. Polychroniou per Truthout – Traduzione dall’inglese di Dominique Florein. Revisione di Thomas Schmid – Per gentile concessione di Pressenza