Respira e poi muori, le 20 città più inquinate al mondo
Si stima che il prossimo anno 7 milioni di persone moriranno per aver respirato aria inquinata, un problema che accumuna l’intero pianeta ma non in maniera uniforme. Alcuni paesi ne soffrono più di altri e se volete verificare da voi il World’s most polluted cities risponde con precisione ad una mappatura personalizzata. Puntando la lente sull’Italia, ad esempio, si scopre che Sassuolo nel 2018 è stata la più martoriata per la qualità dell’aria. Un record, di per sé preoccupante, che però si ridimensiona se messo a confronto con i risultati delle città in vetta alla classifica mondiale del World Air Quality Report 2018.

Il report che si basa sulla revisione, la compilazione e la convalida di rilevazioni provenienti da decine di migliaia di stazioni di monitoraggio, individua in quelle che seguono le venti città più inquinate al mondo, ordinate secondo la media della misurazione dell’inquinamento dell’aria nel 2018:
- Gurugram, India (135.8)
- Ghaziabad, India (135.2)
- Faisalabad, Pakistan (130.4)
- Faridabad, India (129.1)
- Bhiwadi, India (125.4)
- Noida, India (123.6)
- Patna, India (119.7)
- Hotan, China (116)
- Lucknow, India (115.7)
- Lahore, Pakistan (114.9)
- Delhi, India (113.5)
- Jodhpur, India (113.4)
- Muzzaffarpur, India (110.3)
- Varanasi, India (105.3)
- Moradabad, India (104.9)
- Agra, India (104.8)
- Dhaka, Bangladesh (97.1)
- Gaya, India (96.6)
- Kashgar, China (95.7)
- Jind, India (91.6)
Nessuno sarà sorpreso dal fatto che le città di India e Cina (oltre a Pakistan e Bangladesh) abbiano registrato le performance peggiori. Stando al report State of Global Air nel 2015 questi due paesi hanno avuto il triste primato delle morti premature per ragioni legate alla qualità dell’aria. Allo stesso modo uno studio scientifico pubblicato a fine 2017 da The Lancet ha stimato che in quello stesso anno quasi due milioni di cinesi sono morti per cause riconducibili all’inquinamento, il 16 per cento del totale globale e oltre quattro volte il numero di morti per Aids, tubercolosi e malaria combinate.

C’è da dire però che la Cina ha segnato un netto miglioramento tra il 2017 e il 2018, -12%, grazie a importanti politiche per contrastare il fenomeno, invertendo la rotta sul fronte dei combustili fossili e investendo nella transizione energetica verso le rinnovabili oltre a puntare sulla riforestazione. Non solo, la decisione di porre un limite alle importazioni dall’estero dei rifiuti, di plastica in particolare, ha avuto il suo peso in questo piano. Il partito comunista cinese è infatti intenzionato ad accrescere la coscienza ecologica del paese e a proporsi, soprattutto dopo gli accordi di Parigi, come leader globale nella lotta ai cambiamenti climatici. I risultati del piano triennale anti-smog pubblicato sul sito del Consiglio di stato non saranno sicuramente immediati, e nel frattempo gran parte delle città cinesi stanno cercando di implementare delle tecnologie che possano garantire aria purificata nelle aree più inquinate.
Intanto sempre più datori di lavoro e costruttori di immobili di fascia alta stanno inserendo sistemi di depurazione e filtraggio dell’aria nelle loro offerte come ad esempio una catena di alberghi di lusso che promuove il suo sistema di filtraggio a due livelli per purifica l’ambiente, e finestre a doppi vetri che rimangono chiuse per garantire la qualità dell’aria, celebrata da grandi schermi lcd che la monitorano 24 ore su 24.
Il cambiamento climatico, com’è ovvio, non fa che peggiorare gli effetti dell’inquinamento atmosferico, anche attraverso la moltiplicazione di incendi provocati dall’innalzamento delle temperature. Inoltre, il principale motore del cambiamento climatico – la combustione di combustibili fossili – è anche il principale motore dell’inquinamento atmosferico, a livello mondiale. Dunque, volendo, i Paesi saprebbero da dove iniziare per contenere i danni.