Avvocato rulez

La repressione dei canapa shop da oggi si chiama “sensibilizzazione” 

La nuova direttiva del ministro dell’Interno Piantedosi ordina perquisizioni in tutte le attività che vendono canapa, cercando però di mascherare una vera e propria azione repressiva definendola come un’opera di “sensibilizzazione” dei commercianti

Infiorescenze di cannabis light

In una generale situazione di deficitario e approssimativo contrasto con il crimine organizzato, nella quale il cittadino non trova ragioni di sicurezza e tranquillità, trovandosi esposto pesantemente a svariati fenomeni ed episodi, che coprono un ventaglio ampio di contesti illeciti, il Ministro degli Interni non trova di meglio che lanciare la rinnovata crociata contro i negozi che commercializzano la canapa light.

Probabilmente vuole vincere facile.

La miopia di una simile strategia, unita anche alla circostanza che essa si fonda sia su affermazioni assolutamente demagogiche, sia sulla non conoscenza fattuale e scientifica del più complessivo fenomeno, crea un elevato livello di allarme.

Assolutamente ipocrita, contraddittoria e con spunti di involontaria comicità appare la richiesta di «… implementare i controlli ai negozi che vendono cannabis light come azione di “sensibilizzazione” dei commercianti…».

Dunque gli accessi di polizia giudiziaria, le perquisizioni e gli eventuali sequestri, nonché le naturali e ovvie denunce penali, non avrebbero un carattere repressivo, quanto piuttosto “sensibilizzativo”. La p.g. non opererebbe per l’accertamento e per la repressione di reati, ma assumerebbe una veste educativa, propria degli assistenti sociali.

Ministro Piantedosi
Ministro Piantedosi

I politici, quando esprimono concetti del genere di quello espresso dal Ministro Piantedosi, lo fanno, soventemente, con sprezzo del ridicolo, sul presupposto che i cittadini devono essere destinatari e vittime di qualsiasi corbelleria. Le ragioni addotte dal Ministro – ed ovviamente dai suoi direttori generali – appaiono, all’evidenza, esempio di un cocktail di confusione e di scarsa conoscenza della materia.

L’azione di sensibilizzazione degli operatori commerciali, che si intende promuovere, sarebbe «funzionale a conformarsi al chiaro dettato normativo della materia» (che il ministro dell’Interno dimostra, invero, di non conoscere) e abbinata alla «…mirata e coordinata azione di controllo». 

In realtà, come nelle migliori favole, il Lupo (il Ministro) si traveste da Nonna (invocando nobili fini di sensibilizzazione), per assumere, invece, un carattere di falsa bonomia e sbranare Cappuccetto Rosso (i commercianti). O ancora, l’Autorità intende convincere in modo anomalo, attraverso un atteggiamento ingannevole di presunto confronto, i commercianti a chiudere le loro attività.

Quello che, infatti, impropriamente viene definito «chiaro dettato normativo della materia», invero, dovrebbe essere definito un chiaro dettato giurisprudenziale della materia. Solo che, come si dirà, questo indirizzo costante a livello giurisprudenziale non viene minimamente considerato.

Il dettato delle sentenze smentisce il Ministro Piantedosi, al quale non è stato comunicato che:

1. la tossicologia forense ha stabilito parametri assai precisi per pervenire a giudizi di psicoattività delle sostanze;

2. il rispetto di questi rigorosi criteri ha permesso la formazione di una giurisprudenza del tutto favorevole ai commercianti e ai coltivatori. Si pensi che, stando all’esperienza professionale quotidiana degli ultimi 6 anni da parte di chi scrive, il 95% dei procedimenti penali si conclude con l’archiviazione o l’assoluzione dell’imputato.

È sconcertante che nella direttiva vengano citate esclusivamente le rarissime e sporadiche sentenze a favore della proibizione della cannabis lightCi si deve domandare, pertanto, sulla base di quali elementi scientifici il ministro Piantedosi afferma, in modo enfatico e roboante (con l’uso toni da vera propaganda di regime) che «le preminenti ragioni di tutela della salute e dell’ordine pubblico messe in pericolo di siffatte sostanze impongono di mantenere alta l’attenzione» proseguendo gli interventi già sperimentati. 

Intanto, come detto, pare assai retorico il richiamo all’invocazione della difesa della salute o dell’ordine pubblico. Chiunque si può rendere conto che si tratta di false minacce e falsi temi di tutela.

La concreta infondatezza e la finzione dello scopo di sensibilizzazione, evocato in modo discutibile e temerario dal ministero dell’Interno emerge, laddove egli, poi, ordina «una ricognizione di tutti gli esercizi e le rivendite presenti sul territorio». 

Siamo, purtroppo, sicuri che, nonostante la conclamata volontà di sensibilizzazione, gli agenti di p.g. non entreranno certo negli esercizi pubblici con il sorriso sulle labbra, per battere una mano sulla spalla del commerciante e rassicurarlo sugli scopi pacifici dell’intervento.

Come ho detto, è sconcertante che nella direttiva, come usualmente, non solo vengano citate esclusivamente le rarissime e sporadiche sentenze a favore della proibizione della cannabis light, ma vengano ignorate deliberatamente e scorrettamente quelle di segno opposto, che – come detto – sono una maggioranza qualificata e costante.

Va, infatti, segnalata la falsa e fuorviante interpretazione della sentenza di SSUU 30475/19, posto che nella circolare del ministero dell’Interno si sostiene che «si sono pronunciate sulla quesitone anche le SS.UU. della Corte Suprema di Cassazione che hanno escluso, in maniera perentoria, l’applicazione della legge 242 del 2016 (la legge sulla canapa industriale, ndr) al commercio della cd. ‘cannabis light».

A questo punto non è dato sapere se prevalga la incompetenza e la non conoscenza dello stato dell’arte, oppure se queste gravi e false affermazioni siano frutto di un deliberato disegno di disinformazione, basato su pacifiche forme di travisamento dei dati giurisprudenziali.

Invero le SSUU della corte di Cassazione hanno detto una cosa del tutto diversa non confondibile.

Costituiscono violazione dell’art. 73 co. 4 dpr 309/90 «le condotte di cessione, di vendita, e, in genere, la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della Cannabis Sativa L, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante», vale a dire, quando esse non superino il limite di THC che, per essere drogante deve superare, la soglia dello 0,5%.

Anche la non menzione della nota recente sentenza fondamentale del TAR del Lazio è assolutamente sconcertante e rafforza i dubbi sin qui espressi.
Potremmo proseguire a lungo nell’elencare le contraddizioni insite nella circolare in commento, ma sarebbe un esercizio vuoto e noioso.

È necessario un cambio di passo del mondo della canapa, diversamente saremo sempre vittime del Marchese del Grillo di turno. 

TG DV


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