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Rave party: nessun divieto fermerà la festa

Quello italiano è solo l’ultimo di una serie di decreti nazionali per fermare i rave, ma la storia insegna che nessuna legge ci è mai riuscita e mai ci riuscirà

Gente balla ad un rave party

Per quanto uno dei motti della cultura rave sia diventato, negli anni, “support your local sound system”, essa nasce nomade e si diffonde con la forza che l’ha caratterizzata proprio a causa di tale elemento, capace negli anni di ribaltare il tavolo da gioco e trasformare gli attacchi in spinte proiettive. La faccenda, come è noto, nasce e si sviluppa anzitutto nel Regno Unito, ma quando, in seguito a furiose campagne stampa alimentate dalle lobby dei locali notturni e degli alcolici, che si vedevano sull’orlo dell’apocalisse in un momento in cui i giovani migravano in campi e capannoni arrivando addirittura a bere acqua, vennero processati gli Spiral Tribe, rei, assieme ad altri soundsystem, di aver invaso il festival freak di Castlemorton armati di muri di casse e vinili techno, trasformandolo in un baccanale che non voleva più finire, e poi, dopo uno dei processi più costosi della storia giudiziaria britannica (che vide la tribù della spirale comunque assolta) si arrivò a legiferare nel tentativo di arginare la voglia di ballare della gente, arrivando a quel famigerato Public Order and Justice Act del 1994 che vietando “eventi dove la musica include suoni pienamente o predominantemente caratterizzati dall’emissione di una successione di battiti ripetitivi” di fatto metteva fuori legge la cultura rave (un caso quasi unico di razzismo musicale elevato a legge, il cui unico precedente nella storia umana era il Regolamento per le orchestre del ministero della cultura nazista, che metteva limiti alla quantità di foxtrot suonabile in una serata), quello che accadde non fu un soffocamento, ma un fertile spostamento. Fu così che le tribe attraversarono la Manica. 

Copertina del libro "Rave New World, l'ultima controcultura"Sebbene già orientate e determinate a diffondere le spore in tutto il continente fu la Francia il primo luogo in cui la free tekno esplose, fondendosi lì a una forte scena hardcore, e si internazionalizzò: il primo teknival – termine che definisce un free party con più sound system – si svolse nel 1993 a Beauvais. La Francia ci mise qualche anno a reagire: la legge Mariani, analoga del Public Order and Justice Act nel suo vietare ‘‘eventi con musica ‘amplificata’ da più di cinquecento persone’’ è del 2001, e arriva quando ormai la cultura dei free party è radicatissima nel paese – a dispetto della legge i teknival si susseguiranno, e quello del 2003, a Larzac, deliberatamente “illegal”, registrerà 40.000 presenze – ma anche in tutta Europa; tuttavia, la nuova legge costituirà motivo in più anche per le tribe francesi per emigrare o intensificare le puntate all’estero. Se già varie di esse avevano fatto più che semplici passaggi da noi – Metek a Bologna, OQP alla Fintech di Roma, Tomahawk a Firenze… – è dal teknival sul Colle della Maddalena nel 2002, il primo post-legge Mariani, non a caso organizzato su al confine Francia-Italia, che iniziano a diventare presenze fisse in Italia. Ma ormai l’intera Europa ne è contagiata, anche in virtù di un’azione reiterata e costante, ai limiti del fervore sacro, di un numero di tribe fattosi molto vasto, per non parlare di quello dei partecipanti, sempre pronti a salire in macchina o in furgone e partire, magari senza ancora avere tutte le info. 

Il viaggio, il trovare la festa, la festa come riconfigurazione del concetto di meta del viaggio, è del resto un fulcro centrale della cultura rave anche per i semplici partecipanti: improvvisamente ci sono nuovi motivi per attraversare i confini, per girare l’Europa, per trovare e mappare una nuova e diversa Europa, antecedente nei collegamenti – le vecchie statali – ma posteriore nei luoghi, che erano e sono i gusci lasciati vuoti dall’industria del Novecento, le vecchie fabbriche, le cave abbandonate, finanche gli spazi dell’industria e della cultura bellica. Il resto, come si suole dire, è storia.

Estratto da “Rave New World” di Tobia D’Onofrio, per gentile concessione di Agenzia X, 2023



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