Nel nuovo disco Raina invita a “regalizzare” la cannabis
Nel nuovo disco "1000 Cose" Raina celebra la vita, l'erba e il ritorno della musica nelle nostre estati con un omaggio al mitico Rototom Sunsplash
Dieci tracce, due featuring e sonorità che partono dal suo classico sound reggae, roots dancehall, fino ad abbracciare rub-a-dub, afro beat, soca e Hip-Hop, questa la sintesi di “1000 Cose“, il nuovo disco che Raina porterà in giro sui palchi d’Italia.
Con gli ultimi due anni alle spalle e con l’estate alle porte, si sentiva davvero il bisogno di un album pieno di buone vibrazioni come questo. Dentro c’è tanta voglia di tornare a stare insieme, di fare festa. Un post it bello grosso per ricordare che c’è molto altro oltre alla paura.
Abbiamo cercato Raina, figura di riferimento per il mondo reggae, già membro fondatore di Villa Ada Posse, per condividere questa sua grande voglia di vita e di libertà che è decisamente la nostra.
È un piacere tornare a parlare con te di musica e soprattutto di musica dal vivo. Non è un caso che tu abbia scelto “Festival”, come pezzo apripista del tuo nuovo disco. Ho letto che è dedicato all’appuntamento culto del Rototom Sunsplash. Qual è il tuo primo ricordo -o quello più caro- legato a questo evento?
Il brano è dedicato soprattutto al ritorno della musica nelle nostre estati, un po’ a tutti i festival e in particolare al Rototom Sunsplash a cui siamo molto legati. Cercare di restringere tutte le emozioni e i ricordi che il festival ci ha dato in tutti questi anni non penso sia possibile, però posso dirti che abbiamo fatto grandi concerti sia in Spagna che a Osoppo, e mi ricordo una bellissima dancehall dalla mezzanotte fino alle 10 di mattina, memorabile! Ho passato tantissimo tempo con lo staff del festival lavorando nello studio di registrazione dei dubplate per tanti anni. Insomma se penso al Rototom penso a una famiglia.
In “Festival” a un certo punto dici: “Hanno paura che stiamo insieme, gli dà fastidio che stiamo bene, per questo qualcuno ci teme, per questo qualcuno ci mette catene“. Quanta voglia hai di tornare sui palchi e su quel palco in particolare?
Questo testo purtroppo non si riferisce solo al festival, o a aventi musicali, ma alla vita di tutti giorni. Cercano di farci stare lontani e cercano di farci stare male, quindi bisogna cercare di viverci la vita al meglio. Ogni anno quando escono le date del Rototom già mi immagino là, a volte però gli impegni e gli incastri delle serate mi impediscono di partecipare. Se non riesco col corpo, starò lì con il cuore.
A chi non è mai stato al Rototom, come lo racconteresti?
Alcune cose sono difficili da raccontare e rappresentare a parole. Inviterei chi non è mai stato al festival ad andarci subito perché, al di là degli artisti che suonano, la ricchezza dell’evento è la gente che partecipa: sono tutte le loro facce, tutte le loro anime che vivono nel festival per dieci giorni. Appena ci metti piede senti di lasciarti dietro tutte le abitudini e hai la sensazione di entrare in un nuovo mondo dove tutti hanno spazio, tempo per scambiarsi un sorriso. Per questo “voglio vivere in un festival”.
Il tuo nuovo album si chiama “1000 Cose”. Quali ad esempio?
“1000 Cose” è la traccia che dà il titolo all’album. È un pezzo un po’ cantautorale rispetto ai miei soliti, lo canto insieme a Danno del Colle del Fomento. Sono le mille cose che vorrei cambiare nella mia vita, nel mio presente e quindi di riflesso anche nella realtà. Ho deciso il nome “1000 Cose” perché gli argomenti toccati nel disco sono tanti e quindi era un buon titolo per comprenderli tutti.
Nel disco si parla anche di liberalizzazione. Qual è la tua posizione?
Sto un po’ oltre: sono alla “regalizzazione”! Dopo tutti questi anni di proibizionismo me la devi regalare! Dunque a parte gli scherzi, penso che la cannabis non debba essere regolata da nessuna legge e da nessun monopolio penso che vada considerata come una semplice pianta “regalo di Dio” e nessuno può imporre a terzi limitazioni sull’uso. Per quanto riguarda l’uso medicinale, nell’album c’è un pezzo che si chiama “Regalize it” che parla proprio dei problemi dei pazienti per accedere alla cannabis come cura. Cerco di prenderlo con una certa ironia ma il problema è davvero serio. Inoltre sempre nella stessa traccia provo a invitare chi mi segue a eliminare l’uso del tabacco. Quello sì che fa male!