Raige – Addio (recensione)
Chi segue Raige dagli inizi della sua carriera non può non aver apprezzato la sua straordinaria evoluzione; da grande punchliner a campione indiscusso delle emozioni in rima; dalla voglia di spaccare il mondo a quella di ritirarsi. Il tutto raccontato sempre in maniera così discreta, romantica e allo stesso tempo infinitamente viscerale.
“Se do al mio cuore un calcio di troppo e mi metto a nudo e perché a sto giro ne sono sicuro. Dio, si fottano gli altri; ciò che ho scritto è così mio che nessuno potrà rovinarmi sti istanti”. Tora-Ki cominciava così: con un Intro che a dare attenzione al testo è un manifesto di intenzioni e di poetica assoluto. Difficilmente ho sentito un rapper italiano riuscire ad esprimere così tanti concetti in un pezzo solo e quei concetti annunciavano quello che in sordina è diventato, a mio avviso, uno dei must-have del rap nostrano della scorsa decade, alla pari di “Mi Fist”, “60 Hz”, “Chi More Pe ‘Mme” e “E Poi All’Improvviso Impazzire”.
Molti non saranno d’accordo e questo è forse merito del Raige successivo, quello che ha faticato un poco a trovare una dimensione più equilibrata, più sua, più vicina a quella di un rapper con evidenti attitudini verso il canto e la poetica, di un’artista complesso, che riesce ad esprimersi al meglio nei pezzi più veri e spontanei.
Questa è la virtù ritrovata di “Addio”, la sua ultima fatica. Un disco molto bello che sta ottenendo i meritati consensi. Un disco vero, in cui Raige dimostra di essere ancora uno dei pochi di quelli con qualcosa da raccontare a saperlo raccontare; sia in maniera calda e impulsiva, sia con stile. Un lavoro che nelle prime 7 tracce non te ne lascia skippare una. In un crescendo di pensieri e riflessioni dalla rara maturità, di un ragazzo che è evidente si trascini un bagaglio pesante e che raggiungono l’apice nella titletrack, un pezzo che mille altri avrebbero reso sbagliato, banale e noioso, ma che Raige riesce a rendere emozionante, soprattutto se si conoscono a memoria alcune bellissime e sentite strofe di Tora-Ki e se alcuni pezzi sono riusciti in quell’ardua e rara impresa di farci sentire l’artista e le sue storie vicine, come se ad averle scritte fossimo stati noi stessi.
Sarò noioso, per carità, ma in verità sono felice. Perché gli ultimi lavori di Alex mi sembravano forzati, mentre questa volta ho avuto d nuovo il piacere di emozionarmi e di riflettere con un disco hip hop che ha deciso di non competere nella gara a chi fa i ritornelli peggiori assieme agli ultimi 20 dischi che ho sentito (ad eccezione della traccia con Rayden: mi dispiace, gli ho dato delle chances, ma proprio non ce la faccio a farmi piacere la parte cantata).
“Addio” è un disco fatto con impegno ed attenzione, soprattutto nella scrittura, che è tornata introspettiva e riflessiva, che si cimenta in un paio di storytelling interessanti, che sa essere stilosa, come nella banger “Fuori”, pronta per essere suonata dal vivo o impegnata, come per “Ogni Mezzo Necessario”, pezzo nel quale Ensi ci fa capire per l’ennesima volta che quando farà il prossimo disco sarà una bomba incredibile, come se non bastassero i Freestyle Roulette, la fame con cui ha vinto Spit e la strofa su Machete Mixtape. Salmo ed Enigma appaiono in un cameo, questa volta un po’ al di sotto di quanto ci si aspetti da loro.
Le produzioni sono affidate a beat maker coi contro cazzi, come Roofio, Vox P e Mastermaind, per citarne alcuni e anche se pezzi come “Mille Volte Ancora” sono esperimenti ben riusciti, Raige sembra avere da tempo un’idea ben precisa di come devono suonare i suoi pezzi. Una volta in un’intervista per Moodmagazine mi disse “il mio vero amore è per la musica acustica, le chitarre dal sapore rock e i pianoforti malinconici con quel loro suono disgraziato”; di fatti devo ammettere che il solo difetto che posso trovare a questo bel disco è che mi sarebbe piaciuto sentire qualche bel beat classico, con qualche bel campione e qualche strumento di meno. Ma si tratta ovviamente di una considerazione del tutto personale, dal momento che dobbiamo riconoscere che proprio questo sound è uno dei punti di forza di questo artista che sta ottenendo i meritati e sudati consensi.
L’hip hop italiano avrà sicuramente i suoi bei difetti; ma nasconde molti artisti che sanno scrivere e produrre buona musica. Con alti e bassi, Raige è stato sempre uno di questi, uno di quelli da proteggere, assieme a tanti altri, per la passione che riesce a mettere nella musica che fa e nelle storie che scrive. Facciamolo sapere a tutti, facciamoci notare per quello che siamo veramente: portatori di sana spontaneità. Che sia più cruda e incazzata o più romantica e riflessiva, sempre e comunque KEEP IT REAL.
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Robert Pagano