Racconti dalla e sulla prigione
Chi incarcera le persone, in ogni epoca e adesso soprattutto, lavora prima, per creare nella mentalità comune un modus pensanti in cui gli occhi vedano con sospetto chi è stato incarcerato, quasi come fosse stato contaminato da una malattia contagiosa, il famigerato marchio.
E’ la perdita di credibilità, prima ancora che dei diritti, ciò che mette nella vita di chi viene, anche solo per una volta incarcerato, quei freni utili a conservare il potere della casta al comando. Gli stessi sistemi d’inquisizione che estrapolano frasi e mezze frasi, intercettate, esimendole da un contesto, al di fuori del quale, assumono tutt’altra valenza, come se aprissimo un libro e prendessimo qualche frase, qua e là; assumerebbero un significato diversissimo rispetto al motivo per cui sono state pronunciate ma, ciò che più sconcerta è che viene eliminato tutto il resto. Và da se che con questo sistema, potremmo far dire a chiunque, qualsiasi cosa ma come può, chi viene giudicato, giudicare la legge? (Un giorno un giudice, giudicò chi gli aveva dato la legge. Prima cambiarono il giudice, e subito dopo la legge).
L’unico vero obbiettivo che sembrerebbe animare i giudici ed i loro cortigiani, parrebbe essere la conservazione del loro potere e degli annessi privilegi in esso impliciti, in nome di una legge che dovrebbero difendere, essendo, per farlo, profumatamente pagati. Non si è mai visto, un pubblico ministero, indagare anche a favore dell’imputato, tantè che risulta anomalo anche affermarlo eppure, la legge lo prevede. Lo stesso sistema carcerario, ha come conseguenza, se non addirittura come obbiettivo, oltre all’annullamento sociale e della personalità, il dissanguamento economico anche delle famiglie, loro malgrado coinvolte; un enorme mangiatoia a cui attingono avvocati (che sono l’anello di congiunzione fra questi due mondi complementari e non opposti) poliziotti, guardie carcerari, assistenti sociali e quant’altro.
E’ l’avvelenamento inevitabile di ogni anima incarcerata, quella cosa che ti fa sentire in diritto di delinquere in ragione di un credito morale, l’unico effetto che la carcerazione non rieducativa sortisce, è soltanto un modo per impedirti di uscire da un circolo vizioso che, altro non è che il business di tutti coloro che vengono da esso, cresciuti e pasciuti. Sanno benissimo, avendo il tempo dalla loro parte oltre che mezzi pressoché illimitati, che prima o poi, ti prenderanno ancora e che cosi facendo, oltre che legittimarsi agli occhi dei più, non rimarranno mai disoccupati, come per il diavolo che giustifica la necessità di Dio. Forse fanno anche studi di fattibilità dove calcolano la tolleranza numerica di una società, rispetto al numero dei suoi componenti che possono venir incarcerati, senza comprometterne l’equilibrio, poco importa se tutto ciò viene attuato anche attraverso pentimenti di convenienza che costituirebbero le vere basi morali di una eliminazione sociale e che invece sono diventati uno dei pilastri su cui fondare il proprio potere.