Cannabis

La raccolta del Rif

Nella storica regione prevalentemente montuosa a nord del Marocco, in cui padroneggia la coltivazione di cannabis, è iniziata la stagione del raccolto

La raccolta del Rif Tra settembre e ottobre nell’emisfero nord, inizia la stagione del raccolto e anche nelle montagne del Rif, in Marocco, dove viene prodotta la maggior parte dell’hashish che fumiamo in Europa, si inizia a tagliare.I semi, messi a germinare tra aprile e maggio in ettari e ettari di terreno scosceso e pietroso, sono giunti al termine del loro ciclo; le cime delle piante sono finalmente pronte per essere raccolte. 

Nel Rif i terreni sono divisi tra le numerose famiglie, che vivono da sempre sulle montagne coltivando cannabis e producendo hashish. Oltre alle famiglie proprietarie, ci sono migliaia di operai che lavorano nei campi e nonostante in Marocco tutt’oggi la produzione di hashish continui ad essere illegale, la gestione delle fattorie è sempre a conduzione familiare. Contadini, donne e bambini vivono tra i campi dove, per vari mesi l’anno, a occhio nudo la vista si perde tra il verde delle foglie di canapa.

Non esistono altri mezzi di sussistenza in questi luoghi e la vita è scandita, come in ogni popolazione strettamente legata alla terra, dal ciclo delle coltivazioni, in questo caso di cannabis. Tutti si dedicano a questo tipo di coltura e aspettano ogni anno il momento del raccolto che darà loro da vivere fino all’anno successivo e così via da decenni.

In Marocco, vengono piantate ormai da anni genetiche diverse, europee e/o americane da semi femminizzati. Gli operai iniziano a raccogliere per giorni e giorni, dividendo le piante in mazzetti legati tra loro che poi verranno messi a seccare in apposite stanze, anche se qualcuno continua ancora a seccare sui tetti al sole come si faceva una volta.

Quando le piante saranno abbastanza secche, ma non troppo, i mazzetti, chiamati in gergo locale kif, vengono conservati in sacchi lunghi di plastica più o meno dello stesso peso, che funge anche da unità di misura per orientarsi sulle quantità.

In questi sacchi rimangono fino al momento in cui verranno battuti con il metodo tradizionale.

La battitura è il metodo di estrazione che separa la resina dalla parte vegetale, i tricomi dal fiore e dalle foglie. Sopra un contenitore capiente viene stesa una maglia tradizionale da circa 250 micron non regolari su cui vengono messe le infiorescenze private dei rami e poi coperte da un telo di plastica che avvolge tutto il contenitore.

Seduti con davanti questo contenitore, iniziano a battere con due bastoni di legno sul telo di plastica in modo da rompere le cime all’interno che lasceranno cadere, attraverso la maglia, la resina sul fondo del contenitore. L’intensità con cui si colpisce influisce sulla qualità del risultato, perché se si colpisce troppo forte le cime si sgretolano troppo lasciando parti di vegetale polverizzato che andranno a contaminare l’estrazione. Le stesse cime vengono battute più volte.

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La prima battitura sarà di qualità migliore, seguita da una seconda, una terza e a volte anche una quarta battitura e la qualità sarà di volta in volta minore. Dunque dello stesso strain possiamo trovare in commercio differenti qualità che andranno dal cosiddetto hash commerciale al top-shelf.

Oltre la battitura classica, successivamente le polveri vengono filtrate in maglie con differenti micron in modo da ottenere range diversi che avranno diverse proprietà organolettiche. La scelta dei micron dei telai o delle sacche (le stesse che si usano per fare waterhash) spetta all’hashmaker che dovrà valutare quali micron si adattano meglio alla resina che deve filtrare, per ottenere un hash di qualità maggiore, esaltandone profumo e effetto e migliorandone l’aspetto.

Una volta finito il filtraggio vengono fatte le panette: la resina ancora in polvere viene messa in piccoli sacchetti di plastica trasparente che verranno pressati con presse idrauliche più o meno artigianali. Fino a qualche anno fa invece la polvere veniva lavorata colpendola con grossi martelli di legno in modo da scaldare e compattare la resina e successivamente veniva fatta la panetta.

Negli anni il metodo tradizionale ha lasciato spazio all’innovazione trovando il giusto equilibrio tra le tecniche antiche, spesso dettate da esigenze legate al territorio, e le tecniche più moderne di estrazione, migliorando notevolmente la qualità dell’hashish oggi in commercio.

Campo di marijuana in Marocco

A cura di Hilde Cinnamon
Grower residente a Barcellona. Ha un cultivo, un’associazione cannabica e una selezione di genetiche più che rispettabile. Instagram: @hilde.cinnamon

 



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