Storia e culturaTerapeutica

Questa benedetta pianta

cannabisDa quando il primo ominide vide rotolare un masso, scoprendo la ruota e il suo utilizzo, la mole di conoscenze ed invenzioni dell’uomo ha raggiunto dimensioni considerevoli. Purtroppo all’epoca nessuna Commissione Nobel era stata istituita, per premiarlo dell’invenzione, che più di ogni altra, con le sue molteplici funzioni, ha permesso all’uomo di sollevarsi dalle difficoltà della vita preistorica, dove raggiungere il mezzo secolo era un evento miracoloso e di far iniziare all’umanità un cammino scientifico e tecnologico, grazie al quale la spettanza di vita per un essere umano è attualmente più che raddoppiata.

Questa benedetta e maledetta stradiscussa pianta, originariamente asiatica, è attualmente diffusa in ogni continente coltivabile. Giunta grazie alla tratta degli schiavi nelle Americhe, conquistò ben presto la simpatia di migliaia di medici e farmacisti statunitensi. Questi professionisti la consigliavano per combattere numerosi disturbi. Le farmacie la vendevano liberamente, senza necessità di ricetta, come antiemicranico, ansiolitico, antiemetico, stimolante dell’appetito principalmente. Nel 1937, il Marijuana Tax Act, emanato dal Congresso degli Stati Uniti, nonostante il dissenso dei rappresentanti dell’A.M.A.(American Medical Association) ne sentenziò la proibizione dell’uso ed ancora oggi le autorità federali di quel paese la classificano insieme alle droghe professioniste: dietilamide dell’acido lisergico (LSD) ed eroina. Immediatamente quel 5% di consumatori abituali e quel 30% di consumatori occasionali vennero resi fuorilegge.

Fra gli effetti collaterali dell’utilizzo a dosi elevate vengono annoverati: allucinazioni,difficoltà di rievocazione nella memoria a breve termine, crisi paranoidee, coordinazione motoria alterata, confusione mentale, sonnolenza, sebbene questi inconvenienti siano reversibili e controllabili dall’utente esperto. D’altro canto, la necessità di un farmaco in grado di stimolare l’appetito, inibire nausea e vomito, decondizionare gli apprendimenti perversi correlati all’ansia e al dolore cronico, mette ombra su quegli inconvenienti reversibili. Per pazienti affetti da cancro poter disporre di un prodotto che contrasta il deperimento, fa una grossa differenza fra la possibilità o meno di poter sopportare meglio cicli chemioterapici specifici. I vantaggi terapeutici sono insomma notevolmente superiori agli svantaggi.

La messa al bando da parte di quella fetta di società che non riesce ad esimersi dal perseguitare qualcuno per i propri interessi, (drogati e spacciatori di droga hanno preso il posto, nella rituale persecuzione sociale, di streghe ed eretici) non ha impedito nei secoli a numerosi ricercatori sparsi nel pianeta, di impegnarsi a capire il come ed il perché una singola pianta sia in grado di produrre una tale molteplicità di effetti. Un passo importante in questo cammino di scoperte e chiarificazioni lo si deve a Raphael Mechoulam che nei laboratori della Hebrew University di Gerusalemme, nel 1964, scoprì l’esistenza di uno degli elementi più responsabili dell’effetto psicoattivo della marijuana, il delta-9- tetraidrocannabinolo (T.H.C.) e, dopo circa trent’anni di lavoro, nel 1992 scoprì il corrispettivo fisiologico del T.H.C. l’anandamide, un acido grasso a catena corta prodotto dal cervello, in grado di legarsi allo stesso recettore per il T.H.C. ed in grado di imitarne gli effetti. Questo recettore o meglio questi recettori, chiamati CB1, quelli presenti nel sistema nervoso centrale e CB2, quelli al di fuori di cervello e midollo spinale, importanti nella modulazione dell’attività immunitaria, sono stati identificati e studiati finemente da numerosi gruppi di ricercatori ed attualmente possiamo considerare accettata e consacrata l’esistenza di un sistema cannabinoide endogeno.

Lo studio di questo sistema rappresenta per la neuroscienza un passo ulteriore in avanti per la comprensione del sistema di comunicazione neuronale, che prima di queste scoperte era considerato a senso unico, cioè si credeva che il flusso di comunicazione avvenisse solo in un verso, dal neurone presinaptico al neurone postsinaptico. I cannabinoidi endogeni sono implicati nella cosiddetta “segnalazione retrograda”, generando un flusso informativo dal neurone post- sinaptico a quello pre-sinaptico, condizionandone la secrezione di neurotrasmettitori. Per chi mastica il linguaggio neuroscientifico, consiglio l’articolo apparso sulla rivista del febbraio p2005, Le Scienze “Neuroni Stupefacenti” di Roger A.Nicoll e Bredley E.Alger, dove questi autori docenti di farmacologia all’Università californiana di S.Francisco, membro della National Academy of Sciences e vincitore del prestigioso riconoscimento scientifico “Heinrich Wieland Award” il primo e docente di fisiologia e psichiatria alla School of Medicine dell’Università del Maryland il secondo, concludono l’articolo dicendo quanto “ancora molto ci sia da scoprire sull’uso che l’evoluzione ha fatto di questi interessanti messaggeri cerebrali”.

A mio parere, sarebbe conveniente, per una società degna di chiamarsi civile, evitare di condannare questa risorsa, che la Natura mette a disposizione dei bipedi ed iniziare piuttosto a sforzarsi di creare un’atmosfera culturale, tesa a preconizzarne un impiego oculato.

Fabrizio Cinquini



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