Quattro rapper per i terremotati dell'Emilia
MILANO – Un’alleanza inedita, un poker di nomi per un’operazione decisamente insolita che, di fatto, rivela la faccia nascosta del rap italiano. Non era mai successo prima infatti che quattro tra i più popolari rappresentanti della scena hip hop nostrana si unissero per un progetto di beneficenza. E adesso invece, Emis Killa, Marracash, J-Ax e Club Dogo si sono coalizzati per scrivere e realizzare un nuovo singolo, Se il mondo fosse, prodotto da Big Fish, in vendita da sabato su iTunes, e il cui ricavato sarà utilizzato per il progetto “Adotta una scuola”, che verrà presentato questa sera agli Mtv Days di Torino con l’obbiettivo della ricostruzione dell’Istituto Superiore Galileo Galilei di Mirandola, in provincia di Modena.
“Anche i rapper hanno un cuore?” ride l’ideatore dell’iniziativa Emiliano Giambelli in arte Emis Killa, ventidue anni e 40mila copie vendute con il suo disco di debutto, L’erba cattiva. “Direi di sì, ma questo era ovvio. Spesso veniamo percepiti come la parte marcia della società per i nostri atteggiamenti e per il linguaggio scurrile che a volte inseriamo nei testi, ma in realtà siamo tutti dei bravi ragazzi. Il problema è che magari venendo dalle case popolari o, come si dice in questi casi, dalla strada, a volte abbiamo atteggiamenti un po’ sopra le righe. Spero che grazie a questa iniziativa qualcuno riesca a capirci meglio”.
Giambelli, nato e cresciuto a Vimercate, in provincia di Monza, è salito alla ribalta l’anno scorso con un canale YouTube capace di superare i dieci milioni di visualizzazioni, dopo aver abbozzato il pezzo sull’onda emotiva del terremoto, ha preso il telefono e ha chiamato i colleghi: “L’idea che sta dietro a Se il mondo fosse è nata leggendo le centinaia di commenti al terremoto su Twitter e Facebook: notando che tutti erano solidali a parole, ma nessuno muoveva un dito, ho pensato a cosa potevo fare concretamente. Non sono miliardario e non posso staccare un assegno da ventimila euro come se nulla fosse, quindi ho deciso di fare quello che mi riesce meglio: scrivere un pezzo”.
La canzone, che (volutamente) non ha come tema il terremoto, è una riflessione sul mondo e sull’apparente mancanza di sensibilità della nostra società e rivela un altro aspetto della cultura hip hop, un universo da sempre figlio di enormi contraddizioni, a partire dalla scena americana dove un artista come Lil’Wayne è capace di scontare otto mesi di prigione per possesso di arma da fuoco e poi mettere mano al portafoglio e regalare 200mila dollari per ricostruire un parco di New Orleans distrutto dall’uragano Katrina.
“Ma questa cosa dei rapper egoisti e menefreghisti però è ora che finisca” continua Cosimo Fini alias Guè Pequeno, dei milanesi Club Dogo “perché da sempre noi siamo molto più vicini alla realtà della maggior parte dei cantanti pop. Credo fosse inevitabile che un’iniziativa del genere partisse dal nostro mondo, dal basso, piuttosto che da quello dei partecipanti dei talent show televisivi. L’immagine del rapper tamarro, duro e senza cuore, su cui noi giochiamo, è una cosa che spesso viene veicolata e spinta male dai media, ma che in realtà corrisponde poco alla verità visto che nei nostri dischi ci sono molti brani introspettivi. Non dimentichiamo poi che la solidarietà e l’amicizia tra noi è vera, non di facciata, quindi quando Killa ci ha chiamato per sapere se volevamo far parte di questo progetto abbiamo subito risposto presente. È una causa nobile e un segnale forte”.
A fianco di Killa e dei Dogo, oltre al padrino della scena italiana, ovvero J. Ax che iniziava a muovere i primi passi nell’hip hop esattamente vent’anni fa, c’è anche un’altra delle rivelazioni delle ultime stagioni: Fabio Rizzo alias Marracash, altro figlio di una grande periferia urbana (la Barona di Milano) e altro vero e proprio idolo della generazione dei nativi digitali.
“Credo che l’iniziativa sia l’ennesimo tassello importante che va a comporre quel mosaico molto complesso che è la scena oggi in Italia. Il rap è un genere popolare che nasce dalla gente ed è indirizzato alla gente, i modi che usiamo non saranno certo istituzionali, saranno anche sbrigativi e a volte volgari, ma non va mai dimenticato l’aspetto sociale che cerchiamo di mettere in questa musica. Per quanto riguarda quest’operazione, la prima cosa che ho detto a Killa quando mi ha chiamato è che non volevo fosse il solito sciacallaggio su un evento terribile come un terremoto, perché so bene che attorno a progetti come questo c’è sempre un elevato rischio ipocrisia. Invece poi, una volta ascoltato il pezzo e capita l’idea di fondo, ho accettato volentieri l’idea di poter aiutare qualcuno facendo quello che mi riesce meglio”.
Servirà un’iniziativa del genere a sdoganare la scena hip hop italiana, a farla uscire dal ghetto? “Chi lo sa. Onestamente la cosa più importante è che riusciamo ad aiutare qualcuno in modo concreto. Per il resto fa anche lo stesso”.
Ascolta Se il mondo fosse
fonte: repubblica.it