Quando suonare male rischia di diventare reato
Tutti gli appassionati di musica live, o almeno quelli esperti, sanno che ogni concerto è una creatura che ha vita propria, che ogni performance non potrà mai essere uguale alle altre, per cui quando si va ad un concerto è buona norma aspettarsi di tutto. Forse però, la band christian rock americana Creed ha marciato troppo su questa consapevolezza, consegnando al pubblico, nel 2003 a Chicago, un concerto così malfatto da spingere quattro fan ad intraprendere un’azione legale collettiva.
La ragione che si legge nel verbale è che «il cantante era inabile a cantare a causa della sua condizione alterata da medicamenti». Quest’ultimo infatti, appena ripreso da un’infezione alla gola era imbottito di antibiotici e per “incoraggiarsi” si scolò una bottiglia intera di whiskey pochi attimi prima della performance. La causa legale comprendeva un risarcimento di 2 milioni di dollari, 50 a biglietto più spese per 15mila persone. L’avvocato della band affermò invece che «non si può chiedere ai giudici di diventare critici musicali» ed il giudice rigettò la causa. Comico notare che i Creed avevano già vinto un premio Emmy for Best Rock Performance.