LifestylePsiconauta

Quando l’oppio cresceva spontaneo sulle colline dell’Irpinia (e noi lo raccoglievamo)

oppio

Giorni fa ho letto che il seme del “papaverum sonniferum” (cioè il papavero da oppio) può rimanere in ibernazione, in mancanza di condizioni favorevoli, fino a dieci anni. Benché la cosa abbia dell’incredibile, posso confermare la notizia con un episodio accadutomi quasi trent’anni fa.

Chi ha letto qualche mio scritto sa che vivevo ad Avellino, piccola città nel cuore dell’Irpinia, terra meravigliosa devastata nel 1980 da uno spaventoso terremoto. Erano passati sei anni dalla fatidica data e ancora erano ben visibili le macerie dei numerosi paesini arroccati sulle colline. Le case, costruite con mattoni di tufo che è una pietra gialla, leggera, calcarea, porosa e facilmente lavorabile, si erano sbriciolate, lasciando sui cocuzzoli una copertura di calcare tufaceo.

Un giorno ero in macchina con un mio amico che, da poco laureato, aveva una piccola farmacia in un minuscolo paese dell’entroterra. Crollata con tutto il paese era stata sostituita da un container un po’ più a valle. In una scatola nel sedile posteriore alcuni steli di fiori secchi. Non avrei mai riconosciuto le tonde capsule dei papaveri se non le avessi viste in Iran dove avevo vissuto per un breve periodo. Alle mie domande circa il posto del ritrovamento, omertà assoluta. Non voleva condividere il suo segreto, ma siccome due più due fa quattro, decisi di effettuare una perlustrazione nei pressi del suo luogo di lavoro.

Così mi preparai a un picnic in campagna in compagnia di una cognata e con i nostri due bambini che avevano all’epoca circa tre anni. Era giugno, l’aria tiepida, e spesso portavamo i bimbi a giocare all’aperto.

Oltrepassate le baracche dei sopravvissuti alla catastrofe, ci dirigemmo verso la collina, sotto gli occhi invisibili di chi era già stato oggetto di fenomeni di sciacallaggio. Arrivati in cima la visione: sulle macerie un mare rosa di petali delicati, proprio quelli del papavero da oppio. Era evidente che il tufo sbriciolato aveva creato le condizioni ottimali a far germogliare una pianta che ha bisogno di terreno calcareo. Anche all’occhio il colore kaki del nuovo substrato, faceva pensare alla terra afgana.

Ci mettemmo subito all’opera incidendo le capsule con lamette da barba in attesa che il bianco lattice si scurisse all’aria per poi solidificarsi ed essere pronto alla raccolta. Avremmo dovuto aspettare il giorno dopo: un altro picnic!

Mentre raccoglievamo la pasta scura che si era formata intorno alle capsule incise, fummo però raggiunte da alcuni anziani del paese che ci avevano spiato fin dal giorno prima. Un po’ imbarazzate ascoltammo i loro consigli circa l’uso di quei fiori che in zona chiamano “papagna” e che la tradizione popolare destina a tisane rilassanti fatte con le capsule secche o che addirittura utilizza in mazzi appesi a testa in giù nelle camere dei bambini, per favorirne il sonno. Ora capisco il vero significato del termine “appapagnarsi”.

Tornammo a casa con una discreta quantità di pasta appiccicosa che nel giro di qualche giorno sarebbe diventata dura e vetrosa come la liquirizia. Passai così un’estate assumendo piccole quantità di oppio home made riducendolo in polvere per evitare fastidiosi bruciori di stomaco e buttandolo direttamente in gola come la più amara delle medicine, senza mai esagerare e senza necessità di aumentarne la quantità.

La sensazione era quella di tranquillità interiore, un’alleggerimento della vita, un profondo amore verso tutto e tutti. Quando arrivai a grattare il fondo della scatolina che lo conteneva, mi prese però una specie di ansia, la paura di quello che sarebbe potuto succedere dopo tre mesi di assunzioni regolari. Avrei dovuto combattere con una seppur lieve dipendenza? Avrei avuto disturbi muscolari, voglia di ripetere l’esperienza?

Con mio sommo stupore passai il primo giorno”senza” attenendo ai miei compiti quotidiani in assoluta tranquillità, e così il giorno dopo e quello ancora….



grafica pubblicitaria sponsor canapashop

SOSTIENI LA NOSTRA INDIPENDENZA GIORNALISTICA
Onestà intellettuale e indipendenza sono da sempre i punti chiave che caratterizzano il nostro modo di fare informazione (o spesso, contro-informazione). In un'epoca in cui i mass media sono spesso zerbini e megafoni di multinazionali e partiti politici, noi andiamo controcorrente, raccontando in maniera diretta, senza filtri né censure, il mondo che viviamo. Abbiamo sempre evitato titoli clickbait e sensazionalistici, così come la strumentalizzazione delle notizie. Viceversa, in questi anni abbiamo smontato decine di bufale e fake-news contro la cannabis, diffuse da tutti i principali quotidiani e siti web nazionali. Promuoviamo stili di vita sani ed eco-sostenibili, così come la salvaguardia dell'ambiente e di tutte le creature che lo popolano (e non solo a parole: la nostra rivista è stampata su una speciale carta ecologica grazie alla quale risparmiamo preziose risorse naturali). ORA ABBIAMO BISOGNO DI TE, per continuare a svolgere il nostro lavoro con serietà ed autonomia: ogni notizia che pubblichiamo è verificata con attenzione, ogni articolo di approfondimento, è scritto con cura e passione. Questo vogliamo continuare a fare, per offrirti sempre contenuti validi e punti di vista alternativi al pensiero unico che il sistema cerca di imporre. Ogni contributo, anche il più piccolo, per noi è prezioso. Grazie e buona lettura. CONTRIBUISCI.
plagron banner

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio