Quale destino per la canapa industriale italiana?
Il riassunto della conferenza sulla canapa industriale in Senato: un settore giovane ed economicamente vantaggioso, che rischia di essere distrutto da una decisione scellerata
“Un convegno sulla canapa industriale e il suo destino, oggi messo in discussione”. Inizia così l’introduzione di Sabrina Licheri, portavoce del M5S al Senato che è riuscita in tempi record a trovare uno spazio, in questo caso un aula del Senato, per permettere a tutti gli operatori di confrontarsi su ciò che sta accadendo.
“Parliamo di un qualcosa troppo spesso vittima di luoghi comuni, quando va bene, e di scarsa conoscenza, e addirittura con questa scarsa conoscenza, il tema della canapa industriale è oggetto di regolamentazione. Ecco perché la necessità di questo incontro, in un momento storico così importante è necessario fare chiarezza. Stiamo vivendo un’azione legislativa da parte del governo con il ddl Sicurezza che, con un solo articolo, presenta un accanimento nei confronti della filiera industriale della canapa, perché la si vuole non ostacolare, ma eliminare: produzione, coltivazione, trasporto, commercializzazione, ogni attività legata all’infiorescenza in qualunque forma, addirittura trattandola al pari di una sostanza stupefacente. Tutto questo è surreale. Noi siamo qui per parlare di altro, un altro capace di accompagnare l’economia circolare e sostenibile, capace di produrre un. Fatturato anno di 500 milione di euro, e di dare lavoro a 15mila lavoratori. Incontri come questo sono necessari perché non c’è chiarezza, non c’è trasparenza. In tutto questo altro, di buono, c’è quell’elemento culturale che con prepotenza e arroganza cerca di oscurare tutti i pregi della canapa industriale ed è su questo elemento che dobbiamo agire. C’è questo legame con tutto ciò che ha a che fare con la marijuana, è l’ostacolo principale su cui dobbiamo fare chiarezza. Per questo ho accettato la richiesta di organizzare questo incontro.
Inizia così l’incontro che si è tenuto in Senato nei giorni scorsi, per raccontare le proprietà della canapa industriale e l’enorme equivoco in cui è caduto il governo, che, nel tentativo di azzerare la filiera della cannabis light, rischia di radere al suolo il comparto della canapa industriale in tutte le sue applicazioni, scatenando le ire delle associazioni di settore, ma anche di quelle agricole nazionali, che hanno puntato l’attenzione sulla capacità della canapa di creare reddito, sulla sua potenzialità di recuperare terreni incolti, e sullo svecchiamento dell’età media degli agricoltori, visto che nel settore canapa si attesta intorno ai 30 anni.
La parola è poi passata a Mattia Cusani, presidente dell’associazione Canapa Sativa Italia, che ha moderato l’evento introducendo gli ospiti e commentando le varie posizioni. “Non bastava una semplice conferenza per chiarire tutte le incomprensioni che ci sono nel settore. A partire dalla premessa della legge che è quella di non voler regolamentare l’uso ricreativo (che nulla a che fare con la canapa industriale, nda) per tutelare la sicurezza stradale. Noi operiamo in questo settore con l’obiettivo di valorizzare l’intera pianta, e oggi siamo qui a difendere non solo la pianta, ma la legittima aspettativa di imprenditori e agricoltori di poter investire e lavorare nel settore. Vogliamo spiegare che il provvedimento è dannoso e non giustificato da basi scientifiche. La canapa industriale può diventare per l’Italia ciò che oggi è rappresentato dai grandi vini, e quindi un prodotto di qualità riconosciuto a livello internazionale, ma in questo caso è come se si parlasse di un succo di frutta, naturale, sano e privo di effetti inebrianti. Chiediamo quini che l’articolo 18 venga modificato, sottolineando che siamo pronti a tutelare i nostri interessi in tutte le sedi giuridiche, italiane ed europee”.
Piero Manzanares, presidente Sardinia Cannabis
“Nel tempo abbiamo creato prodotti tipici sardi declinati nei vari settori e prodotti che si possono ottenere dal seme, dal fusto e dal fiore. Esempi possono essere il pecorino arricchito dai semi di canapa o il pane carasau e la pasta con le farine di canapa. La Sardegna si presta benissimo alla produzione di canapa per le caratteristiche pedoclimatiche, ed è una caratteristica che negli anni scorso ha permesso a moltissimi giovani di avviare attività agricole, invece che espatriare per andare a fare i camerieri. Purtroppo i controlli fatti in modo non adeguato, hanno portato a decine e decine di sequestri dei campi coltivati. La nostra soluzione, seguendo l’esempio della Svizzera, era stata quella di parlare con le forze dell’ordine per fornire loro dei test rapidi, che potrebbero essere utilizzati, per evitare sequestri. Ma siamo pronti a qualsiasi iniziativa che possa tutelare i nostri agricoltori”.
Francesco Vitabile, presidente di Resilienza Italia Onlus
“Essendo stati presenti al tavolo di filiera istituito presso il Masaf avevamo provato a presentare delle soluzioni per la filiera agricola contenute nel piano di settore, che speriamo possa diventare operativo prima della fine dell’anno. E c’è una parte che prevede la collaborazione con le forze dell’ordine. Fino a ieri arrivavano nei campi e a prescindere dalla situazione, sequestravano il campo. Mentre nel piano di settore vengono spiegati i controlli che possono essere. Effettuati a monte, prima del sequestro. Si tratta di controlli burocratici: andare a vedere chi coltiva se è un imprenditore agricolo, che abbia tutte. Le carte in regola per poter coltivare, che usi sementi certificate a livello europeo, che abbiano le fatture e determinate caratteristiche. I controlli in campo possono essere effettuati sia con i controlli rapidi che con i test in campo, lasciando il sequestro come ultima opzione, se le analisi sforano quelli che sono i parametri di legge. Le soluzioni ci sarebbero, semplici e senza un gran dispendio economico, speriamo che le forze politiche ci diano una mano, rivedendo innanzitutto l’articolo 18 del ddl Sicurezza”.
Beppe Croce, presidente di Federcanapa
“Non sto a raccontarvi le qualità della canapa industriale, siamo reduci da 3 giorni del Canapaforum a Bari dove abbiamo mostrato prodotti e innovazioni. Non sono ottimista sull’esito di questa legge, anche se spero in un ripensamento. Se non avverrà, dovremmo ricorrere alla magistratura”.
Croce fa riferimento alle premesse della legge, che fa riferimento a una sentenza della Cassazione del 2019, secondo la quale infiorescenze e resine della pianta avrebbero dovuto essere regolate dalla legge sugli stupefacenti. “Ma la sentenza dice una cosa diversa, che il governo non ha tenuto in considerazione. La sentenza infatti sottolineava la necessità di indicare la soglia minima di THC sotto la quale la canapa rientra nel settore della canapa industriale. Secondo, viene scritto che è necessario che il giudice verifichi l’offensività della condotta, e quindi se quel prodotto può esser pericoloso oppure no. Infine mette nero su bianco che se però viene dimostrato che il prodotto non ha efficacia drogante, non c’è rilevanza penale. Sono osservazioni che purtroppo facevamo già nel 2020, ma non siamo stati ascoltati da tutti i governi che si sono succeduti dal 2018 fino a oggi, e questa è la situazione”.
CANAPA INDUSTRIALE: UN’ECONOMIA IN CRESCITA
Raffaele Desiante, presidente di Imprenditori Canapa Italia
“Il settore al momento conta 3mila aziende con 10mila addetti e 20mila stagionali, il volume di affari è di circa 500milioni di euro e contribuiamo con circa 150 milioni alle casse della Stato e alla fiscalità in generale.
Per quanto riguarda made in Italy ed esportazioni siamo un settore che riesce a produrre un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale. Noi esportiamo circa il 95% della nostra produzione in tutta Europa.
Per quanto riguarda il libero scambio, essendo parte dell’Unione Europea, dobbiamo rispettare dei principi, e l’articolo 18 va in direzione opposta. Infatti, qualora la legge dovesse entrare in vigore, l’Italia sarebbe esposta ad una procedura di infrazione, perché andrebbe a limitare lo scambio di prodotti leciti in tutta Europa, il che potrebbe costare diverse centinaia di milioni di euro, anche in funzione delle migliaia di persone che perderanno il lavoro, oltre ai risarcimenti che chiederemo. Ci siamo fidati dello stato diritto, abbiamo fatto investimenti anche milionari.
Chiedo al governo di ripensarci, un governo lungimirante dovrebbe accompagnare le imprese che stanno creando una leadership europea, invece che ostacolarle. Chiediamo un tavolo di confronto, per definire tutte le finalità per le parti della pianta e avere una certezza normativa”.
Jacopo Paolini, vicepresidente sezione lino e canapa Copa Cogeca e rappresentante Bioeconomia di Confagricoltura
“Vengo dalle audizioni in Senato e la mia impressione è che il governo stia portano avanti questa campagna contro l’utilizzo ricreativo delle infiorescenze, e io non credo che faranno un passo indietro. Quello che però ho notato è la confusione tra il termine cannabis light e la canapa. Per me va bene regolamentare un uso non previsto dalla legge 242, ma non possiamo accettare che venga criminalizzato un intero settore. Nelle giustificazioni dicono che comunque non sarà un problema per la filiera. E non è corretto. Prendiamo il settore alimentare, che deriva dal seme di canapa. Il seme nasce e matura all’interno dell’infiorescenza, e quindi anche il settore alimentare sarebbe vietato. Nel settore tessile, le rotoballe che vengono spedite nei centri di lavorazione, che contengono, anche se in minima parte, delle infiorescenze. Quindi anche questo sarebbe bloccato. Stessa cosa per la cosmesi, dove il CBD, inserito comunque nel Cosing a livello europeo tra gli ingredienti cosmetici, viene estratto da una biomassa formata da foglie e infiorescenze, quindi anche qui sarebbe vietato. I 3 settori principali della legge 242, se passa la legge, saranno chiusi. Le conseguenze economiche saranno disastrose: tutto ciò che è stato costruito negli ultimi 10 anni, andranno chiusi”.
“L’uso ricreativo della canapa industriale”, interviene Cusani, “non esiste. Non lo dico io ma il ministro dell’Agricoltura tedesco che ha regolamentato il settore spiegando che l’uso ricreativo delle infiorescenze di canapa industriale, non è possibile”.
LA CANAPA PER SVECCHIARE L’AGRICOLTURA E RECUPERARE I TERRENI INCOLTI
Ivan Nardone, area economica CIA nazionale
“Abbiamo già avuto modo di dire che come CIA Agricoltori Italiani ci troviamo a disagio a discutere di queste tematiche agricole dentro a un contesto che parla di sicurezza, facciamo fatica. Anche perché noi abbiamo un presidente del Consiglio e un ministro dell’Agricoltura, che dicono che l’agricoltura e l’agroalimentare sono l’asset strategico del Paese, e noi lo condividiamo pienamente. Dopo però qualcosa non quadra se vediamo i numeri. Abbiamo l’età media dei produttori agricoli in Italia che è di 64 anni. Nessun settore produttivo al mondo ha una media così elevata. Il 40% dei produttori agricoli ha oltre 70 anni: abbiamo un dramma nel ricambio generazionale. Abbiamo un bisogno importante di rinnovo in questo settore e la canapa è il settore dove è più forte la presenza di giovani e giovanissimi che nel corso degli anni, attraverso il settore dell’agricoltura, hanno provato a fare reddito e presidio del territorio spesso abbandonato (la nostra media è 30 anni, gli fa eco Mattia Cusani). E si pensa bene di colpire uno dei pochi settori che dà reddito per quanto riguarda i giovani. Continuiamo a chiedere alle forze di maggioranza un confronto. Perché si aggiunge il dramma delle nostre aree interne: in 10 anni 700mila persone sono sparite dalle aree interne, marginali e rurali, spesso andando via dall’Italia. Gli agricoltori, spesso giovani, che non hanno grandi capitali? Nelle zone abbandonate dagli altri, quelle dove abbiamo perso 700mila abitanti, con un dramma dal punto di vista demografico e della tenuta idrogeologica del territorio”.
Sul fatto che le infiorescenze non siano comprese nella legge 242, Nardone sottolinea con forza come nella legge sia presente il florovivaismo, che in questo caso rappresenta a tutti gli effetti il fiore di caapa. “Visto che avevamo dei dubbi, avevamo scritto al ministero e c’è una circolare dell’allora viceministro che puntualizza, nel caso della 242, la liceità delle infiorescenze. C’è un tavolo ministeriale, che non si riunisce da tempo, che può essere un luogo dove discutere”.
Manfredi Pacifici, responsabile dei rapporti con il Parlamento di Copagri
“Qui siamo tutti d’accordo che l’articolo 18, così com’è scritto, è inaccettabile. Non siamo qui a difendere un nostro interesse, ma quello di un intero settore. Il settore della canapa, oltre a una bassa età media, è anche un settore molto innovativo, a differenza di altri settori dell’agricoltura che fanno più fatica ad innovare. A maggior ragione, un divieto del genero, fatta proprio da chi poi va a sostenere la tradizione e la cultura italiana, lo trovo un ossimoro”.
Secondo Pacifici, oltre a bloccare tutte le filiere della canapa industriale, il provvedimento porterà delocalizzazioni in altri Paesi europei, oltre a un “pessimo segnale per chi in Italia decide di investire. L’articolo 18 dice a tutte queste persone: fate attenzione perché da un momento all’altro la normativa può cambiare e quindi tutto il vostro lavoro e i vostri investimenti vanno in fumo in un momento”.
L’ESEMPIO VIRTUOSO DEI PAESI EUROPEI
Lorenza Romanese, direttrice EIHA
“Rappresentiamo principalmente 3 categorie di operatori: gli agricoltori, i trasformatori e i commercianti, tutti impegnati nello sviluppo di prodotti derivati dalla canapa. Sono stata invitata per portarvi una prospettiva europea, che ci permetterà di contestualizzare ancora meglio il caso italiano, che rimane unico nel suo genere, sia per il quadro normativo distorto, che per il potenziale di sviluppo.
In diversi Paesi dell’Unione Europea stiamo vedendo esempi virtuosi di come la canapa stia contribuendo a un’economia locale e nazionale. Il primo esempio è la Svezia, dove il governo ha investito 10 milioni di euro per creare il primo centro di decorticazione dello stelo, per ottenere fibra e canapulo da utilizzare nell’edilizia. In Grecia, in Repubblica Ceca, e nel Regno unito, la regolamentazione dei complementi alimentari a base di CBD è una realtà, questi prodotti vengono commercializzati e consumati, cosa che permette di avere un mercato trasparente presso il consumatore.
La Germania ha deciso di legalizzare tutta la famiglia della cannabis – è notorio che i tedeschi sono 80 milioni di drogati – e attraverso questa apertura hanno regolato la canapa industriale, scollegandola dal concetto di potere drogante, e commercializzandola in tutte le sue parti.
Tutti questi paesi si stanno muovendo verso un quadro regolamentare stabile, per favorire gli investimenti, perché riescono a leggere il potenziale positivo della canapa sull’economia, sulla società e sull’ambiente. Io sono italiana e mi domando: e in Italia? No, siamo ancora qui al punto di partenza, a chiederci se il CBD è legale o no, se il fiore si possa fare o no. Nonostante abbiamo dalla parte nostra le normative europee e la sentenza della corte di Giustizia europea. Se il CBD fosse classificato come narcotico, l’Italia rischierebbe di bloccare settori importanti, come l’alimentare e la cosmetica. Non solo: i fiori di canapa per estratti botanici, che non hanno nulla a che fare con la cannabis light, sarebbero esclusi dal mercato. La domanda che dovremmo farci è se questa norma andrebbe a risolvere il problema del governo, facendo sparire la canapa dall’Italia? La risposta è no. Succederebbe semplicemente che il nostro mercato sarebbe invaso dai prodotti stranieri con quelli italiani che scomparirebbero. Secondo la sentenza del 2020, nessuno stato membro può impedire l’ingresso sul mercato di prodotti legalmente prodotti in un altro stato membro.
Quindi noi insistiamo sulla necessità di non inquadrare il CBD come narcotico, come già suggerito dall’Oms nel 2019.
In 5 anni, lavorando con tutti i Paesi dell’Unione europea, non ho mai visto così tanti ricercatori occuparsi della canapa come gli italiani, con studi che vanno dalla bioedilizia all’infiorescenza stessa. Altra cosa che ho notato è che diverse regioni italiane, come la mia, il Friuli Venezia Giulia, hanno stanziato fondi pubblici, e non pochi, per studiare lo sviluppo di varie filiere. Ci troviamo di fronte a un paradosso: da una parte le università, la scienza e gli imprenditori, che avanzano con decisione, e dall’altra parte le istituzioni che sembrano rimanere immobili, o addirittura arretrate ignorando i progressi scientifici e il buonsenso. Domando: è possibile che l’unica risposta del governo italiano sia quella di bloccare un settore in espansione?
Io ritengo che la canapa offra possibilità straordinarie dalla bioedilizia alla cosmesi, passando per l’alimentare e le fibre tessili: questa coltura, non solo sostiene l’economia circolare, riducendo l’uso di risorse non rinnovabili e aprendo la strada a nuove soluzioni sostenibili. Inoltre ha un enorme potenzialità in termini di creazione di posti di lavoro, sia per l’agricoltura che per l’industria.
Avremmo tutte le carte in regola per diventare leader nell’industria della canapa europea, ma solo se l’Italia deciderà di agire con determinazione e chiarezza una volta per tutte”.
La conferenza è poi proseguita con tanti interventi di giuristi, tecnici e ricercatori, è possibile rivederla in formato integrale cliccando qui.