Pubblicazioni scientifiche e conflitti d’interesse
Al grande pubblico manca – incolpevolmente, si badi bene – la consapevolezza di come si sviluppano e interagiscono scienza, ricerca, medicina, farmacologia da cui dipendono salute pubblica, professionalità dei medici e terapie. In realtà gli attori in cima alla piramide non sono le università, gli ospedali, le industrie farmaceutiche o quelle medico-diagnostiche, e neppure gli istituti statali di regolamentazione. Per tutti questi enti esiste un passaggio quasi obbligato, prima di procedere: si tratta delle pubblicazioni delle scoperte sulle cosiddette riviste scientifiche peer-reviewed. In altre parole, una sostanziale maggioranza di ciò che la scienza produce viene presa sul serio solo se passa il filtro di queste pubblicazioni e della revisione dei risultati da parte di altri scienziati (peer-review). Non c’interessano qui meriti o demeriti di questo sistema. Ovviamente tali riviste hanno editori potenti quanto quelli, noti invece al pubblico, dei mass media e dei social network, e, trattandosi della salute di miliardi di persone e di industrie multimiliardarie al seguito, noi cittadini, in teoria, dovremmo saper riconoscere al volo nomi di editori come Springer Nature ed Elsevier, di riviste come «Nature», «Plos one», «Science», «The Lancet», «BioEssays», «Cell» o sigle come BMJ, NEJM, PNAS. (…)
Ma a spiegare il compiacente silenzio degli editori scientifici che contano – alla fine si parla sostanzialmente dei big, Springer Nature ed Elsevier – sulle indagini attorno alla sospetta origine del COVID-19 contribuisce anche un altro fattore, insieme ai tremori geopolitici, alle crociate elettorali e all’opera di certi personaggi: i soldi che Pechino sta versando proprio nelle tasche delle succitate case editrici. La Cina è il massimo sponsor delle cosiddette pubblicazioni scientifiche open access sia presso Springer Nature che Elsevier, con un ampio margine su ogni altro paese, per un totale di settantasette giornali sponsorizzati e finanziamenti per più di 20 milioni di dollari all’anno, oltre ai quali vi sono poi altri contributi cinesi meno contabilizzabili ai cosiddetti hybrid and paid journals. «The Lancet» e «Nature» appartengono alla prima di queste due ultime categorie. (…)
Ci sentiamo di affermare che editori e atenei devono valutare quando ingaggio e partnership si possono trasformare in complicità omertosa.
Tratto da “L’origine del virus” di Paolo Barnard con Angus Dalgleish e Steven Quay (Chiarelettere 2021)