Psichedelofobia
Le terapie psichedeliche funzionano in modo completamente diverso dagli attuali psicofarmaci. In una sola parola, meglio. Ma fanno ancora paura.
Negli anni ‘50, quando la psichiatria era senza farmaci, iniziò una competizione tra diverse molecole, per diventare lo psicofarmaco perfetto. Da una parte le molecole più rassicuranti, quelle che poi hanno vinto la partita e ci accompagnano ancora oggi (neurolettici, ansiolitici, stabilizzatori dell’umore, antidepressivi). Dall’altra molecole dirompenti (LSD, psilocibina dei funghi, mescalina dei cactus) che espandevano la coscienza. In un ventennio queste molecole troppo esplosive, poco gestibili, evasero peraltro dai luoghi medici diventando strumento della controcultura, intimorirono il governo statunitense che le rese illegali.
Per un trentennio – anni ‘70/’80/’90 – la psichedelofobia ha nutrito le convinzioni dell’opinione pubblica e degli psichiatri: queste molecole bruciano il cervello, sentivamo ripetere. E ci credevamo.
A partire dagli anni ‘90 ricominciano in sordina gli studi psichedelici. Che esplodono a partire dal 2006. Un articolo importante della John Hopkins University ci informa che la psilocibina determina esperienze mistiche, e che queste esperienze sono trasformative e terapeutiche. È notevole questa cosa. Dopo un po’ di secoli, il misticismo ritorna nel discorso scientifico. Non ci si crede. Un altro gruppo di ricerca, quello dell’Imperial College, con studi di RMN funzionale comprendono cosa succede al cervello quando una molecola psichedelica – che sia psilocibina o DMT dell’ayahuasca o altro – si lega ai recettori della serotonina. Un’area di comando detta Default Mode Network si inibisce, e aree cerebrali che mai si sono connesse o parlate si connettono. Accade che per alcune ore domina l’entropia o e questo rompe l’ego, ego dissolution viene detto, e via di ricordi, intuizioni, soluzioni diverse per il proprio modo di essere al mondo. Ma la dissoluzione dell’io vuol dire anche che per qualche ora una persona trascende la sua persona e si fonde con un’altra persona o un animale o il pianeta o il tutto. Insomma, quel vissuto – che lo si chiami esperienza mistica o stato estatico o episodio di picco – ti porta a voler più bene a te stesso ma pure agli altri, perché per qualche ora sei stato anche gli altri. Si capisce che se non saranno addomesticate – cosa che con ogni probabilità accadrà – la portata di queste molecole va al di là della cura psichica. Il loro potenziale è quello di cura – perfino politica – del mondo.