Gli psichedelici per migliorare le funzioni cognitive degli anziani
Viviamo sempre più a lungo, con un serie di problemi che l'invecchiamentoi porta con sé: secondo un nuovo studio gli psichedelici potrebbero aiutare gli anziani nel ripristinare le funzioni cognitive
Miglioramento delle funzioni cognitive e riduzione dei sintomi depressivi grazie agli psichedelici: sono i due risultati principali raccontati in uno studio scientifico che ha messo al centro la popolazione anziana.
Per farlo i ricercatori Kaeleigh Fearn e Kallol Kumar Bhattacharyya hanno analizzato i dati dello studio Midlife in the United States, un progetto di ricerca longitudinale nazionale che esamina la salute fisica, mentale e sociale degli americani con l’avanzare dell’età. I dati analizzati in questo studio includevano 2.503 partecipanti di lingua inglese provenienti da 48 stati degli Stati Uniti, con un’età media di 64 anni; il 55% dei partecipanti erano donne.
I partecipanti hanno completato sondaggi telefonici e questionari autogestiti inviati per posta. Hanno riportato il loro uso di marijuana, LSD o altre sostanze (come PCP, peyote, ecstasy, MDMA, mescalina e Prozac) negli ultimi 12 mesi. Hanno inoltre completato valutazioni del funzionamento esecutivo, della memoria episodica (utilizzando il Brief Test of Adult Cognition by Telephone) e dei sintomi depressivi durati due o più settimane nell’ultimo anno (utilizzando la scala DEPCON a 7 elementi).
PSICHEDELICI E FUNZIONI COGNITIVE: LO STUDIO
I risultati pubblicati sulla rivista scientifica Gerontology & Geriatrie Medicine hanno mostrato tassi più elevati di uso di psichedelici tra i partecipanti più giovani, le donne, le persone separate, divorziate o mai sposate, i disoccupati, gli utilizzatori di tabacco e alcol e coloro con più condizioni croniche.
Nonostante queste differenze demografiche, gli utenti di psichedelici avevano generalmente un migliore funzionamento cognitivo e meno sintomi depressivi, anche tenendo conto di vari fattori. Tuttavia, un altro aspetto che è stato sottolineato dai ricercatori, è che l’uso di psichedelici non era associato a miglioramenti della memoria episodica.
“I risultati attuali hanno rivelato che l’uso di psichedelici era associato a un miglioramento delle funzioni cognitive, valutata dalla funzione esecutiva, sostenendo parzialmente la nostra ipotesi; tuttavia, la stessa associazione non era evidente con la memoria episodica. Inoltre, l’uso di psichedelici era associato a una riduzione dei sintomi depressivi. Sebbene i nostri partecipanti fossero limitati, i risultati hanno corroborato risultati precedenti in un’area di ricerca meno esplorata”, hanno concluso gli autori dello studio, evidenziato la necessità di ulteriori studi in materia.
CANNABIS E FUNZIONI COGNITIVE
Un’altra sostanza che da anni viene indagata per le sue potenzialità nel ripristinare le funzioni cognitive, è la cannabis.
Sono infatti diversi gli studi scientifici che, nelle loro conclusioni, riportano la potenzialità di diversi cannabinoidi.
Secondo gli scienziati dell’Upstate Medical University l’uso della cannabis – a scopi non terapeutici – è collegato in modo significativo a una diminuzione del 96% nella probabilità di percepire un declino cognitivo soggettivo (DCS). Per condurre lo studio pubblicato su Current Alzheimer Research, lo studente di Master in Salute Pubblica Zhi Chen e il Professor Roger Wong, hanno analizzato i dati del Centers for Disease Control and Prevention (CDC) relativi a 4.744 adulti statunitensi di età superiore ai 45 anni, raccolti nel 2021 attraverso il Behavioral Risk Factor Surveillance System.
Questo studio si differenzia dalle ricerche precedenti per il suo focus su adulti di mezza età e anziani, e per la sua unica considerazione delle tre sfaccettature dell’uso della cannabis: tipo di uso (medico o non medico), frequenza di uso e modalità di uso (fumare, vaporizzare, mangiare o “dabbing”).
Vale la pena ricordare le conclusioni di uno studio scientifico del 2017, effettuato su cavie animali e pubblicato su Nature Medicine, nel quale basse dosi di THC si sono rivelate efficaci nel ripristinare le funzioni cognitive dei topi anziani.
Secondo quando scoperto dai ricercatori israeliani dell’Università di Tel Aviv, sembra che una bassa concentrazione di THC, il principale principio attivo, nonché componente psicoattivo della marijuana, sia in grado di proteggere il cervello dai danni causati da lesioni, convulsioni e ipossia (mancanza di ossigeno, ndr).
In altri due studi (Qui il link al primo studio, e qui il link al secondo) eseguiti sui topi dai ricercatori del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Haifa, guidati dal dottor Irit Akirav, la cannabis si è dimostrata efficace nel ridurre l’impatto dei disturbi al cervello legati allo stress.