Proteine microbiche al posto della carne per dimezzare la deforestazione entro il 2050: la ricerca
Basterebbe sostituire un quinto della carne rossa con prodotti a base di proteine microbiche per avere un impatto fortissimo sulla salute del pianeta

Se sostituissimo appena il 20 per cento della carne rossa che consumiamo ogni anno con alternative a base di proteine microbiche, ossia tratte da funghi e alghe, potremmo ridurre la deforestazione del 56 per cento entro il 2050. È quanto rivela uno studio pubblicato su Nature, che si basa su quattro scenari diversi messi a punto dall’Institute for Climate Impact Research di Potsdam.
Si è ipotizzato che gli esseri umani sostituiscano la carne rossa con alternative vegetali basate su proteine microbiche di funghi o alghe dello 0, del 20, del 50 o dell’80 per cento, e poi gli scienziati hanno calcolato quanto questo impatterebbe sulla deforestazione globale, che attualmente vede il pianeta perdere 10 milioni di ettari di verde ogni anno, di cui il 95 per cento sono foreste tropicali e il 75 per cento è per espandere gli allevamenti di bovini, compresa la coltura di soia per alimentare gli animali da macellare.
Le proteine microbiche tratte da funghi e alghe, che si trovano già in alcuni prodotti alternativi alla carne come Quorn, hanno il vantaggio di essere ipocaloriche, ad alto contenuto proteico e di fibre, e soprattutto occupano pochissimo suolo per la coltivazione, eliminando il problema delle emissioni eccessive degli allevamenti intensivi e le conseguenze dirette sul clima della Terra.
Gli allevamenti occupano l’80 per cento del terreno utilizzato sul pianeta per produrre cibo, e forniscono appena il 20 per cento delle calorie consumate dagli esseri umani: uno spreco di spazio e energia che non possiamo più permetterci, se consideriamo che entro il 2050 ci saranno 9,7 miliardi di persone sulla Terra.
Nel frattempo, l’industria dei sostituti della carne, che siano basati sulla coltura di cellule, sulle piante o appunto sulle proteine microbiche, è in netta espansione: si prevede che passerà dai 4,2 miliardi di dollari di giro d’affari nel 2020 a 28 miliardi nel 2025. Il numero di persone flexitariane, che quindi hanno ridotto il consumo di carne e derivati animali, è salito dal 28 per cento del 2017 al 39 per cento nel 2019. Tanto che si prevede che grazie solo a questo le emissioni di gas serra saranno ridotte del 29 per cento entro il 2050.
Certo, convincere centinaia di milioni di persone a cambiare abitudini alimentari a stretto giro rimane un problema: una recente ricerca Ipsos ha rivelato che sebbene il 68 per cento degli adulti in 31 diversi paesi siano profondamente preoccupati dal cambiamento climatico, solo il 44 per cento ha intenzione di sostituire la carne con alternative vegetali o microbiche. Il 65 per cento degli Americani, d’altro canto, è convinto che le istituzioni non stiano facendo abbastanza per la crisi climatica. E forse, è giunto il momento di smettere di fare affidamento sulla classe politica e cercare di salvare il pianeta un piccolo gesto alla volta.