Medicina naturale: le proprietà della cimicifuga e della canfora
La cimicifuga non è utile solo per la menopausa e la canfora non è efficace solo contro le tarme: continua la nostra rassegna sulle proprietà delle piante

CIMICIFUGA RACEMOSA
– sedativo, narcotico
La Cimicifuga racemosa (Actaea racemosa) è una pianta erbacea perenne che, a completa fioritura, può raggiungere circa due metri di altezza. Appartiene alla famiglia delle Ranunculaceae ed è originaria delle foreste del Nord America orientale.
Il suo apparato radicale è costituito da rizomi di color marrone scuro, dalla superficie irregolare, rugosa e dall’odore particolare, forte e amaro. Le foglie sono grandi, alternate; i fiori, con corolla a petali ridotti e calice composto da 4-5 sepali bianchi, sono molto piccoli, bianchi e piumosi.
In fitoterapia la cimicifuga trovava impiego nella cura dei disturbi neurovegetativi in particolare della menopausa e di natura psichica.
Sebbene l’esatto meccanismo d’azione della Cimicifuga racemosa non sia stato ancora ben chiarito, si ritiene che vari triterpenoidi possano essere coinvolti nell’attività farmacologica dei suoi estratti; questi comprendono acteina, cimifugoside, desossiacetilacteolo e 27-desossiacteina. Contiene poi anche flavonoidi, acido isoferulico e una percentuale piuttosto elevata di tannini.
La tendenza della cimicifuga a favorire l’aumento della massa ossea può renderla utile per combattere l’osteoporosi. Grazie alla sua attività analgesica e antinfiammatoria, trova invece impiego nel trattamento di reumatismi e artrosi, nei dolori muscolari e nelle nevralgie conseguenti a fatti reumatici. Infine, dato che gli estratti di cimicifuga sembrano esercitare un effetto calmante sul sistema nervoso neurovegetativo la pianta potrebbe a dosaggi non accertati essere anche un ipnotico. Particolare questo interessante perché almeno una parte dell’azione clinica della cimicifuga può dipendere dalla sua capacità di attivare i recettori per gli oppioidi endogeni.

CINNAMOMUM CAMPHORA
– stimolante, euforizzante
Grande albero sempreverde della famiglia delle Lauraceae, originario dell’Asia orientale che raggiunge la considerevole altezza di 40–50 metri; estremamente longevo (può vivere per più di mille anni), è una delle più importanti piante produttrici di canfora. Le sue foglie sono spesse, lanceolate e molto coriacee; i fiori sono bianchi, il frutto è una drupa di colore nero.
La canfora, chetone ciclico prodotto da ossidazione del pinene (terpene), si ottiene con la distillazione in corrente di vapori del legno e raffinata per sublimazione, vale a dire depurando la sostanza facendola passare allo stato aeriforme e condensando poi il vapore per ottenere un solido cristallizzato. Il risultato finale ha un aspetto di cristalli bianchi con un forte odore aromatico. Una successiva distillazione produce poi l’olio di canfora, un olio essenziale che è tra i più potenti antitarme conosciuto.
Segnalata da Schultes e Hofmann come pianta con “presunti effetti allucinogeni”, la canfora ha avuto nella nostra medicina una lunga storia, sia per uso esterno (per screpolature della pelle, reumatismi, contusioni e nevralgie, ma anche come linimento stimolante nelle bronchiti e pertosse) che interno: in questo caso agisce sui centri respiratori e vasomotori, migliorando la pressione sanguigna e conferendo un respiro più profondo. La canfora veniva anche usata nelle depressioni di cuore, regolando il ritmo e la circolazione, elevando il tono del polso. Trovava impiego anche nei casi di insonnia e nelle malattie infettive accompagnate da febbre elevata, nelle depressioni nervose e nell’astenia.
di Gilberto Camilla
Etnopsicologo, Presidente della SISSC
(Società Italiana per lo Studio degli Stati di Coscienza)