Tra i proibizionisti ormai è una gara a chi la spara più grossa: ora è il turno di Gasparri
Il fatto che anche in Italia, con il solito ritardo di qualche anno, un dibattito (finalmente meno ideologico) sulla cannabis si sia ormai avviato prendendo spazio anche sui media mainstream, sembra provocare una vera e propria sindrome da accerchiamento tra coloro che fino a pochi mesi fa credevano di essere gli unici depositari del diritto a parlare di droghe e cannabis sui media. Comunità di San Patrignano, Carlo Giovanardi, Giovanni Serpelloni e i suoi sottoposti del Dipartimento Politiche Antidroga, il “compianto” Don Gelmini e pochi altri personaggi che sentivano di avere il diritto esclusivo di scorazzare a piacimento nei talkshow e sui quotidiani, abituati a poter esprimere ogni baggianata senza alcun contraddittorio, con il “giornalista” ridotto al ruolo di semplice reggimicrofono per il loro comizio.
Ma dopo la bocciatura della Fini-Giovanardi qualcosa ha cominciato a cambiare anche in Italia. Nel giro di qualche mese alcune importanti testate mainstream (il gruppo “L’Espresso” su tutte) e scienziati di fama come Umberto Veronesi, hanno trovato il coraggio di prendere parola in favore della legalizzazione, andando (meglio tardi che mai!) ad ingrossare le fila di attivisti, ricercatori e professionisti che da decenni sottolineano i danni provocati dal proibozionismo. Ed anche le grandi emittenti televisive pubbliche e private hanno dovuto cominciare a dare un minimo spazio ad un dibattito (pseudo)scientifico sul tema. Con alcuni esempi oggettivamente imbarazzanti (come il dibattito Giovanardi vs Fedez su La7) ed altri sicuramente migliori (come la puntata dedicata al tema da “Presa Diretta” su Rai3). E’ sicuramente poca cosa, ma a pensare che fino a pochi mesi fa a parlare di cannabis in tv si potevano trovare solo Giovanardi e Gasparri a Porta a Porta o Serpelloni a Uno Mattina, è già un cambiamento.
Ovvio quindi che i baluardi del proibizionismo all’italiana non abbiano preso bene l’arrivo anche solo di un vago accenno di libero confronto sul tema dopo decenni di oscurantismo di stampo medioevale. Come animali feriti la loro reazione è incattivita e scomposta, e cercano ogni giorno nuovi canali per sparare tutte le cartucce che hanno rimasto per alimentare la disinformazione e l’ignoranza sul tema della quale hanno nutrito il loro potere politico. Così i responsabili di San Patrigano provano a riportare in auge la bufala secondo cui le canne sono l’anticamera del buco in vena, la Moratti va in tv a dipingere il quadro apocalittico che porterebbe la legalizzazione (cose tipo orde di pilori di aerei e medici che causano stragi lavorando strafatti), e chi più ne ha più ne metta.
Ora, per l’appunto, è il momento di Maurizio Gasparri, che ha scelto il proprio profilo su Facebook per pubblicare un allucintante grafico dei presunti gravissimi effetti della cannabis (un grafico a suo tempo prodotto dal Dpa, e quindi con soldi pubblici). Si tratta di una serie interminabile di bufale che non meritano neppure una risposta (ma che daltronde abbiamo già analizzato e smentito più volte, ad esempio qui, qui, qui e ancora qui) postate da un politico che da sempre ha fatto del proibizionismo più rozzo la propria bandiera, come quando nel 2008 ebbe la sforontatezza di denunciare la Regione Marche per aver legiferato in favore della prescrizione di cannabis a scopi teraputici per pazienti vittime di gravi malattie.
Non c’è da stupirsi, per l’appunto, e forse non è neppure il caso di dargli troppo peso. La storia va avanti nonostante i tentativi di tenerla ferma al Medioevo. E nonostante gli sforzi di questi personaggi anche i due terzi dei cittadini italiani sono ormai consapevoli dell’irragionevolezza del proibizionismo. Il post di Gasparri ve lo pubblichiamo qui di seguito, nella speranza e nella convinzione che tra qualche anno sarà un reperto storico del quale sorridere pensando che la civiltà, nonostante i Media, i Gasparri e tutto il resto, è ancora capace di muovere dei passi in avanti.