Proibizionismo: una patologia cronica del potere
La cosiddetta “civiltà” europea germoglia, come tutti sanno, dalle culture greca prima e romana in seguito e in ambedue le culture, l’igiene personale e l’uso dei bagni di vapore era una consuetudine e quindi una pratica sociale diffusa e condivisa, ma nel nebuloso periodo del Medio Evo questa abitudine andò persa e addirittura contrastata, tant’è che fino al 1850 sia per i cattolici e sia per i protestanti «il bagno e il peccato erano una cosa sola».
Questo spiega perché gli spagnoli (dopo la conquista del Nuovo Mondo) e gli americani (dopo il genocidio dei nativi), cercarono con il massimo impegno di eliminare la pratica della “Capanna del Sudore” proibendone l’uso e punendo duramente i trasgressori.
Qualsiasi tipo di Potere, sia questo religioso, politico o economico, si fonda sulla mortificazione continua delle minoranze e sulla repressione indiscriminata di tutto ciò che sfugge al loro controllo.
A tal proposito è molto indicativa del pregiudizio con il quale erano e vengono ancora considerate le scelte individuali o i comportamenti anticonvenzionali, la testimonianza tratta dalla Relation di Bressant (1653): «Usano i bagni caldi in maniera molto barbarica, introducono grosse pietre roventi in una piccola capanna, dove 15 o 20 persone si ritrovano, seduti come scimmie, a stretto contatto l’uno con l’altro, e restano lì dentro per ore intere, fino a sudare eccessivamente mentre cantano con violenza e quando lasciano la capanna, anche nel mezzo dell’inverno, si tuffano in fiumi o laghi mezzo ghiacciati, da cui, per quanto sembri inspiegabile, emergono senza problemi. Fanno questo per superstizione, per pulizia, per salute e per piacere». C’è da dire che se invece degli spagnoli fossero stati gli scandinavi a conquistare il Nuovo Mondo, forse queste considerazioni sarebbero state diverse.
Per non parlare poi dell’ossessiva e sistematica distruzione di tutte le Capanne del Sudore che venivano scoperte e delle pesanti punizioni inflitte ai partecipanti operate fino al 1930 dal governo degli Stati Uniti nel vano tentativo di sradicare la cultura nativa, in quanto la pratica sudatoria rappresentava una cerimonia essenziale per la vita spirituale e culturale dei nativi americani.
Ma l’effetto forse più devastante del proibizionismo è l’“amnesia storica” che provoca, nelle generazioni costrette a subire la proibizione, la non conoscenza delle qualità e dei benefici dell’oggetto sottoposto a censura, la medesima identica cosa che si è verificata con la proibizione della coltivazione della canapa e del suo impiego in molteplici usi.
Se oggi la Capanna del Sudore è tornata una pratica diffusa e condivisa tra i nativi americani, questo è dovuto alla determinazione con cui alcuni di loro hanno persistito nel conservare il patrimonio culturale di questa pratica e tramandarne in segreto gli insegnamenti, esattamente come sta avvenendo per la canapa, che se oggi attrae non solo i consumatori, ma anche agricoltori, imprenditori, artigiani, medici e ricercatori, è perché nel periodo dell’insensata proibizione qualche persona coraggiosa ha detenuto gelosamente il patrimonio culturale della pianta, a beneficio delle generazioni future.
Resistere è quindi l’unica arma da contrapporre al proibizionismo, perché tutti i proibizionismi prima o poi vengono abbattuti, mentre le buone pratiche persistono e sopravvivono a qualsiasi pregiudizio.
Giancarlo Cecconi – Portavoce ASCIA e CIP