Prevenire, regolamentare e legalizzare la marijuana
In America, il dibattito sulla legalizzazione della marijuana è stato riaperto. Anzi, di più, è tornato ad assumere una corposa vitalità. Forse dovuta ad una nuova urgenza, dettata anche dal fallimento del proibizionismo e dalla necessità di non continuare a confondere il tabacco, “l’erba” e “il fumo” con le droghe del nuovo millennio. E’ un’urgenza, insomma, non soltanto politica. E sentita non solo dall’antico e testardo attivismo dei libertari, ma da moltissimi cittadini. Di varie generazioni.
A tal proposito, è doveroso ricordare che la prevenzione e la corretta informazione sono e restano sempre la premessa necessaria posta dagli anti-proibizionisti, anche in Italia, per combattere alla radice le degenerazioni, le criminalizzazioni e le eventuali diffusioni incontrollate del fenomeno. Si tratta di legalizzare, non di liberalizzare.
La conoscenza e la consapevolezza sui rischi, sugli effetti e sui pericoli derivanti dall’uso e dall’abuso delle droghe sono la prima iniziativa posta al centro del dibattito da parte dei libertari e di chi ha veramente a cuore la volontà di fronteggiare i loschi traffici della criminalità organizzata, della mafia e del terrorismo internazionale.
Secondo il dibattito che sta emergendo in questi giorni negli Stati Uniti, la prevenzione deve accompagnarsi, perciò, a una politica finalizzata alla legalizzazione dell’uso della marijuana, soprattutto a scopo terapeutico. Inoltre, la ridotta e limitata coltivazione privata della cannabis era e resta una battaglia libertaria e dei libertari, in America come in Europa. E’ una sfida da lanciare a tutto campo. Senza muri o pregiudizi ideologici. Lo dimostra il fatto che anche numerosi esponenti repubblicani d’oltreoceano si sono espressi a favore della marijuana, a cominciare da quella usata a scopi terapeutici. E non solo. E’ il segno che lo spirito e il carattere libertario o è capace di essere trasversale o non è. I libertari vivono al di là degli schieramenti e vanno al di là delle appartenenze. Si incontrano oltre gli steccati. E lottano per obiettivi comuni. Insieme. Per la libertà e per la legalità. Contro le mafie.
L’urgenza, però, non va confusa con la fretta o con l’impeto irrequieto e sbrigativo di qualcuno, che sia un singolo o un gruppo non importa. L’urgenza è, piuttosto, il risultato di una graduale e attenta riflessione, di un maturato ragionamento, di una necessità profonda, impellente, interiore. Quindi, l’urgenza non viene “dalla pancia” delle persone, bensì dall’essere pensante e dialogante. Dunque, l’urgenza non corrisponde ai sensi o all’istinto dell’uomo ma, al contrario, è un elemento che connota la persona nel suo aspetto razionale ed emotivo, esistenziale e conoscitivo. L’urgenza, insomma, è sempre un connotato dell’amore civile, non della passione. Il presidente Barack Obama, sentita questa urgenza, subito dopo l’insediamento alla Casa Bianca, ha modificato e convertito la legge di George W. Bush in cui si puniva l’uso della cannabis a scopo terapeutico. E perciò, tra i suoi primi atti concreti e simbolici, c’è stato proprio quello di legalizzare tali forme di cura: in 13 stati.
A ben vedere, l’attuale linea politica dell’Amministrazione americana è parsa, negli ultimi mesi, proiettata verso un formale e sostanziale anti-proibizionismo. La politica di Obama, quindi, sembra partire dagli stessi presupposti che caratterizzarono il 21° emendamento nei confronti della birra, del vino e dei superalcolici ai tempi della Grande Depressione. Il cinema americano, in particolare quello sui gangster, ci ha narrato più volte, in modo efficace e in diverse pellicole hollywoodiane, proprio il sistema criminale realizzato negli Stati Uniti grazie al proibizionismo.
Il settimanale americano Fortune, di recente, ha dato fuoco alle polveri facendo esplodere di nuovo il dibattito sulla legalizzazione delle droghe leggere. Una discussione che va avanti da 40 anni! In Italia, inutile sottolinearlo, l’urgenza di cambiare strategia nei confronti della lotta alla criminalità e al traffico di stupefacenti è divenuta impellente. Ecco, qui c’è l’urgenza. Questo è un esempio concreto di cosa sia l’urgenza. Infatti, è maturata nel tempo, anche qui da noi, da oltre trenta anni, la necessità di legalizzare per sottrarre alla mafia il controllo e i guadagni dettati da una cieca politica proibizionista. La lotta per la legalizzazione della marijuana, ormai, è giunta a maturazione. Anzi, se si aspetta ancora un po’, finirà con il divenire putrida. Tutto questo lo si deve, in particolar modo, alle iniziative dei Radicali e di Marco Pannella. Ma è una battaglia che dovrebbe coinvolgere tutti i libertari, anche a destra. Bisogna rilanciare la questione. Perché il proibizionismo è un’ideologia, spesso giustizialista, che fa leva sugli istinti, sulle paure e sulle passionalità. In altre parole, ciò che alimenta il proibizionismo è l’esatto opposto di ciò che nutre l’amore civile.
La scorsa primavera, per esempio, il Governatore della California Arnold Schwarzenegger ha affermato che “è tempo di iniziare un dibattito per la legalizzazione della marijuana”. In California, è bene ricordarlo, la cannabis a scopo terapeutico è legale da più di dieci anni ed è una delle fonti maggiormente redditizie per l’erario. Purtroppo, i proibizionismi sulle droghe leggere, sull’alcol, sulle sigarette, sulla libertà di cura, sulla ricerca scientifica nascono dall’esigenza di soddisfare le richieste istintive dell’uomo, cioè quelle più basse, che finiscono per dare alimento non alla prevenzione e al recupero della persona, ma alle reazioni punitive, alle paure diffuse e alla cosiddetta “pancia” delle masse.
L’uomo massificato e omologato, perduta qualsiasi diversità individuale o personale, è spinto al giustizialismo, al razzismo, al rifiuto dell’altro e di se stesso. Dunque, è costretto a ricorrere alla menzogna, al sotterfugio, all’ipocrisia per non essere escluso ed emarginato. Neppure dai propri pensieri. E’ qui che nasce l’auto-inganno. E’ qui che subentra l’azione dei libertari, cioè quella di chi vuole compiere una rivoluzione della legalità, per ripristinare la legalità, per legalizzare. Insomma, dopo quaranta anni possiamo affermare, senza timore di smentita, che il proibizionismo ha fallito perché si tratta, fondamentalmente, di un’ideologia nascosta e malcelata dietro a una strategia inefficace contro il crimine. Quindi, il proibizionismo è soltanto una posizione incapace di combattere ciò che dice di voler impedire, proibire, arrestare.
In America, intanto, la discussione si muove in senso trasversale coinvolgendo “democratici” e “repubblicani”, liberal e conservatori. Perché è ormai necessario ammettere che solo regolamentando si potrà essere efficaci nella prevenzione. L’obiettivo finale della campagna americana è quella di legalizzare l’erba, tassandola come l’alcol e le sigarette. A tal proposito, il sindaco repubblicano di New York, Michael Bloomberg è stato il primo a dichiarare, durante la campagna elettorale del 2001: “Certo, l’ho provata e mi è pure piaciuta”. Anche Gianfranco Fini, qualche anno fa, in un programma televisivo, aveva avuto lo stesso coraggio. Parliamone.
Pier Paolo Segneri
fonte: lideale.info