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Presunzione di colpevolezza per Andrea Trisciuoglio

Una situazione paradossale: Andrea Trisciuoglio è stato messo ai domiciliari, venerdì 6 maggio, a seguito di una perquisizione in cui è stato trovato in possesso di cannabis light, perfettamente legale

Venerdì scorso, l’attivista e fondatore dell’Associazione culturale LapianTiamo, Andrea Trisciuoglio, nonostante sia affetto da sclerosi multipla e sia in possesso di regolari licenze, si è visto comminare gli arresti domiciliari pur avendo prodotto tutte le licenze comprovanti il tenore di THC della cannabis light di cui è stato trovato in possesso e relativi documenti di accompagnamento, quale misura cautelare in vista di ulteriori accertamenti.

Presunzione di colpevolezza per Andrea TrisciuoglioIl paradosso è che l’ordinamento giuridico italiano prevede la “presunzione di non colpevolezza”, fino a prova contraria. In altre parole: come recita l’art.27 della Carta Costituzionale: «L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva». Ma il principio di “presunzione di innocenza”, come viene adottato dalla maggior parte dei paesi occidentali, è enunciato solennemente anche dall’art. 11 della Dichiarazione dei Diritti Umani del 1948; a livello cogente, è statuito dall’articolo 6 della CEDU e dall’articolo 48 della Carta di Nizza.

Questa assurda storia si è appena risolta favorevolmente per l’imputato, ma è emblematica del mare d’incertezza in cui vige la normativa italiana in fatto di cannabis terapeutica. Ne abbiamo parlato per voi col legale di Andrea Trisciuoglio, l’avv. Angelo Ippolito.

Avvocato Ippolito, vuole raccontarci cos’è successo negli scorsi giorni e perché?
Il 6 maggio scorso Andrea veniva fermato con un’altra persona ad un posto di controllo della Guardia di Finanza. Nell’occasione trasportava sul sedile posteriore un grosso quantitativo, circa 30 kg, di canapa grezza o, come meglio descritta dagli agenti intervenuti, di “presunta sostanza stupefacente del tipo marijuana”. A nulla è servito, nell’occasione, la consegna della documentazione attestante che non si trattava affatto di sostanza stupefacente, bensì di canapa consentita dalla Legge 242/2016 con un contenuto di THC inferiore a quello stabilito dalla legge stessa, di 0,2%. Malgrado Andrea abbia esibito la documentazione occorrente per evidenziare la legittimità del possesso e la legalità del prodotto, cioè i cartellini d’acquisto delle piante, le analisi della produzione attestante il livello di THC inferiore alla soglia, l’attività agricola svolta, la bolla di trasporto, gli agenti intervenuti hanno ritenuto di dover comunque sottoporlo ad arresto in flagranza di reato.

Quando e come si è risolta la questione?
La questione non si è ancora risolta, anche se il GIP, all’udienza di ieri (09/05/2022), ha rigettato la richiesta del PM di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, ordinando perciò l’immediata liberazione. Resta ora da attendere il risultato delle analisi del prodotto trasportato. Se queste dovessero risultare sotto soglia verrebbe a mancare la stessa illiceità della condotta in quanto, come sostiene la Cassazione, non si tratta di prodotto “drogante”.  Andrea, sotto questo punto di vista, è tranquillo, in quanto sa di essere in regola con la legge e con i valori soglia da lui stesso previamente accertati attraverso laboratorio di analisi.   

Rimane da chiarire come sia stato possibile che il suo assistito sia stato arrestato, lei come spiega i fatti spiacevoli degli ultimi giorni e come pensa che sarebbero dovuti andare se la legge avesse fatto il suo corso fin da principio?
Per rispondere alla domanda devo necessariamente fare riferimento ai due punti di vista divergenti di Andrea e dei finanzieri al momento in cui vi è stato il controllo. Andrea, come cittadino libero e nella consapevolezza che non stesse violando alcuna norma, trasportava i residui di produzione delle infiorescenze di canapa, senza alcuna cautela o timore che stesse facendo qualcosa di illecito. Dall’altra parte, al posto di blocco, i finanzieri che fermano per un controllo Andrea trovando un carico al seguito di 30 kg circa di “presunta sostanza stupefacente del tipo marijuana”, cos’altro avrebbero potuto fare se non accertare che effettivamente il trasporto fosse lecito?
Insomma un cortocircuito vero e proprio del nostro sistema dove, da una parte, un’attività ed una determinata produzione è consentita (anzi incentivata) e dall’altra è repressa per il sol fatto che quel prodotto abbia le apparenze di quello vietato dalla normativa. Il cortocircuito investe anche norme e principi costituzionali in quanto il principio di “non colpevolezza” si trasforma in “presunzione di colpevolezza” fino a quando non intervengono gli accertamenti.
Anche se per due giorni, risulta veramente paradossale che un cittadino possa essere privato della libertà personale perché lo si presume colpevole anziché innocente. La questione, secondo me, è nella mancanza di adeguata certezza da parte del legislatore sul che cosa fare, proibirla del tutto, consentirla a determinate condizioni, indicare nel caso i criteri di trasporto, stoccaggio, vendita e confezionamento, insomma dare certezza ai diritti ed obblighi del cittadino evitando in tal modo le zone grigie che alimentano, molte volte, inutili processi e criminalizzazioni.

Come sta Andrea Trisciuoglio e come ha preso gli ultimi accadimenti?
Andrea è forte ed è un combattente ma i fatti accaduti hanno avuto incidenza su di lui in quanto non è da tutti i giorni trovarsi agli arresti allorquando si è svolta un’attività comunque lecita, o tale ritenuta.

Articolo a cura di Veronica Tarozzi 



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