La pluralità delle fattispecie punibili dall’art. 73
La terza e ultima parte del saggio dell’avvocato Carlo Alberto Zaina sull’analisi dell’articolo 73, per fornire delle “dispense giuridiche” che spieghino i parametri che si applicano giurisprudezialmente nei processi
Uno degli elementi caratterizzanti la norma in esame è, come si è già rilevato, il cospicuo ed imponente numero di comportamenti suscettivi di sanzione penale.
Le singole condotte, descritte dal comma 1°, si pongono tra loro in una condizione di piena e completa autonomia, alternatività e fungibilità, sia concettuale, che materiale, pur permanendo all’interno di una previsione delittuosa di carattere unitario1.
La già evidenziata natura giuridica di prevgisione a fattispecie plurima, comporta due conseguenze.
Da un lato, emerge la configurabilità del reato in presenza anche di una sola delle 17 condotte declinate dal co. 1.
Dall’altro, rileva la non applicabilità del concorso formale di reati, laddove con un fatto unico l’agente commetta più condotte illecite tra quelle contemplate dalla norma2
La previsione della detenzione si pone, rispetto alla serie di condotte tipiche, in funzione di chiusura rispetto agli altri comportamenti illeciti descritti, tutti puniti allo stesso modo e costituenti, perciò, ipotesi criminose equivalenti che si pongono in rapporto di mera alternatività formale3.
ARTICOLO 73 E UNITARIETÀ DEL REATO
La più pregnante conseguenza di quanto precede è nel senso che anche in presenza di più condotte tipiche ed alternative, poste in essere dall’agente in un unico contesto fattuale e temporale, non viene meno l’unitarietà del reato.
Putunale conferma viene fornita da Cass. Sez. III, 03/03/2023, n. 9087 J.S., che in relazione al reato di lieve entità (che ricalca in toto la struttura di quello di cui al co.1) afferma: “L’articolo 73 comma 5 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, come riformulato dalla legge 14 maggio 2014, n. 79, prevede un’unica figura di reato, quale che sia la classificazione tabellare dello stupefacente oggetto delle condotte punite, sicché la detenzione nel medesimo contesto di sostanze stupefacenti tabellarmente eterogenee, qualora sia classificabile quale fatto di lieve entità, integra un unico reato e non una pluralità di reati in concorso tra loro.”
In simile ipotesi, infatti, i comportamenti illeciti minori vengono a perdere la loro individualità e vengono assorbiti nell’ipotesi più grave4.
La teoria dell’assorbimento – che esclude, pertanto, in fattispecie del genere descritto, il concorso di reati – non è più subordinata al presupposto che si tratti della stessa sostanza stupefacente.
Sotto questo aspetto, si deve riconoscere una positivia evoluzione del pensiero giurisprudenziale.
Osservo che in tante occasioni, noi difensori abbiamo sostenuto – sovente in modo vano ahimè – che l’ipotesi di reato (di detenzione o di cessione, oppure qualsiasi altra) non veniva a subire una espansione moltiplicativa, per il solo fatto che le sostanze, oggetto dell’illecito fossero differenti tra loro.
Doveva, infatti, a nostro avviso ritenersi prevalente il profilo dell’unitarietà e della omogeneità della condotta materiale dell’agente.
Ora tale impostazione non pare più revocabile in dubio,
Continua a serbare valore, invece, la circostanza che le condotte siano state poste in essere contestualmente, ossia indirizzate ad un unico fine e senza apprezzabile soluzione di continuità5.
Principio riconfermato successivamente dalla Sez. III, della Suprema Corte, in data 17 Novembre 1999, n.230, D’Antoni6, che ha testualmente affermato come “In materia di reati concernenti sostanze stupefacenti, in presenza di più condotte riconducibili a quelle, tipiche, descritte dall’art. 73 d.P.R. n. 309/90, quando unico è il fatto concreto che integra contestualmente più azioni tipiche alternative, le condotte illecite minori perdono la loro individualità e vengono assorbite nell’ipotesi più grave.”
Quando, invece, le differenti azioni tipiche (detenzione, vendita, offerta in vendita, cessione etc.) risultino distinte sul piano ontologico, cronologico, psicologico e funzionale, esse costituiscono più violazioni della stessa disposizione di legge e, quindi, distinti reati eventualmente unificati nel vincolo della continuazione.
Di particolare interesse si segnala la pronunzia di Cass. Sez. VI Sent., 09/05/2017, n. 22549 (rv. 270266) in un caso in cui è stata ravvisato il concorso materiale tra coltivazione e la detenzione di sostanza stupefacente, per l’assenza della prova che la sostanza detenuta dall’imputato derivasse direttamente dall’attività di coltivazione svolta dal medesimo, nonché a causa del diverso luogo di accertamento dei due illeciti.7
Questo approdo – melius re perpensa – pare superare quell’orientamento di cui la stessa Sez. VI, con la sent., 31/10/2011, n. 39288 (rv. 251056) si era fatta portavoce. affermando che “La coltivazione di piante destinate alla produzione di sostanze stupefacenti e la detenzione di stupefacente diverso da quello derivato dalla coltivazione sono condotte distinte che integrano autonomi reati suscettibili di essere posti in continuazione tra loro”.
L’importanza della menzionata unitarietà del contesto fattuale e temporale fa sì che il principio dell’assorbimento, sopra menzionato, venga, pertanto, a soffrire una radicale deroga solo qualora, invece, le differenti azioni tipiche siano distinte sui citati piani ontologico, cronologico e psicologico, in quanto, in siffatto contesto, esse costituiscono distinti reati concorrenti materialmente.
Ne è derivato che stato ravvisato il concorso materiale tra coltivazione, detenzione e cessione della stessa sostanza drogante posta in essere con un apprezzabile intervallo di tempo, attesa l’identità dei luoghi di accertamento delle due condotte e la certezza della provenienza dei reperti detenuti, dall’attività coltivativa posta in essere dal detentore dello stupefacente.
Allo stesso modo Cass. Sez. III Sent., 05/03/2020, n. 8999 (rv. 278418-01) pur ribadendo l’alternatività genetica delle condotte previste dal co. 1 dell’articolo 73, ha confermato la omogeneizzazione delle stesse in presenza di un fine unico e, soprattutto in presenza della medesima tipologia di stupefacente, ricavando da questo principio anche importanti conseguenze processuali in tema di competenza territoriale8.
Con questa decisione è stato confermato l’insegnamento delle SSUU, le quali con la sent. 9/11/2018, n. 51063 (rv. 274076-02) l’unicità della figura di reato di cui all’articolo 73 “… alternativamente integrata dalla consumazione di una delle condotte tipizzate, quale che sia la classificazione tabellare dello stupefacente che ne costituisce l’oggetto, sicché la detenzione nel medesimo contesto di sostanze stupefacenti tabellarmente eterogenee, qualora sia qualificabile nel suo complesso come fatto di lieve entità, integra un unico reato e non una pluralità di reati in concorso tra loro9.”
Parimenti10 è stata ritenuta unitaria la condotta di acquisto e successivo trasporto di sostanze stupefacenti da una località ad altra, in quanto secondo i supremi giudici.
In tale ipotesi non si verserebbe in presenza di condotte distinte, integranti pluralità di ipotesi delittuose, tra le quali ravvisare la continuazione, posto che l’acquisto e la conseguente detenzione della droga, durante il trasporto, riguardano un episodio svoltosi in un unico contesto.
Se il trasporto dello stupefacente viene, quindi, a coincidere temporalmente con l’acquisto e con la detenzione della sostanza e ha il medesimo oggetto, si è al cospetto di un solo fatto-reato che realizza contestualmente più azioni tipiche alternative previste dall’articolo 73 comma 1.
Va, però, sottolineato come la teoria della duplicità delle condizioni legittimanti l’assorbimento, non tiene conto di un ulteriore e diverso elemento sostanziale, che appare del tutto necessario al perfezionamento del concetto di unità del fatto-reato.
Esso consiste nell’attribuzione di tutte le condotte illecite (sia le più gravi, che le più lievi), in capo al medesimo soggetto, oppure ai medesimi agenti, i quali risultino operanti in concorso tra loro.
Ricapitolando, quindi, l’assorbimento della condotta minore in quella maggiore è configurabile quando:
-
sia percepibile ab externo che si tratta del medesimo oggetto materiale cui la condotta tende (profilo ontologico-cronologico);
-
tutte le condotte serbate siano ascrivibili allo stesso agente od a tutti coloro che ne risultino autori sotto il profilo del concorso di persone nel reato (profilo attributivo materiale);
-
esista un nesso teleologico fra le singole condotte, sicchè sul piano finalistico non sia possibile rinvenire distinzione fra i vari comportamenti che tendono all’unico scopo, all’uopo fondendosi (profilo psicologico-finalistico).
Questa ripartizione trova fondamento, nella già citata sentenza della Sez. VI Sent., 09/05/2017, n. 22549 (rv. 270266), che, per aversi ipotesi di reato autonome, pone l’accento sulla distinzione sul piano ontologico, cronologico e psicologico delle differenti azioni tipiche, rifacendosi all’insegnamento contenuto nella pronunzia della Suprema Corte del 17 dicembre 1984, Piccione.11
Si tratta di una posizione confermata nel tempo, posto che una parziale, ma significativa conferma si rinviene in Cassazione Sez. VI, 8 Luglio 1994, Pancrazio12
Prosegue, poi la S.C. che le diverse condotte dalle norme previste perdono la loro individualità se costituiscono manifestazione del potere di disposizione della medesima sostanza.
“Tale assorbimento – con conseguente esclusione del concorso di reati – è subordinato al duplice presupposto che si tratti della stessa sostanza stupefacente e che le condotte siano state poste in essere contestualmente, ossia indirizzate ad un unico fine e senza apprezzabile soluzione di continuità”.
Nella citata massima non viene indicato espressamente come rilevante l’elemento personale, ma tale omissione non pare decisiva al fine di privare lo stesso di rilievo ed efficacia.
È, comunque, questa una tesi ripresa da Cass. Sez. VI, 10/06/2014, n. 24376 C.A. cha sostiene la sussistenza del concorso formale di reati, laddove la condotta di detenzione abbia ad oggetto, tipologie di sostanze tra loro differenti13.
Come già riportato, è principio che ha assunto una sua definitività quello per il quale l’assorbimento non si verifica, invece, quando le differenti azioni tipiche (detenzione, vendita, offerta in vendita, cessione ecc.) siano distinte sul piano ontologico, cronologico, psicologico e funzionale, in quanto non contestuali, esse costituiscono più violazioni della stessa disposizione di legge e, quindi, distinti reati, eventualmente unificati nel vincolo della continuazione.
Il concetto di contestualità merita un breve ulteriore cenno di approfondimento.
In giurisprudenza è emersa una sostanziale divisione fra la nozione di “contestualità temporale e spaziale” e quella di “contestualità causale” alla realizzazione di altra condotta illecita14.
La prima attiene ad un criterio di natura generale, il quale ricollega, sotto i privilegiati profili del tempo e dello spazio, condotte che, peraltro, ben possono rimanere autonome e distinte sia sul piano psicologico, che su quello dell’attribuzione materiale (non venendo a coincidere necessariamente i soggetti agenti).
La seconda, invece, presenta caratteristiche specifiche, che rendono unitarie sul piano finalistico e psicologico condotte inizialmente tra loro indipendenti e diverse.
E’ certamente quest’ultima quella forma di contestualità cui si è fatto riferimento15 sostenendo che, con tale concetto si deve intendere non una rigida unità di tempo, di luogo e di azione, ma un susseguirsi di vari atti, diretti ad un unico fine e senza apprezzabili soluzioni di continuità, sicché costituiscano la manifestazione dell’unico potere di disposizione sulla cosa.
Il rilievo temporale costituisce parametro che esplica, pertanto, indubbio effetto.
È stato escluso da Cassazione Sez. III, 18 Gennaio 1999, n.3091, Cangelosi e altri,16 l’assorbimento del reato di vendita di sostanza stupefacente in quello di acquisto della stessa sostanza posti in essere con un apprezzabile intervallo di tempo, poichè sono configurabili due condotte concorrenti penalmente sanzionate.
Anche in dottrina il concetto della contestualità è stato oggetto di vivo interesse.
PACILEO17, ad esempio, ha sottolineato la locuzione “unico contesto” al fine di definire le singole e plurime azioni in un unico reato18.
Allo stesso modo DI GENNARO19 esclude il concorso formale, rilevando la decisività del rapporto di accessorietà od alternatività tra più azioni, le quali integrino più fattispecie tra quelle descritte dalla norma incriminatrice.
Va, però, sottolineato che, talora, né la contestualità (nel senso prospettato), né tanto meno la medesimezza finalistico dell’azione, sono sufficienti ad integrare un unico reato.
E’ il caso della simultanea illecita detenzione di più sostanze stupefacenti, (nella specie la simultanea e contestuale detenzione di eroina e cocaina) la quale dà luogo a distinte fattispecie criminose, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 73 d.P.R. n. 309/90 allorchè dette sostanze non appartengano alla medesima tabella e al medesimo gruppo omogeneo di tabelle.
In concreto, il caso in cui l’agente venga sorpreso a detenere o cedere simultaneamente hashish ed eroina, non potrà essere invocata la menzionata unitarietà della condotta.
La giurisprudenza prevalente afferma, infatti, che a tale scopo soccorre la gnoseologica differenza chimica e tossicologica fra le due sostanze, circostanza che le inquadra non solo in tabelle diverse, ma, addirittura, le rende oggetto di una previsione sanzionatoria affatto dissimile 20.
Appare, a contrario evidente, che quando, invece, si tratti di illecita detenzione di sostanze stupefacenti rientranti nella medesima tabella o nel medesimo gruppo omogeneo di tabelle e la stessa avvenga simultaneamente in un unico contesto, la fattispecie criminosa debba essere ritenuta unica, come unica è la condotta, indipendentemente dalla diversità delle sostanze, purchè aventi le stesse caratteristiche.
La soluzione sin qui esposta, che, si ribadisce, incontra un rilevante favore giurisprudenziale è stata, però, criticata da NERI21, che sostiene possibile il rischio di esiti sanzionatori di maggiore sfavore in capo a chi detenga (ceda, raffini etc.) sostanze stupefacenti appartenenti a tabelle disomogenee (hashish e cocaina ad esempio) rispetto a chi detenga (ceda, raffini etc.) sostanze ricomprese in tabelle congruenti (eroina e cocaina).
L’Autore propone, facendo proprie osservazioni dottrinali, l’applicazione del principio del ne bis in idem sostanziale, addivenendosi all’assorbimento dell’ipotesi di cui al comma 4° in quella di maggiore gravità di cui al comma 1°.
La soluzione prospettata è interessante e condivisibile.
Essa pone, infatti, l’accento sul tema del disvalore delle singole condotte tenute, affermando che la punizione della violazione più grave (comma 1°) verrebbe a ricomprendere al suo interno anche quella minore (comma 4°).
La sanzione assumerebbe, pertanto, funzione di condanna delle condotte illecite intese nel loro insieme, quale conseguenza di una valutazione concernente la complessiva antigiuridicità della situazione, che prende a paradigma (per l’inflizione della pena) il comportamento più grave.
Sia consentita una digressione esperienziale.
Nella quotidiana esperienza giudiziaria, una situazione di detenzione (a fine di cessione a terzi) di sostanze tra loro eterogenee appare tutt’altro che rara, posto che il mercato degli stupefacenti, ormai non pare più diviso a compartimenti stagni, nei quali si da corso al commercio di un’unica tipologia di droga.
In buona sostanza, quindi, il mondo dello spaccio – a tutti i livelli, dall’apice alla base – risulta strutturato in maniera da rispondere a tutte le richieste provenienti dall’utenza e soddisfarle globalmente.
Il pusher, pertanto, nella sua illecita attività (proposta, ormai, su modelli imprenditoriali singoli od organizzati) per fidelizzare gli acquirenti, non deve solo garantire qualità dello stupefacente fornito e prezzo concorrenziale, ma anche assicurare la varietà dello stesso.
Tornando all’esame dei principi di diritto relativi al tema in questione, appare indiscutibile che non può sussistere concorso di reati, ma un solo reato, allorquando il trasporto coincida temporalmente con la detenzione che abbia un unico e stesso oggetto.
Vi è, invece, pluralità di reati eventualmente unificabili ex art. 81 c. p., ove sussista fra loro la identità del disegno criminoso, allorquando trasporto e detenzione abbiano a svolgersi in tempi diversi o abbiano oggetti che non siano gli stessi.
Ulteriore elemento di interesse, sia sotto il profilo sostanziale, che sotto quello processuale è quello concernente la cd. progressione criminosa.
Tale concetto mira ad identificare una serie di comportamenti tra quelli indicati dal comma 1°, che si siano succeduti cronologicamente e con evidente continuità (rectius senza soluzione di continuità), di modo che l’originaria condotta sia mutata nell’ambito di un escalation criminosa avente per oggetto sempre il medesimo bene materiale e si concreti in unico reato.
Or bene è evidente che, ravvisate le condizioni per l’applicazione dell’assorbimento, non sia applicabile al caso concreto l’istituto del concorso formale, per determinare, in tal caso, il giudice competente territorialmente occorrerà fare riferimento al luogo di compimento della prima delle condotte addebitate22.
QUI LA SECONDA PARTE DEL SAGGIO SULL’ARTICOLO 73.
NOTE:
1 Cfr. M. Neri, La produzione e il traffico illecito di stupefacenti cit. pg. 86.
2In questo senso MIAZZI L. op. cit. pg. 58
3 Cass. pen., Sez.VI, 13/11/1992, De Vitis, Mass. Cass. Pen., 1993, fasc.3, 122
4 In dottrina AMATO- FIDELBO cit. pg. 143.
La giurisprudenza ha fatto proprio tale principio sin dal 1993 con la pronunzia della Sez. VI, 17 Giugno 1993, Chianale e altri n Mass. Pen. Cass., 1993, fasc.12, 2 che ha precisato come, in un caso di offerta in vendita di un campione, condotta preparatoria alla cessione di un grosso quantitativo di sostanza stupefacente, condizionata al gradimento della merce, ha sostenuto come “la varietà di condotte alternative previste dall’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 esclude il concorso formale quando un unico fatto integri contestualmente più azioni tipiche alternative, nel qual caso si verifica l’assorbimento, in un unico reato, delle condotte illecite minori che si presentano come prodromiche rispetto alle ulteriori ipotesi”.
5Cass. pen. Sez. IV, 16/06/2005, n. 22588 (rv. 232094) Volpi ed altro “..L’assenza di contiguità temporale tra le condotte di detenzione e cessione di sostanza stupefacente impedisce l’assorbimento dell’una condotta nell’altra, con la conseguenza che le due condotte danno luogo a più violazioni della stessa disposizione di legge e quindi a distinti reati, eventualmente legati dal vincolo della continuazione criminosa, ed ambedue previsti dalla norma a più fattispecie tra loro alternative di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990. (Fattispecie in cui uno stesso soggetto aveva ceduto a terzi la sostanza stupefacente almeno due giorni dopo da quando aveva iniziato a detenerla). In Riv. Pen., 2006, 9, 1000
6 Pubblicata in Cass. Pen., 2000, 3137
7“In materia di reati concernenti sostanze stupefacenti, in presenza di più condotte riconducibili a quelle descritte dall’art. 73 del d.P.R n.309 del 1990, quando unico è il fatto concreto che integra contestualmente più azioni tipiche alternative, le condotte illecite minori perdono la loro individualità e vengono assorbite nell’ipotesi più grave; quando invece le differenti azioni tipiche sono distinte sul piano ontologico, cronologico e psicologico, esse costituiscono distinti reati concorrenti materialmente”.
8“Le diverse condotte previste dall’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, sono alternative tra loro, e perdono la loro individualità quando si riferiscano alla stessa sostanza stupefacente e siano indirizzate ad un unico fine, talché, se consumate senza un’apprezzabile soluzione di continuità, devono considerarsi come condotte plurime di un unico reato e, al fine della determinazione della competenza per territorio, deve farsi riferimento al luogo di consumazione della prima di esse.Studium juris, 2020, 11, 1430”
9Dir. Pen. e Processo, 2019, 5, 679 nota di CATERINI, ROMANO
10 Cass. Sez. IV, 12/01/1996 Caparco, Cass. Pen., 1997, 870
11 In Riv. Pen., 1985, 1146 e Cass. Pen., 1986, 1416 “… l’assorbimento delle fattispecie minori, da parte di quelle di maggiore gravità si verifica solo in presenza di queste circostanze: a) che si tratti dello stesso oggetto materiale; b) che le attività illecite minori siano compiute dallo stesso soggetto che ha commesso quelle maggiori o dagli stessi soggetti che ne rispondono a titolo di concorso; c) che le condotte siano contestuali e cioè si verifichi il susseguirsi di vari atti, sorretti da un unico fine, senza apprezzabili soluzioni di continuità”.
12 Pubblicata in Cass. Pen., 1995, 2703, Mass. Pen. Cass., 1995, fasc.1, 86, la Corte “..premette come in relazione alla possibilità di concorso fra le ipotesi di acquisto e di tentativo di importazione, l’art. 73 elenchi una serie di condotte tipiche, con la previsione della detenzione in funzione di chiusura rispetto agli altri comportamenti illeciti descritti, tutti puniti allo stesso modo e costituenti, perciò, ipotesi criminose equivalenti che si pongono in rapporto di alternatività formale”.
13 “La detenzione simultanea di droghe pesanti e droghe leggere, se nella vigenza della L. n. 46/2006 integrava un reato unico, a seguito della declaratoria di incostituzionalità della predetta legge e con la reviviscenza della distinzione, agli effetti sanzionatori, fra le condotte inerenti alle c.d. droghe pesanti e quelle concernenti “droghe leggere”, integra gli estremi non di un unico reato, ma di un concorso formale di reati. Peraltro, ai sensi degli artt. 136 Cost. e 30, L. n. 87/1953, che sanciscono la caducazione retroattiva della legge dichiarata incostituzionale, è preclusa la possibilità di applicare la disciplina della L. n. 49/2006 ai fatti commessi durante la sua vigenza, anche là dove fosse ritenuta più favorevole per il reo”. In Giur. It., 2014, 12, 2842 nota di MAGNINI
14 Cass. pen., Sez.VI, 28/01/1999, Aletto, in Cass. Pen., 1999, 2362,
15 Cass. pen., 18/01/1990, Berera, Riv. Pen., 1991, 333
16 Pubblicata in CED Cassazione, 2000
17 Alcune puntualizzazioni in tema di concorso di reati in materia di stupefacenti, in Riv.It.Dir.Proc.Pen., 1987, 711
18 In relazione a tale concetto va segnalata a conferma la posizione di Cassazione Sez. VI, 22 Maggio 1992, Vassallo secondo la quale l’affermazione di responsabilità per concorso formale o per continuazione è ipotizzabile solo in presenza di concrete condotte frazionate e distinte; non è, di conseguenza, ipotizzabile né il concorso formale né la continuazione nei confronti di persona imputata di acquisto, detenzione e trasporto di sostanze stupefacenti relativamente ad episodio svoltosi in unico contesto.
19 La droga. Controllo del traffico e recupero dei drogati, Milano, 1982, 217
20 Sez. VI, 22 Maggio 1992, Vassallo, cit. infatti, afferma “L’affermazione di responsabilità per concorso formale o per continuazione è ipotizzabile solo in presenza di concrete condotte frazionate e distinte; non è, di conseguenza, ipotizzabile né il concorso formale né la continuazione nei confronti di persona imputata di acquisto, detenzione e trasporto di sostanze stupefacenti relativamente ad episodio svoltosi in unico contesto”. In Mass. Cass. Pen., 1992, fasc.10, 80
21 La produzione e il traffico illecito di stupefacenti, cit. pg. 92
22 Cass. pen., Sez.VI, 30/06/1998, Contini, Giust. Pen., 1999, III, 432