Piante psicoattive ed evoluzione umana
L’uso delle sostanze psicoattive è stato interpretato dallo psicofarmacologo Ronald Siegel in termini di “bisogno primario” dell’umanità. Le droghe sarebbero infatti “agenti adattogeni”, che aiutano gli individui a far fronte ad una serie di esigenze esistenziali. E la ricerca dell’ebbrezza sarebbe quindi una “forza motivazionale primaria”.
L’etnobotanico Terence McKenna si spinge ancora oltre: per lui gli psichedelici sarebbero uno dei catalizzatori dell’evoluzione dello stesso intelletto della specie umana. L’archeologia ha dimostrato che con l’Homo abilis scattò una improvvisa quanto inesplicabile – per gli usuali ritmi dell’evoluzione biologica – espansione della massa cerebrale; processo che continuò, accelerando ancor di più lo sviluppo della capacità cranica, con la successiva comparsa dell’Homo erectus. L’attuale scienza non sa dare una spiegazione plausibile delle cause di tale fenomeno.
L’ipotesi di McKenna, per quanto sbalorditiva, è in realtà molto semplice poiché basata sulla dieta alimentare. Quando infatti i primi ominidi discesero dagli alberi e iniziarono a vagare per le steppe africane, sicuramente trovarono, nella loro continua ricerca di cibo, piante ricche di sostanze psicoattive: una folgore deve aver rischiarato quelle menti arcaiche. Per McKenna furono proprio quegli stimoli, dovuti alle sostanze psichedeliche, a catalizzare le capacità cerebrali degli ominidi, fino a farle lievitare alle attuali.
Ciò vuol dire che, nel corso dell’evoluzione, l’assunzione di sostanze psichedeliche avrebbe avuto un effetto che va ben oltre quello semplicemente psicologico. Infatti, stimolando particolari aree cerebrali, le sostanze psichedeliche avrebbero stimolato l’area cerebrale destinata al linguaggio, con tutte le conseguenze che ne sono derivate per l’evoluzione dello stesso processo cognitivo. McKenna ha individuato nello Psilocybe cubensis, un fungo psicoattivo ampiamente diffuso in molte zone, l’essenza più probabile in quello straordinario catalizzatore della stessa possibilità di consapevolezza.
Il primo incontro sarebbe avvenuto in qualche zona dell’Africa “quando i nostri remoti antenati si trasferirono dagli alberi alle savane ed ebbero sempre più frequenti incontri con bovini ed equini” nel cui letame nasce appunto il fungo in questione. Da ciò scaturì quella che McKenna chiama l’età degli emeogeni, ovvero “l’età della condivisione”, nella quale l’uomo primitivo, cacciatore e raccoglitore, consumava costantemente funghi psicoattivi e piante di potere, e caratterizzata dall’assenza di gerarchie ben definite, da una sessualità di tipo orgiastico e dal culto della grande dea madre.
Quando per ragioni probabilmente climatiche la quantità di funghi disponibili si ridusse drasticamente, questi divennero appannaggio di una elite: da qui l’emergere della figura dello sciamano. Lo sciamano, ovvero il signore dello stato di trance, è colui che sa guidare con consapevolezza e perizia fino alla fioritura di tutte quelle capacità insite in ognuno di noi, ma che normalmente rimangono sopite.
A questo proposito, ricordiamo che nel suo saggio “Le porte della percezione”, Aldous Huxley espone la teoria secondo cui il cervello sarebbe un filtro che limita le capacità percettive della coscienza. Secondo questa teoria la maggior parte degli uomini per incrementare le proprie possibilità percettive devono agire su questo filtro, alterando il proprio equilibrio fisiologico (con l’uso di sostanze psicoattive, danze, digiuni, particolari esercizi fisici e molto altro). E a proposito degli effetti della mescalina egli scrive: “Probabilmente essa interferisce nel sistema degli enzimi che regola la funzione cerebrale. Così facendo diminuisce l’efficenza del cervello come strumento di messa a fuoco della mente sui problemi della vita sulla superficie del nostro pianeta.
Sembra che questa diminuzione di ciò che può chiamarsi l’efficenza biologica del cervello permetta l’ingresso nella coscienza di alcune categorie di avvenimenti mentali che normalmente sono escluse, in quanto non posseggono valore di sopravvivenza”. In altre parole, le sostanze psichedeliche, bloccando od ostacolano l’azione di alcuni neurotrasmettitori, farebbero affluire al cervello una parte molto più cospicua dell’infinito numero di messaggi provenienti in ogni momento dal mondo sia interiore che esteriore. Gli psichedelici libererebbero progressivamente il sistema nervoso rivelando una realtà multidimensionale strutturata su più livelli.
A questo punto bisogna chiedersi perché la Natura abbia messo in gioco le sostanze psichedeliche: a che servono e quale scopo hanno nel quadro complessivo della vita? La scienza non ha ancora dato una risposta a questo quesito. Ma i nostri lontani progenitori non ebbero dubbi. Si trattava di sostanze sacre messe loro a disposizione direttamente da Madre Terra, per aiutare la specie umana ad entrare in contatto con il Trascendente.
a cura di SD&M www.psiconautica.tk
fonti: Aldous Huxley, Le porte della percezione; Elemire Zolla, Il dio dell’ebbrezza; Gipsy Eagle, Psichedelia – Un ponte verso l’infinità; High Times, L’alba delle droghe; Terence McKenna, Il nutrimento degli Dei
