Contro-informazione

Piante curative: la via della conoscenza in opposizione a divieti e censure

piante-curative«Ha da accendere?» «No, non fumo». Quante volte abbiamo sentito questa risposta che limita la sfera del fuoco al solo fumare. Eppure il fuoco è un elemento trasformatore il cui governo ci ha permesso di sopravvivere, imparare ed evolvere. La leggenda vuole che il fuoco venga sottratto agli Dei e consegnato agli uomini grazie a una prodezza di Prometeo, pagata poi a caro prezzo dall’eroe stesso. Ma cos’è che viene consegnato insieme al fuoco? La conoscenza, o meglio il potere di conoscere e trasformare le cose che ci circondano, di cucinarle, e di utilizzarle, un segno di libertà dalle leggi della natura che apre la strada alla ricerca. Dal legno quale carburante al cibo-medicina, dai rituali propiziatori alle formule chimiche il fattore che accomuna molte realtà di tradizione, arte e scienza sono proprio le piante.

Se per la tradizione cristiana il raccogliere e mangiare la mela ha permesso la caduta dal paradiso e l’inizio del mondo, i frutti proibiti possono diventare anche semi, radici o fiori. L’altro giorno di ritorno a casa, lungo la strada vedemmo sul margine di un campo non ancora lavorato delle bellissime piante di stramonio (Datura stramonium), pianta antica e pericolosa che gli antichi consideravano, insieme alla saggina, parte indispensabile del corredo botanico delle streghe. Già, lo Stramonio, che nonostante la sua pericolosità (tutta la pianta è tossica e se ingeriti i suoi curiosi semi, possono risultare in dosi eccessive mortali) viene tollerato dalle leggi dato il suo carattere di pianta spontanea. Ma quale pianta nel suo habitat non è spontanea? Molte delle piante medicamentose, infatti, hanno origine in determinati habitat, dalle montagne impervie, o addirittura, come i cactus, colonizzano le aree desertiche; alcuni di questi, in particolare certe varietà di Trichocereus e soprattutto del Peyote, contengono la potente mescalina e vengono per questo utilizzati e venerati per le loro qualità psicotrope. Sono proprio le condizioni ambientali a forgiare i caratteri morfologici ed eventualmente terapeutici di una data specie: è il caso della canapa (Cannabis sativa var. indica) che per resistere all’aridità e alle escursioni termiche delle zone montuose della catena Himalayana ha sviluppato una pelliccia di resine, insieme di cannabinoidi (se ne contano oltre 100 tipi) che la proteggono dai fattori ambientali estremi e le permettono di far maturare i suoi semi. La stessa varietà seminata e coltivata in climi più miti può manifestare, dopo un certo numero di generazioni, caratteri diversi, ammorbidire alcuni fattori che la legavano al suo habitat originale e adattarsi con nuove virtù e proprietà. A proposito delle virtù della canapa leggiamo presso gli scritti del dottor Valieri: «I fenomeni della canapa nostrana sono identici a quelli della canapa indiana, però in modo e proporzioni, alquanto ridotte – che taluni fenomeni della vita psichica mancano affatto, altri ne vengono più sbiaditi – i prodromi e i postumi meno accentuati. Onde possiamo conchiudere che nella prescrizione della canapa nostrana bisogna raddoppiare la dose» (Valieri Raffaele; sulla canapa nostrana e suoi preparati in sostituzione della cannabis indica, 25, Napoli, 1887).

Molte piante medicamentose e utili sono iscritte nell’albo degli indagati; è il caso della Stevia rebaudiana, incredibile dolcificante naturale scoperto presso il popolo dei Guaranì da Mosè Bertoni sul finire del 1800 e che ha impiegato un secolo abbondante dalla sua scoperta botanica per venire prima ignorata, poi proibita e screditata e infine sull’onda della FDA (Federal Drugs Administration) che ne aveva permesso l’utilizzo in America, legalizzata anche in Europa solo nel 2011. Come è possibile che anche una semplice pianta dalla foglia dolce senza nessun potere psicoattivo venga vietata mentre lo stramonio è libero di scorrazzare nei campi? La risposta, come è ben noto, sta negli interessi economici, politici e sociali di multinazionali che controllano il mercato alimentare, farmaceutico e agricolo.

2016-12-22-11-35-50-amAlcune piante dell’antichità oggi fondamentali e riconosciute per i loro utilizzi e qualità, sono arrivate a noi dopo una fase di proibizionismo poiché considerate piante pericolose per la società costituita, è il caso del tabacco (Nicotiana tabacum), del caffè (Coffea arabica), del tè (Tea sinensis) e del cioccolato (Theobroma cacao), quattro piante oggi diffuse in tutti gli angoli del mondo. Si potrebbe fare un elenco lunghissimo di piante e dei loro benefici; piante attive e medicinali sono quelle del genere Artemisia (Artemisia verlotiorum e Artemisia absentium), piante sacre ad Artemide leggermente psicoattive, ma molto utili per i dolori dovuti al ciclo mestruale; un caso a parte è l’Artemisia annua, pianta dalle riconosciute proprietà antitumorali (l’artemisinina distrugge in modo selettivo oltre il 98% delle cellule degenerate) e anti malariche: basterebbe l’affermarsi di questa pianta in Africa per combattere efficacemente i problemi causati dalle punture di zanzara. Altro genere ma stessa storia è quella della salvia, pianta universalmente riconosciuta come aroma in cucina, ma che dispone, in due varietà, di spiccate proprietà dal carattere psicoattivo (Salvia divinorum) e terapeutico (Salvia apiana). La prima detta anche Salvia della Madonna, è originaria del Sud America e oltre ad essere utilizzata per lenire raffreddori e problemi respiratori, se fumate le sue foglie possono provocare brevi, ma intense allucinazioni e per questo viene addirittura consacrata alla vergine Madre e agli Dei. La seconda, sempre dal sud America e dal carattere curativo è la Salvia apiana o Salvia bianca, pianta sacra agli indiani d’America e oggi molto popolare per via delle sue foglie incredibilmente aromatiche bruciate come incenso, utile febbrifugo.

Molte piante sacre sono cadute nell’oblio, come l’utilizzo rituale degli Amaranti presso il popolo Azteco, totalmente sterminati dalla cultura cristiana, o del Tagetes minuta detto Huacatay altra pianta sacra agli Aztechi che rappresentava, secondo la tradizione, il Dio dell’agricoltura e usata per condire verdure e speziare il cioccolato; questa pianta insieme al Tagetes lucida (tagetes del rabdomante) ha un potere afrodisiaco e leggermente psicoattivo, soprattutto quando utilizzate a crudo. Tra le piante maestre troviamo l’Iresine herbisti, pianta della famiglia dell’amaranto, perenne e ricchissima di DMT, utilizzata a volte in cottura insieme al Banisteropsis caapi e alla Psycotria viridis nel rituale dell’Ayauascha, controversa cerimonia che avvicina gli astanti alla sorgente divina. L’elenco delle varietà botaniche “controverse” ci ricorda la storia del Papavero da oppio (Papaverum somniferum) che fornisce sia la droga (oppio) sia la medicina (morfina), le cui coltivazioni in Europa sono esclusiva delle aziende farmaceutiche, ma sporadicamente si vede comparire in qualche giardino dati i suoi fiori molto apprezzati e la sua rusticità. I suoi semi commestibili sono utilizzati dall’industria dolciaria, ma ricordiamo che nella storia gli alcaloidi di questa pianta sono stati un fortissimo mezzo per sedare le rivolte delle popolazioni asiatiche da parte degli inglesi e, insieme alla cannabis e alla coca, rappresenta una delle piante “da droga” più diffuse al mondo.

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Anche qui un appunto: il termine droga, oggi consumato in negativo per le suddette piante, ma in origine era un termine neutrale (deriva forse dall’olandese droog: secco, cosa secca o nome di varie sostanze vegetali secche, aromatiche meglio dette spezie) utilizzato per tutte quelle varietà dal valore erboristico e terapeutico; dal basilico in su, sono tutte droghe, l’importante è sapere come usarle e trasformarle, ricordandoci che ogni pianta che vive e cresce è una pagina del libro della vita, che ebbe inizio quando l’uomo si conquistò il fuoco della conoscenza.

a cura di pianteinnovative.it



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