Cannabis

Perché non esistono prodotti registrati per la canapa e come ovviare

Perché non esistono prodotti registrati per la canapa e come ovviare

Per le possibili attuazioni di lotta biologica e biotecnologica, siamo ricorsi a un esperto come il dott. Benuzzi di Biogard, divisione di CBC Europe, società multinazionale nipponica che produce e commercializza prodotti biologici, microrganismi antagonisti, insetti utili antagonisti, trappole per la confusione sessuale e estratti botanici o prodotti di origine minerale per il controllo delle avversità in agricoltura.

Dottor Benuzzi avete avuto richieste per la lotta alla piralide sulla Canapa sativa?
No, è la prima volta che mi viene posto questo quesito. Di sicuro qualcuno avrà utilizzato prodotti registrati per il mais e per il luppolo, come il Bacillus thuringiensis, un batterio sporigeno che vive nel terreno, anche sulla canapa. Quando questo batterio viene ingerito mediante vegetali contaminati, il cristallo proteico contenuto nel corpo parasporale libera le cosiddette tossine Bt o, più esattamente, delta-endotossine (innocue per gli esseri umani) che sono in grado di causare una malattia paralitica (letale) nei bruchi di molti lepidotteri tra cui anche la Piralide. Immagino che qualcuno possa averlo usato senza controllare che la canapa fosse inserita nell’etichetta.

Riguardo alla lotta biologica, avete avuto richieste di parassitoidi della Piralide come il Trichogramma brassicae?
Le richieste ci sono state, ma noi non trattiamo il Trichogramma perché lo riteniamo non efficace nella lotta alla Piralide.

Come mai non esistono prodotti registrati per la canapa, nonostante da alcuni anni questo tipo di coltura stia avendo uno sviluppo notevole?
I prodotti fitosanitari sono disciplinati essenzialmente dal Regolamento quadro (CE) 1107/2009. Tutte le questioni relative ai limiti di legge dei residui di pesticidi nei cibi sono trattati nel Regolamento (CE) 396/2005. Tale regolamento disciplina anche i controlli ufficiali sui residui di pesticidi negli alimenti di origine vegetale e animale, che possono residuare dall’impiego dei pesticidi per proteggere i vegetali. Si può dire che tutto cominciò nel 1991, quando con una direttiva, la 91/414, il Consiglio europeo introdusse le procedure di gestione e valutazione del rischio nel mondo dei pesticidi in Europa. Questa normativa stravolse il mondo dei fitosanitari perché introdusse un duplice sistema di autorizzazioni: a livello europeo per la sostanza attiva e a livello nazionale per il prodotto formulato, che può contenere solo sostanze attive approvate in EU.Il regolamento (CE) 1107/2009 ricalca le procedure già descritte nella direttiva precedente, mira ad armonizzare ancora di più e snellire i processi e i requisiti a livello europeo, inoltre assegna un importante ruolo di coordinamento nella valutazione dei principi attivi all’EFSA e suddivide l’Europa in tre zone: Nord, Centro e Sud (per tenere conto delle diverse condizioni ambientali e climatiche) e introduce così il concetto di valutazione zonale per i prodotti formulati, inoltre stabilisce dei cut-off criteria che “bollano” alcune sostanze attive come “candidate alla sostituzione” sulla base delle loro proprietà chimico-fisiche e tossicologiche.

Senza entrare nello specifico, quando una coltura emergente come la canapa, o il mango in Sicilia, inizia a diffondersi e non c’è nessun agrofarmaco registrato ne in Italia e nel resto d’Europa, l’eventuale registrazione di pesticidi per queste piante deve seguire un iter burocratico abbastanza lungo. L’intera analisi del rischio è a carico delle aziende produttrici delle sostanze/prodotti, queste devono sottomettere obbligatoriamente una grande quantità di dati e informazioni di vario tipo e la conseguente valutazione del rischio sotto forma di dossier.

Un’associazione di coltivatori o un ente può richiedere però al ministero della Salute Dipartimento della Sanità pubblica, Direzione Generale per la Sicurezza e l’Igiene degli Alimenti, l’uso in emergenza di un agrofarmaco per un determinato insetto target per quel tipo di coltura, in questo caso si può avere un iter abbastanza breve. Nel caso in cui il ministero autorizzi un intervento del genere, le ditte interessate producono una documentazione ad hoc e pagano i relativi costi, che non sono pochi, avviano la produzione e commercializzazione di tali prodotti. In questo caso il loro l’utilizzo è di 120 giorni, rinnovabili per tre anni.



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