Perché il reddito di cittadinanza è una misura giusta e necessaria
Oggi sui media italiani si tornerà a parlare, almeno si spera, del reddito di cittadinanza, in occasione della marcia in favore della sua approvazione che il Movimento 5 Stelle ha indetto da Perugia ad Assisi. Quello del reddito garantito per disoccupati e sotto-occupati è un tema che ciclicamente torna sul tavolo ma in Italia rimane ancora tabù, respinto spesso con argomentazioni legate ai costi giudicati eccessivi (“in tempi di crisi come possiamo permettercelo?”) o con toni paternalistici verso il suo presunto incentivo all’ozio che esso rappresenterebbe. Si tratta però di argomentazioni molto deboli, come vedremo.
COS’È IL REDDITO DI CITTADINANZA. Nella sua formulazione teorica più radicale, sintetizzata già nel 1795 dal filosofo e politico americano Thomas Paine, il reddito di cittadinanza è una somma di denaro sufficiente a vivere da elargire senza limiti ed egualmente a tutti i cittadini dal compimento della maggiore età e non legata né alla condizione lavorativa né al reddito individuale. La misura in vigore in molti paesi europei (come vedremo) e proposta in Italia dal Movimento 5 Stelle è differente e più limitata, ed è quello che gli economisti chiamano “reddito minimo garantito”, ovvero una misura di sussistenza da garantire non a tutti i cittadini per sempre, ma solo a quelli disoccupati o sotto-occupati, per il lasso di tempo in cui questa situazione perdura e condizionata alla ricerca di un posto di lavoro.
LA PROPOSTA DEL MOVIMENTO 5 STELLE. Quella proposta dal movimento di Beppe Grillo è una misura abbastanza limitata, e con paletti ferrei, più restrittivi di quelli esistenti in altri paesi europei. Il Ddl prevede che a tutti i cittadini debba essere garantito un reddito pari a ciò che l’Istat ha fissato per soglia di povertà (780 euro mensili per i singoli, 1014 euro per le famiglie di due persone, 1248 per quelle di tre). Insomma un salario appena sufficiente per non essere indigenti, che viene erogato per intero ai disoccupati e in parte ai sotto-occupati (ad esempio un lavoratore autonomo che guadagna 400 euro al mese si vedrà corrispondere i 380 euro mancanti per superare la soglia di povertà). Per poterlo ricevere un cittadino dovrà prestare qualche ora di servizio alla collettività (max 8 ore a settimana di lavori socialmente utili), essere iscritto alle liste di collocamento e non rifiutare più di tre offerte di lavoro, pena il ritiro del reddito garantito.
UNA MISURA CHE NON COSTA TROPPO, ANZI. La misura proposta in Italia costerebbe circa 17 miliardi di euro l’anno. Non pochi, ma molti di meno dei 40 stanziati anche quest’anno nel fondo per salvare le banche in crisi. Inoltre si tratterebbe di una misura che favorisce la crescita, nel senso che questi soldi essendo elargiti a persone povere rientrerebbero poi nell’economia sotto forma di consumi e inoltre permetterebbe risparmi in altri settori, ad esempio in quello della sanità. Quante persone oggi rinunciano a cure di base o a esami specialistici perché non possono permetterseli, rischiando poi di costare molto di più al sistema sanitario pubblico perché non scoprono in tempo eventuali malattie? In un tempo di differenze salariali abissali come quello in cui viviamo per garantire il reddito di base ai più poveri basterebbe esigere un “sacrificio” al 10% degli italiani più ricchi, alle caste politiche, ai pensionati d’oro e alle grandi imprese. Non si tratterebbe di elemosina, ma di una misura di giustizia sociale. Peraltro minima.

COME FUNZIONA NEL RESTO D’EUROPA. Quando al prossimo dibattito alla Tv sentirete i rappresentanti dei principali partiti (dal Pd alla Lega passando per Forza Italia la pensano più o meno allo stesso modo sul tema) dire che si tratta di una misura insostenibile teniate presente quanto segue: il reddito minimo garantito esista in tutta Europa, tranne che in Italia e Grecia. L’Unione Europea stessa ha raccomandato la sua introduzione in tutti gli stati membri già dal 1992. Le differenze di regole e di generosità delle erogazioni sono marcate, ma in nessuno stato Europeo i senza lavoro sono abbandonati a loro stessi come da noi. Ad esempio, nei Paesi scandinavi il reddito garantito supera i mille euro per un single (fino ai 1.200 euro della Danimarca), mentre in Germania e Inghilterra è molto più basso (rispettivamente 330 e 356 euro a persona) ma perché rappresenta solo una delle misure in favore dei meno abbienti, che si vedono riconosciuti anche contributi per l’affitto e le bollette. In tutti questi casi si tratta di misure in vigore da molti anni e che non hanno di certo messo a repentaglio i conti pubblici.
IL REDDITO DI CITTADINANZA NON FOMENTA L’OZIO. Quando vengono messi di fronte all’evidenza dei dati e della sostenibilità economica provata della misura gli avversari del reddito garantito sono soliti tirare fuori il loro asso nella manica paternalista: “Dare soldi alla gente per non fare niente è diseducativo e porta a non fare niente”. Ma si tratta di una affermazione, anche in questo caso, smentita dai fatti. E non solo perché esistono meccanismi di legge che, come abbiamo visto, lo vincolano alla ricerca attiva di un lavoro. Diversi esperimenti condotti nel passato (negli Usa ma anche nel nord Europa) hanno evidenziato come le persone assegnatarie di un reddito incondizionato utilizzavano il tempo e la serenità derivante dal non avere l’assillo del reddito per cominciare progetti che nella maggioranza dei casi si rivelavano fruttuosi in poco tempo, che fossero imprese private o iniziative di pubblica utilità.