Perché bisogna opporsi alla logica del Daspo Urbano
Il Daspo Urbano è previsto dalla legge 48 del 18 aprile 2017 che ha convertito il decreto legge 20 febbraio 2017 numero 14, uno dei “decreti Minniti” che contiene disposizioni urgenti in materia di sicurezza delle città e prende il nome dal ministro dell’Interno nominato il 12 dicembre 2016.
Sono state introdotte sanzioni amministrative che vanno dai 300 ai 900 euro per chi leda il decoro urbano, la libera accessibilità o la fruizione di infrastrutture, luoghi di pregio artistico e storico e per chi violi i divieti di stazionamento e occupazione di spazi, assuma alcol o droghe o eserciti il commercio abusivo, l’accattonaggio o la prostituzione “con modalità ostentate”. Con il Daspo scatta l’allontanamento dalla città o dal luogo in cui è stato commesso il reato. Il provvedimento è entrato in vigore il 22 aprile 2017 e l’elenco delle città italiane in cui è stato applicato continua ad aumentare. Fino a settembre in Italia erano stati comminati 80 Daspo.
La sera del 21 novembre è stato applicato per la prima volta a Bologna e sono state sanzionate dieci persone colpevoli di dormire per strada. Diverse associazioni locali hanno raccolto l’appello di “Piazza Grande” (associazione fondata dalle persone senza dimora che pubblica uno storico giornale di strada) e sono scese in piazza Maggiore per chiedere il ritiro dei provvedimenti, invano.
L’allontanamento degli indigenti non è una soluzione né dal punto di vista pratico né da quello umano. Dove dovrebbero andare a finire queste persone? Nei Comuni limitrofi in attesa di essere allontanate anche da lì? Bisogna opporsi a questi provvedimenti che sembrano pensati per punire il disagio sociale.