Per le auto a idrogeno serbatoi migliori grazie ai mozziconi di sigaretta
I mozziconi di sigarette sono una vera piaga ambientale. Globalmente parliamo di 5.8 trilioni di sigarette fumate ogni anno che a loro volta generano la bellezza di 800mila tonnellate di mozziconi. La nocività dei filtri di sigaretta risiede non solo nella tossicità dei metalli pesanti che contiene e che inquinano falde acquifere e di conseguenza flora e fauna, ma soprattutto nell’acido di cellulosa che non è biodegradabile.
Uno studio dell’Università di Nottingham mette in evidenza un possibile secondo utilizzo dei mozziconi, ovvero quello di sfruttarli come serbatoio per l’idrogeno nella costruzione di automobili e altri sistemi di immagazzinamento di energia.
Da anni gli studiosi sono affascinati dall’alimentazione ad idrogeno e cercano nuove tecniche per lo stoccaggio. Difatti il problema principale a livello tecnico (accantonando il problema delle lobby del petrolio, che non guardano in faccia a nessuno, e tra l’altro, riprendono a trivellare tra i ghiacci grazie al benestare di Trump) è la difficoltà nell’immagazzinamento a causa della scarsa densità energetica dell’idrogeno. In sostanza per avere lo stesso rendimento della benzina, e per esempio percorrere gli stessi chilometri in auto, occorrerebbe un serbatoio mille volte più grande se l’auto fosse alimentata ad idrogeno.
Per immagazzinare l’idrogeno si può variare la pressione per cambiare lo stato dell’elemento, oppure utilizzare gli idruri metallici, in questo caso i mozziconi di sigaretta. In pratica l’idrogeno va a riempire gli spazi interstiziali di questi elementi porosi, come farebbe l’acqua con una spugna. La ricerca mette in evidenza come attraverso un processo denominato carbonizzazione idrotermale (esclusivamente a base di acqua e calore), i mozziconi di sigaretta risultano essere non solo ottimi per lo stoccaggio di idrogeno, ma anche ad oggi il miglior modo di immagazzinarlo in termini di volume.
Lo stato dell’arte attuale vede per le automobile ad idrogeno un’autonomia di circa 500 km. La strada verso un’economia dell’idrogeno non è proprio dietro l’angolo, ma la necessità di variare globalmente il nostro modello di sviluppo è impellente.
Quindi ben vengano ricerche che guardano ad un futuro energetico più rispettoso e responsabile, soprattutto se lo fanno gestendo rifiuti inquinanti, frutto, in questo caso, del mero vizio umano.