Geopolitica

10 cose da sapere sulla guerra in Palestina

I fatti, non le opinioni, che hanno segnato il conflitto israelo-palestinese dal 1948 ad oggi

Articolo aggiornato al 13-10-22

Evoluzione dei territori palestinesi dal 1948 al 2014: dalla quasi totalità del territorio ad una porzione minoritaria, concentrata soprattutto in CisgiordaniaTanto inchiostro si è versato sulla guerra in Palestina, ma quella che manca è spesso una visione delle cose basata sui fatti e sulle vicende storiche che hanno segnato oltre 70 anni di conflitti in terra santa.

Per questo ci siamo posti dieci domande sulla questione palestinese ed abbiamo cercato dieci risposte, per provare a fornire una base che possa servire a comprendere un conflitto che ancora non vede fine, a partire dai fatti e non dalle opinioni.

1. GLI EBREI HANNO SEMPRE VOLUTO UN PROPRIO STATO IN PALESTINA?

La risposta è no. Ad affermare la volontà di costruire uno stato ebraico in terra santa è inizialmente una minoranza esigua di ebrei europei, raccolti nel “movimento sionista”, che nasce a fine ‘800. Per dare un’idea di come questa ideologia non fosse comune a tutto il popolo ebraico basti pensare che erano proprio gli ebrei più ortodossi a rigettare l’idea come blasfema, in quanto sostenevano che il regno di dio non poteva essere costruito in terra, ma sarebbe arrivato come dono divino dopo il giudizio universale.

Il Sionismo diventa maggioritario dopo le tragedie della II guerra mondiale, quando anche gli stati europei e gli Usa si convincono (un po’ per senso di colpa, e soprattutto perché nessuno voleva accogliere i profughi ebrei all’interno del proprio stato) ad accettare l’idea dell’Inghilterra, che è quella di creare una stato ebraico in Palestina, al fianco di uno stato palestinese con Gerusalemme città dallo status internazionale, a mandato Onu.

2. DA CHI ERA ABITATA STORICAMENTE LA PALESTINA?

Secondo l’opinione dei sionisti israeliani il territorio della Palestina era pressoché disabitato fino all’inizio dell’immigrazione ebraica di inizio ‘900, per questo affermano spesso che gli ebrei sono “un popolo senza terra che è andato ad abitare una terra senza popolo”, ma è vero questo? La risposta è no. Secondo i dati dell’Impero Ottomano ad inizio ‘900 la Palestina era abitata da circa 800 mila persone: oltre 700 mila arabi-musulmani, circa 80mila cristiani e non più di 20mila ebrei.

La popolazione ebraica crebbe nei primi decenni del ‘900 ma ancora nel 1914 non superava le 59mila unità. Altra affermazione piuttosto in voga e non vera è quella secondo cui i palestinesi non avessero alcuna identità nazionale e fossero “beduini arretrati che vivevano nelle tende ignorando la civiltà”. Per relegare questo altro cavallo di battaglia sionista tra le bufale della storia può bastare dare un’occhiata ad un archivio di vecchie foto (vi consigliamo questo), le quali testimoniano senza dubbio come già a fine ‘800 la Palestina fosse una realtà urbanizzata, con una propria economia (ferveva la produzione e il commercio di agrumi) e alcune proprie istituzioni, come la scuola superiore di Stato.

3. PERCHE’ ANCORA NON ESISTE LO STATO PALESTINESE ANCHE SE ERA GIA’ PREVISTO NEL 1948?

Questo è un problema complesso. Inizialmente sono gli stati arabi confinanti a rifiutare la soluzione dei due stati in quanto questo avrebbe significato accettare anche lo stato di Israele ed una divisione territoriale che riservava allo stato ebraico la maggioranza del territorio palestinese, mentre a livello di popolazione gli ebrei in Palestina rappresentavano all’epoca un’esigua minoranza. Per questo già nel 1948 Egitto, Siria, Libano, Iraq e Giordania dichiarano guerra ad Israele che però, forte dei migliori equipaggiamenti militari, vinse la guerra.

Un nuovo conflitto si verifica nel 1967 (la “guerra dei sei giorni”) e vede ancora Israele vincere ed occupare nuove terre. Un accordo tra le parti viene firmato nel 1993 (“accordo di Oslo”) tra il leder dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina) Yasser Arafat e il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin. L’accordo avrebbe dovuto sancire la nascita dello stato di Palestina entro cinque anni, ma l’assassinio di Rabin da parte di estremisti ebrei contrari all’accordo e l’opinione diversa dei sui successori hanno fatto sì che l’accordo non sia mai stato messo in atto.

4. COME NASCE LA LOTTA ARMATA PALESTINESE?

Nel 1964 viene fondata l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) che già dal 1974 è accettata dalla Lega Araba come unico rappresentante del popolo Palestinese. L’OLP ha come obiettivo nel proprio statuto “la liberazione della Palestina attraverso la lotta armata”, alla quale rinuncia solo nel 1993 dopo gli accordi di Oslo. Sono sempre esistite anche altre sigle che attuavano la lotta armata ed anche attentati suicidi, come ad esempio “Settembre Nero”, che nel 1972 si rese protagonista dell’assassinio di 11 atleti israeliani durante le Olimpiadi di Monaco di Baviera.

5. LA LOTTA ARMATA PALESTINESE E’ UNA FORMA DI TERRORISMO ISLAMICO?

Islamico sicuramente no, o comunque non solo. L’Olp nasce come struttura laica con al suo interno correnti islamiche, cristiane, socialiste e comuniste. La radicalizzazione islamica delle organizzazioni palestinesi è una evoluzione recente e comunque maggioritaria solo a Gaza.

Sulla questione del terrorismo, invece, a livello formale vi sono diverse interpretazioni. Mentre alcuni stati, seguendo le indicazioni degli Usa hanno sempre considerato l’OLP (ed ora Hamas) come organizzazioni terroristiche, l’Onu ha attuato invece delle risoluzioni che affermano principi diversi. In particolare l’OLP è stata riconosciuta dall’Onu nel 1975 come rappresentante del popolo palestinese, mentre nel 1977 venne approvata una modifica alla convenzione di Ginevra la quale riconosceva che, in linea generale “la lotta armata poteva essere usata, come ultima risorsa, come mezzo per esercitare il diritto all’autodeterminazione”.

Per molti anni diversi stati europei hanno riconosciuto il diritto alla lotta armata dei palestinesi e tra questi anche l’Italia. A questo proposito vi consigliamo di guardare il video dell’intervento dell’allora presidente del Consiglio Bettino Craxi nel 1985, quando afferma che “i palestinesi hanno il diritto di usare le armi per liberarsi dall’occupazione della loro terra”.

6. QUELLA DI HAMAS A GAZA E’ UNA DITTATURA?

Qui la risposta è: dipende. Più no che sì in realtà. Hamas arriva al potere nel 2006 vincendo le elezioni. A queste ottiene più voti del partito di Abu Mazen (Al Fatah) e la maggioranza dei seggi. Tuttavia a questi risultati segue uno scontro tra Al Fatah (maggioritario in Cisgiordania) e Hamas (maggioritario nella striscia di Gaza), che si conclude con l’eliminazione, anche fisica, dei rivali politici da parte di entrambe le fazioni in lotta ed un governo palestinese di fatto diviso in due: la Cisgiordania ad Al Fatah e Gaza ad Hamas.

Negli anni successivi ci sono stati diversi tentativi per formare un governo di unità nazionale tra le due fazioni, che non hanno mai ottenuto lo scopo sperato, l’ultimo tentativo di riconciliazione è di un paio di giorni fa.

7. I BOMBARDAMENTI ISRAELIANI AVVENGONO PER LEGITTIMA DIFESA?

Questo è da sempre l’argomento più controverso: secondo gli israeliani gli attacchi a Gaza sono sempre una risposta al lancio di razzi verso Israele, mentre secondo i palestinesi sono i lanci di razzi ad essere di risposta alle aggressioni israeliane.

In linea generale, secondo le statistiche pubblicate da un’inchiesta dell’Huffington Post la realtà è la seguente: il 79% di tutte le pause nel conflitto sono terminate quando Israele ha ucciso un palestinese, mentre solo l’8% sono state interrotte da un attacco palestinese. Il rimanente 13% consiste di interruzioni provocate da uccisioni da ambedue le parti nel medesimo giorno. Nei 25 periodi di assenza di violenza di durata superiore alla settimana invece Israele ne ha unilateralmente interrotti 24, pari al 96%. Nei 14 periodi di tregua superiori ai 9 giorni le interruzioni unilaterali da parte di Israele arrivano al 100%.

8. QUANTI SONO GLI ISRAELIANI E I PALESTINESI UCCISI NEL CONFLITTO?

Tra il 2000 ed il 2010 le vittime totali del conflitto sono state 6404 palestinesi e 1080 israeliani, calcolando sia i militari che i civili. Negli ultimi anni va però annotata una sempre più evidente sproporzione del conflitto, dettata dalla netta superiorità militare dello stato israeliano, che può vantare i più moderni armamenti (sempre più frequente l’utilizzo di droni).

Secondo un rapporto dell’Ong per i diritti umani B’tselem, il 2021 sarebbe stato per i Palestinesi l’anno “più mortale” dopo il 2014: 319 morti tra i Palestinesi, di cui 232 durante l’Operazione Guardiano dei Muri. Le vittime minorenni sarebbero almeno 71, circa un quarto del totale, e le donne 43.

9. QUALI DOVREBBERO ESSERE I CONFINI DELLA PALESTINA?

Il piano degli inglesi del 1948 prevedeva una suddivisione in parti quasi uguali tra stato palestinese (45%) ed Israeliano (55%), con Gerusalemme posta sotto mandato Onu come città internazionale. Dopo i due conflitti del 1948 e 1967 Israele ha ampliato sensibilmente i propri confini, giunti fino al 78% del territorio totale.

Questa dovrebbe essere la base per stabilire l’accordo sui confini secondo gli Accordi di Oslo. Tuttavia ad oggi una soluzione del genere è assolutamente impensabile, a causa della continua espansione illegale del territorio sotto il controllo israeliano perpetuata attraverso l’istituzione delle colonie.

10. ESISTE UN’ALTERNATIVA POSSIBILE?

Tutti i tentati tavoli di dialogo avvenuti in questi anni si sono basati sul principio di “due stati per due popoli” e si sono costantemente arenati appena giungevano al punto in cui si doveva iniziare a parlare dei confini di questi due stati.

Per questo vi è una corrente che, pur fortemente minoritaria, esiste sia tra i palestinesi che tra gli israeliani (principalmente tra pacifisti, anarchici e socialisti), che propone non più due stati differenti, ma un unico stato multinazionale e laico con pari diritti per tutti i suoi abitanti. Probabilmente è un’utopia, ma allo stato attuale, secondo i sostenitori di questa soluzione, “niente pare più utopico di un accordo di pace basato sui due stati”, e forse non hanno tutti i torti.

QUESTIONE SUPPLEMENTARE: visto che tanta circolazione sta avendo, anche nei commenti a questo articolo, la teoria secondo la quale la cartina da noi utilizzata per descrivere l’evoluzione della questione palestinese sarebbe una mappa non attendibile, vi invitiamo a leggere l’articolo seguente nel caso aveste dei dubbi sulla sua veridicità. Basta cliccare sull’immagine:

palestina e israele, quale sarebbe la mappa giusta?

ULTERIORE QUESTIONE SUPPLEMENTARE a seguito dell’aggiornamento al 13-10-22 ad opera della Redazione di Dolce Vita sui fatti di maggiore rilievo degli ultimi anni:

  • Merita almeno una menzione il fatto che nel 2015 il Vaticano ha riconosciuto ufficialmente lo Stato della Palestina e che, forse come risposta al Vaticano, nel 2017 l’amministrazione Trump ha riconosciuto Gerusalemme come capitale di Israele, spostando in seguito nella Città santa la sede della propria Ambasciata.
  • Ma tra i tanti fatti accaduti negli ultimi anni che hanno scandito il conflitto israelo-palestinese uno che merita sicuramente una menzione speciale è legato a poco più di un mese dopo la prima stesura di questo articolo, quando si concluse la drammatica offensiva militare israeliana sulla Striscia di Gaza denominata Margine di Protezione, che aveva causato 2.200 morti tra i palestinesi, di cui 1.500 civili secondo le Nazioni Unite, e 73 morti tra gli israeliani, di cui 67 soldati. È infatti dell’inizio del 2021 la notizia bomba dell’avviamento di un’indagine da parte del massimo organo di giustizia internazionale, ovvero della Corte Penale Internazionale (CPI), su possibili crimini di guerra commessi da Israele proprio in quell’occasione. L’indagine del CPI su questo ed altri episodi legati ai territori palestinesi è attualmente ancora in corso.


grafica pubblicitaria sponsor canapashop

SOSTIENI LA NOSTRA INDIPENDENZA GIORNALISTICA
Onestà intellettuale e indipendenza sono da sempre i punti chiave che caratterizzano il nostro modo di fare informazione (o spesso, contro-informazione). In un'epoca in cui i mass media sono spesso zerbini e megafoni di multinazionali e partiti politici, noi andiamo controcorrente, raccontando in maniera diretta, senza filtri né censure, il mondo che viviamo. Abbiamo sempre evitato titoli clickbait e sensazionalistici, così come la strumentalizzazione delle notizie. Viceversa, in questi anni abbiamo smontato decine di bufale e fake-news contro la cannabis, diffuse da tutti i principali quotidiani e siti web nazionali. Promuoviamo stili di vita sani ed eco-sostenibili, così come la salvaguardia dell'ambiente e di tutte le creature che lo popolano (e non solo a parole: la nostra rivista è stampata su una speciale carta ecologica grazie alla quale risparmiamo preziose risorse naturali). ORA ABBIAMO BISOGNO DI TE, per continuare a svolgere il nostro lavoro con serietà ed autonomia: ogni notizia che pubblichiamo è verificata con attenzione, ogni articolo di approfondimento, è scritto con cura e passione. Questo vogliamo continuare a fare, per offrirti sempre contenuti validi e punti di vista alternativi al pensiero unico che il sistema cerca di imporre. Ogni contributo, anche il più piccolo, per noi è prezioso. Grazie e buona lettura. CONTRIBUISCI.
grafica pubblicitaria sponsor plagron

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio