Interviste speciali

Patagonia: storia vincente di un brand ecologista e no global

Patagonia: storia vincente di un brand ecologista e no global

Patagonia è un famoso marchio di abbigliamento sportivo, fondato negli anni Settanta da Yvon Chouinard. L’azienda è solita destinare parte dei suoi ricavi annuali a iniziative ambientaliste «per risarcire il pianeta dei danni che compie con la propria attività» riuscendo a convincere altre imprese di piccole e medie dimensioni a fare lo stesso. È stata una delle pochissime società a invitare i consumatori a non comprare i propri prodotti, incoraggiandoli piuttosto a riparare e riciclare quelli rotti o usurati.

Un campo in cui Patagonia investe molto è quello dei materiali, cercandone di resistenti e poco dannosi per l’ambiente. La canapa è tra questi: coltivata organicamente, utilizzando solo prodotti naturali, viene importata dalla Cina sperando che «un giorno la coltivazione di questa utile pianta possa essere di nuovo libera e legale».

I prodotti da Patagonia non costano poco, anzi, hanno spesso un prezzo superiore agli altri ma sono tutti realizzati con tessuti biologici e certificati.

Di tutto questo ci parla Wendy Savage che da otto anni si occupa per l’azienda delle condizioni dei lavoratori, di come vengono trattati gli animali e di tracciabilità; in particolare, ha il compito di verificare dove vengono realizzati i prodotti, cercando di arrivare fino alla fattoria in caso si tratti di cotone, pecora o piuma. Ricorda ancora cosa le dissero durante il suo colloquio di assunzione: «Qui in Patagonia ti chiediamo di essere idealista». Non le era mai capitato prima, un invito a sognare in grande che da quel momento non dimentica mai di ripetere: «Per noi nulla è impossibile. Sappiamo che nessuno lo ha mai fatto prima, il che lo rende ancora più difficile ma allo stesso tempo è così bello pensare che se lo facciamo, possiamo influenzare e aprire la strada a chiunque altro affinché ci segua».

Patagonia: storia vincente di un brand ecologista e no globalIn che modo Patagonia è progressista (rispetto ad altri marchi) per quanto riguarda la trasparenza?
La trasparenza riguarda ogni singola relazione: tra noi e i nostri fornitori e tra noi e i nostri clienti. Chiediamo che le nostre fabbriche o chiunque voglia interagire con Patagonia ci indichi chi sono i loro partner e qual è la loro catena di approvvigionamento. Ad esempio, se acquistiamo lana, vogliamo sapere da dove proviene. Se vogliamo utilizzare fibre riciclate, vogliamo sapere da dove provengono queste fibre. Per poter essere trasparenti con i nostri clienti, dobbiamo prima di tutto ottenere trasparenza da parte dei fornitori.

In che modo i consumatori possono fare la differenza?
Oggi, i consumatori hanno un grande potere nelle loro mani. Possono fare la differenza scegliendo come spendere il loro denaro. Possono fare ricerche sul web e approfondire la conoscenza dei prodotti oppure rivolgersi a organizzazioni terze che valutano i marchi in base alle pratiche che adottano in materia di diritti umani e sostenibilità. I consumatori possono contare anche su certificazioni, come ad esempio Fairtrade. È un’etichetta che assicura la conformità agli standard previsti rilasciata da soggetti esterni che convalidano questa affermazione. Un’altra certificazione importante è quella della Fair Wear Foundation, che effettua ispezioni ogni tre anni: le relazioni delle ispezioni sono disponibili online e possono essere consultate dai consumatori.

Condividete le vostre scoperte con l’intero settore?
Una parte fondamentale del nostro ethos aziendale consiste proprio nell’ispirare gli altri a seguirci. Sappiamo benissimo che, come semplice azienda, non possiamo apportare un cambiamento radicale, abbiamo bisogno che l’intero settore sostenga il cambiamento, qualunque esso sia, che riguardi l’ambiente, i diritti umani o il benessere degli animali. Per questo siamo disponibili a condividere informazioni in modo che gli altri non debbano partire da zero.

Quali sono i prossimi passi che intraprenderete?
Uno dei nostri obiettivi nel campo dei diritti umani è garantire salari equi, stiamo lavorando sodo per questo.

Quanto è difficile realizzare un’intera collezione in modo sostenibile per l’ambiente e per le persone?
È molto difficile far sì che un’intera collezione sia riciclata, solidale e tecnica – ci sono voluti diversi anni. Il nostro team che si occupa di materiali ha dovuto attendere che fossero disponibili materiali riciclati e che avessero inoltre le stesse proprietà, in modo da poter realizzare un prodotto in grado di durare negli anni. Anche per quanto riguarda la questione del riciclo abbiamo impiegato molto tempo ed è stato molto difficile.

Patagonia: storia vincente di un brand ecologista e no global

a cura di Livia Mordenti



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