Geopolitica

Palestina e Israele: qual è la mappa giusta?

Discussione sulle polemiche generate dalle mappe pubblicate recentemente nel nostro articolo sulla Palestina

Mappa Palestina-Israele con progressiva sparizione degli insediamenti palestinesi a favore di quelli israeliani dal 1946 al 2014
Mi ha personalmente sorpreso che si stia usando tanto tempo per discutere della mappa usata come immagine di copertina del nostro articolo “10 cose da sapere per comprendere la guerra in Palestina”, anziché parlare dei contenuti dell’articolo, che credevo potessero essere un materiale di discussione un tantino più rilevante.

Tuttavia, visto che tale importanza e circolazione ha assunto il dibattito su queste mappe – in particolare dopo un articolo di critica uscito sulla testata Il Post, a firma Giovanni Fontana – mi è sembrato giusto usare un po’ di tempo per analizzarle e provare a fare chiarezza.

Nel suo articolo intitolato, non senza un certo gusto per il sensazionalismo, “La mappa bugiarda su Israele e Palestina”, Fontana sostiene essenzialmente due cose: 1. La mappa usa criteri diversi e non pertinenti prendendo di volta in volta quelli più comodi alla causa palestinese e “mescolando mele e pere, al fine di dare un’idea distorta dell’evoluzione dei fatti”; 2. Almeno due delle quattro mappe sono del tutto inesatte. Partiamo da questa seconda argomentazione, analizzando la correttezza delle mappe.

CARTINA 1. possedimenti ebraici in palestina al 1946

Palestina - terre ebraiche nel 1946 Secondo le argomentazioni dell’autore, questa mappa è sbagliata perché considera come palestinesi tutte le terre non ebraiche, aggiungendo che: “Se si evidenziassero come territorio palestinese solo i villaggi palestinesi e come territorio ebraico tutto il resto, verrebbe una mappa uguale e contraria”.

Questa affermazione non sta in piedi, può bastare verificare un’altra mappa più esplicativa (visibile qui) per rendersi conto di come le terre di proprietà degli arabi rappresentassero praticamente in tutte le province della palestina storica oltre l’80% del territorio totale, mentre quelle possedute dagli ebraici non superassero da nessuna parte il 4% esclusi pochi distretti, nei quali comunque si fermavano a circa 1/3 dei possedimenti totali. Si potrebbe fare una mappa uguale e contraria secondo voi?

Non mi soffermo troppo, invece, sulla dichiarazione secondo la quale sarebbe sbagliato colorare come arabe “le zone disabitate, cioè la maggior parte, come tutto il deserto del Negev, andato poi a Israele proprio perché disabitato”. Basti notare che nel deserto del Negev abitavano circa 70mila persone di etnia beduina – altroché terra disabitata – in gran parte costrette alla fuga dopo il 1948 e ancora oggi vittime di gravi violazioni dei diritti umani da parte del governo israeliano.

Si tratta di un’ affermazione non solo errata ma anche grave, perché ci si dovrebbe ricordare che assecondando teorie del tipo “quella tanto è una terra disabitata” si sono costruite e si costruiscono tutt’oggi le più grandi violazioni contro popolazioni indigene inermi, nelle fascie naturalistiche e desertiche di tutto il mondo (basti pensare all’amazzonia).

CARTINE 2 e 3. Proposta Onu del 1947 e conquiste israeliane a seguito del conflitto.

Palestina - proposta spartizione OnuPalestina - realtà al 1949 Su queste due mappe passiamo rapidi visto che anche l’articolo pubblicato su Il Post le considera autentiche. Ma visto che Giovanni Fontana, commentando la mappa che descrive i territori secondo la spartizione proposta dall’Onu nel 1947, aggiunge, a mo’ di frecciatina, che “occorre ricordare che la proposta fu accettata dagli israeliani e rifiutata dagli stati arabi”, a me tocca ricordare che questa proposta destinava ad un popolo che rappresentava 2/3 della popolazione totale appena il 45% del territorio ed in più lasciava nella parte assegnata ad Israele la quasi totalità delle zone agricole e delle riserve idriche.

Sfido a trovare un solo stato al mondo che avrebbe accettato una proposta simile. Nella mappa n. 3 (quella relativa alle conquiste israeliane a seguito del conflitto) commette invece un errore da matita blu nella lettura della mappa, quando afferma: “Al contrario di ciò che sembra suggerire la mappa, non c’è alcuna evoluzione dal ’49 al ’67”. La mappa non afferma affatto questo, la dicitura 1949-1967 significa appunto (così come in ogni carta storica) che quella è la situazione in questo lasso di tempo, non che vi sia una evoluzione in questo periodo.

CARTINA 4. La realtà sul campo dopo gli accordi di Oslo

Palestina - situazione dopo accordi Oslo Sull’analisi di questa mappa le argomentazioni di Fontana rasentano l’assurdo. Secondo la sua analisi questa mappa è “la più bugiarda di tutte, che gioca sull’equivoco di cosa può voler dire terra palestinese nella maniera più brutale e menzognera, sostituendo a cosa è terra palestinese o cosa la comunità internazionale considera terra palestinese, addirittura cosa gli israeliani considerano terra palestinese”.

Il problema è che s’infervora gridando al complotto e al tradimento della verità, senza rendersi conto che questa mappa non descrive affatto ciò che egli ha capito, cioè quello che gli israeliani considerano terra di Palestina (che tra l’altro, purtroppo, dagli ebrei più ortodossi è considerata ancor più ristretta o del tutto inesistente), ma descrive la realtà sul campo dopo gli accordi di Oslo del 1993, che hanno diviso le terre palestinesi in zona A (sotto controllo e amministrazione palestinese), zona B (a controllo israeliano ma con amministrazione palestinese) e zona C (a controllo e amministrazione israeliana).

Non mi pare così difficile da capire. Ed anzi, a voler fare i precisi, la mappa in questione è pure più generosa di aree colorate in verde di quanto dovrebbe, nel senso che annota come “Palestian Land” non solo i territori della zona A, ma anche quelli sottoposti alla zona B, che di fatto sono invece rimasti sotto il controllo dell’esercito israeliano.

PROVANDO A TIRARE LE SOMME

In conclusione, la critica di queste quattro cartine e del quadro storico che se ne deduce si basa sulla cattiva lettura di almeno due di esse. Tornando invece al principio della critica di Fontana, secondo cui il quadro disegnato da queste 4 mappe è falso in quanto vengono usati “criteri diversi e non pertinenti prendendo di volta in volta quelli più comodi alla causa dei pro-palestina”. Quello che mi chiedo è quali sarebbero duvuti essere i criteri pertinenti secondo la critica.

Facendo una estrema sintesi di quanto già detto: la mappa 1 disegna la distribuzione delle terre in un epoca nella quele nessuno dei due contendenti aveva un Stato, la mappa 2 la proposta del 1947, la mappa 3 la realtà del territorio dopo le annessioni di israele a seguito della guerra, la mappa 4 la realtà modificata dopo il ’93, con la generosità di indorare pure un po’ la pillola facendo finta che la zona B sia realmente – come dovrebbe essere – sotto controllo dell’Anp. Mi sembra che possano essere considerati i criteri più pertinenti per descrivere l’evoluzione del territorio palestinese. Possiamo passare a parlare di altro ora?



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