Origini italiane dell’oppio?

Nel corso delle mie ricerche di archeologia delle droghe, volte all’individuazione delle date più antiche del rapporto umano, ma a volte ominide, delle svariate fonti psicoattive, mi ha dato non poco filo da torcere il papavero da oppio, e la responsabilità non è tanto della pianta quanto degli archeologi. In effetti, a ben pensare, sono sempre gli umani a darmi dei problemi e dei grattacapi nei miei studi, e non tanto le droghe, con le quali sono solito trovarmi abbastanza in sintonia (scientificamente parlando).
La gente comune, quella che non ha la minima cultura sulle droghe, ha ancora oggi la vaga idea di un’origine orientale dell’oppio. «Colpa dei cinesi» potrà pensare qualcuno più erudito, ricordandosi delle guerre dell’oppio fra Cina e Inghilterra, o perché è luogo comune l’associazione fra la Cina e l’oppio. Ma già dalla metà del XIX secolo si iniziò a comprendere che l’origine dell’oppio era più vicina della Cina, più occidentale che orientale.
Il tutto partì dal biennio 1853-1854, che vide una siccità insolita in tutto l’arco alpino, al punto da far abbassare il livello dei laghi alpini come mai era accaduto nel corso degli ultimi secoli. Fu così che un po’ ovunque da questi laghi affiorarono dei pali conficcati verticalmente e fu in tal modo scoperta la cultura delle palafitte, gente del neolitico che costruiva le sue capanne sui bordi dei laghi. La concentrazione più elevata di questi villaggi palafitticoli fu ritrovata in Svizzera, e negli scavi che furono eseguiti vennero sorprendentemente alla luce numerose capsule di papavero da oppio, con datazioni di oltre 6000 anni fa. Con siffatte date l’ipotesi orientale dell’origine dell’oppio perdette definitivamente credibilità.
In seguito si comprese che il Papaver somniferum, il vero papavero da oppio, era stato creato dall’uomo attraverso l’opera di selezione da una specie selvatica, individuata nel Papaver setigerum. Questa specie è diffusa unicamente nell’Europa occidentale, per cui il luogo d’origine del somniferum deve essere ricercato in quest’area geografica. Semi e capsule di papavero da oppio iniziarono ad affiorare in numerosi scavi archeologi spagnoli, francesi, italiani, tedeschi, ecc., e le date più antiche riportavano alla fase del neolitico arcaico avanzato, 8000-6000 anni fa per intenderci.
Una scoperta affascinante, quasi commovente, fu fatta in una grotta dell’Andalusia, la Cueva de los Murcielagos, che era stata usata come luogo di sepoltura circa 6000 anni fa. Le condizioni climatiche secche della grotta resero possibile la conservazione dei reperti solitamente deperibili – stoffe, vegetali, ecc. – e addirittura la mummificazione naturale dei cadaveri. In una delle sale della grotta una dozzina di corpi era stata disposta in semicircolo, appoggiati contro il muro, e al centro del circolo stava il corpo di una donna, forse una sciamana. Accanto a ciascun corpo v’era un cesto che conteneva una capsula di papavero da oppio.
Osservando quanto dicono gli archeologi, mi sono imbattuto in una serie quasi comica di affermazioni: gli archeologi spagnoli dicono «è da noi» che fu creato il papavero da oppio, gli archeologi svizzeri, che furono i primi a scoprire le capsule palafitticole, ovviamente dicono «no, è da noi»; quelli tedeschi dicono «è in Germania»; e addirittura un archeologo francese – questo alquanto improponibile, ma diamogli del visionario che se lo merita – ha detto «è in Francia, nell’area di Nizza, che fu creato il papavero da oppio», e non poteva mancare l’archeologo italiano a dire «è da noi», in Italia. È buffo incontrare questo comportamento “rivale” fra gli archeologi, che parrebbero voler soddisfare orgogli nazionalistici a discapito dell’ortodosso tabù delle droghe che è solito pervadere i vari ambiti della cultura occidentale, e che porta generalmente a cercare di sbolognare il problema e la “vergogna della droga” su altre sponde.
Non rimaneva quindi che armarmi di oppiacea pazienza e lisergico spirito critico, bypassare le dicerie archeologiche e cimentarmi in un lavoro di ricerca a cui fortunatamente sono abituato, andando alle fonti primarie, cioè recuperando i rapporti originali degli scavi eseguiti nelle varie nazioni, analizzarli uno per uno nelle diverse lingue, controllare i contesti stratigrafici, le datazioni al C-14, ecc., e tutto ciò per oltre 70 scavi archeologici, di cui una buona parte erano datati al XIX secolo. Dopo quasi 4 mesi di sudore cerebrale sono riuscito a risolvere il puzzle, stendendo una mappa affidabile delle date più antiche, quelle neolitiche, dei reperti materiali inerenti il papavero da oppio, e come risultato è venuto fuori che le date più antiche si trovano in Italia. Già, sembrano essere stati gli “italiani” di 7500 anni fa che abitavano attorno al lago di Bracciano, nel Lazio, a creare l’oppio, cimentandosi nell’opera di selezione del Papaver setigerum sino a ottenere il Papaver somniferum. La datazione più antica riporta al 5500 a.C. e sono stati trovati campioni di papavero di forme intermedie fra il setigerum e il somniferum, facendo ciò ritenere che sia questa l’area originale di coltivazione e selezione del papavero. Sarà questo il motivo per cui la papagna, come viene chiamato popolarmente il papavero da oppio in sud Italia, è tutt’ora così comune come pianta selvatica in Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia; anzi, l’Italia meridionale è l’area nel mondo a maggiore diffusione della pianta selvatica del papavero da oppio.

Sempre dalla mappa geografica-cronologica che ho elaborato si evidenzia una notevole velocità di diffusione dell’oppio in giro per l’Europa, soprattutto se si considera che a quei tempi tutti andavano rigorosamente a piedi, e ciò rispecchia il principio antropologico in base al quale, nelle varie migrazioni umanoidi, i primi elementi a diffondersi sono sempre le idee e le droghe, ancor prima delle masse umane. L’imbarazzo sorge dal fatto che, dopo aver deriso i diversi archeologi per il loro orgoglio nazionalistico, da studioso italiano mi ritrovo ora a dire «no guardate, vi siete sbagliati, è nel mio paese, l’Italia, che origina il papavero da oppio». Eppure è così, e non sono afflitto da orgoglio nazionalistico, per me poteva risultare la Spagna, la Svizzera o la Luna, come luogo d’origine dell’oppio, che quasi avrei preferito.