Negli USA Big Pharma risarcirà le comunità native per la crisi da oppioidi
Johnson & Johnson e i tre maggiori distributori di farmaci negli USA pagheranno 590 milioni di dollari alle tribù di nativi americani. Le stesse compagnie stanno portando avanti un altro accordo con vari governi locali per un risarcimento record di 26 miliardi di dollari
In una mossa di rilevanza potenzialmente storica, la casa farmaceutica Johnson & Johnson e i tre maggiori distributori di farmaci negli USA Cardinal Health, AmerisourceBergen e McKesson si sono accordati per pagare 590 milioni di dollari alle tribù di nativi americani, da anni principali vittime del crescente consumo di oppioidi che ha interessato il Paese.
La decisione è arrivata dopo mesi di pressioni da parte di comunità indigene, governi locali e Stati federali, già da diverso tempo convinti della responsabilità delle quattro multinazionali.
Secondo le oltre 3300 cause presentate, J&J e gli altri tre distributori avrebbero, infatti, alimentato l’emergenza affidandosi a un sistema di controlli fallace concretizzatosi nella vendita di antidolorifici a base di oppiacei tramite canali illegali.
L’accordo raggiunto – che rappresenta una parte minima di un settlement da 26 miliardi di dollari raggiunto con tribù, governi locali e Stati Federali – prevede il pagamento di 150 milioni di dollari da parte di J&J nel corso di due anni e di 440 milioni divisi tra le altre tre società nell’arco di sette anni.
“La popolazione dei nativi americani ha subito alcune delle peggiori conseguenze provocate dall’epidemia di oppioidi, più di qualsiasi altra popolazione negli Stati Uniti, imponendo gravi oneri finanziari ai governi tribali per coprire l’aumento della spesa per assistenza sanitaria, servizi sociali, assistenza all’infanzia, forze dell’ordine e altri servizi governativi” hanno affermato gli avvocati delle oltre 400 tribù di nativi rappresentate in giudizio.
Secondo i dati raccolti dal Center for Disease Control and Prevention, infatti, tra il 1999 e il 2015, i nativi americani, pur rappresentando solo il 2% della popolazione statunitense, presentavano il più alto tasso di mortalità da overdose da oppioidi, quasi tre volte superiore al resto della popolazione.
Nonostante il nuovo accordo, la battaglia non è però ancora giunta al termine. Il recente settlement non rappresenta infatti la conclusione delle cause portate avanti dalle 574 tribù di nativi americani riconosciute a livello federale e da diversi villaggi di nativi dell’Alaska.
Le quattro società poi, fin dall’inizio irremovibili sulla propria innocenza, non sembrano propense ad ammettere la propria responsabilità per i picchi di overdose tra gli indigeni, preannunciando il continuo di una battaglia legale che potrebbe protrarsi ancora per anni.
La direzione imboccata dal sistema giudiziario statunitense è però quella giusta. Dei 590 milioni ottenuti tramite l’accordo, l’85% sarà destinato alla riabilitazione dei soggetti tossicodipendenti e a servizi connessi e diverse tribù saranno finalmente in grado di sviluppare veri e propri centri di cura.
“Con questo accordo non possiamo ancora risolvere la crisi da oppiacei” ha affermato a Reuters Steven Skikos, avvocato delle comunità native, “Ma stiamo facendo guadagnare alle tribù risorse fondamentali per avviare una discussione sulla crisi”.