Obama, yes they can
Lo scenario geopolitico internazionale che stiamo vivendo traduce e fotografa sia l’enorme malcontento delle popolazioni ormai sempre più sotto la soglia della povertà o distrutte da conflitti interni, religiosi ed etnici, ma soprattutto le grandissimi contraddizioni di cui sono soggetti gli uomini politici tutti. Tremonti che strizza l’occhio alla sinistra promettendo “posti fissi“, un Fini trasformato in una specie di Bertinotti, il premier di uno stato democratico che strizza l’occhio a dittatori come Putin e Lukashenko. In particolar modo il neoeletto presidente degli stati uniti Barak Obama. Dopo le fallimentari se non disastrose politiche guerrafondaie del cowboy texano il neo eletto Obama si ritrova una pesantissima eredità che ha fatto sprofondare la maggior super potenza mondiale nell’oblio, ma soprattutto è costretto a sobbarcarsi delle aspettative di quasi tutto il pianeta per il tanto agognato e sperato“cambiamento”.
Per quanto riguarda la nostra causa-cultura cannabica nulla da dire visto che gli auspici non sono di poco conto, dato che Obama sposa la causa della marijuana a fini terapeutici. Quattordici dei cinquanta stati americani ne autorizzano già la coltivazione e lo smercio come farmaco, ma sotto il presidente Bush le autorità federali potevano impedirlo, gli arresti e le incriminazioni erano frequenti. Sotto Obama non potranno più, i coltivatori e commercianti di “marijuana medica”, come vengono chiamati, saranno liberi di svolgere la loro attività. Quindi possiamo dire che se il proibizionismo è nato in America, potremmo sperare che dall’America finisca… Infatti un recente sondaggio realizzato in California rivela per la prima volta che la maggioranza degli elettori di quello stato è favorevole alla legalizzazione. Persino il governatore Schwarzenegger ha dovuto ammorbidire la sua posizione, un tempo rigida in merito. Appena insignito della carica, Obama, il primo presidente afro–americano, ha portato un vero e proprio vento di speranza nelle società occidentali, caricandosi di una responsabilità pesantissima.
La domanda è: come può un solo essere umano salvare le sorti di un pianeta dilaniato dalle guerre dalle ingiustizie sociali, dalla povertà, dalla fame? Chi conosce o si informa della politica sa che questo mestiere espletata una serie di espedienti non proprio trasparenti per poter accontentare l’una o l’altra corrente politica e per soddisfare i bisogni della gente; un gioco fatto di menzogne e mezze verità, opportunismi, spartizioni, promesse non mantenute e volta faccia, quando la corrente politica tira in una direzione piuttosto che in un’altra.
In tutto questo scenario anche il “nostro” Obama, il salvatore, l’uomo del cambiamento sembra cadere in profonda contraddizione con sé stesso, ma soprattutto con le politiche che aveva promesso alla gente. Abbiamo assistito qualche mese fa all’assegnazione del premio nobel per la pace forse più discusso e più frettoloso di tutti i tempi con cui è stato insignito il presidente degli stati uniti. Tutti noi ci siamo chiesti come può essere premiato Obama per azioni che ancora deve compiere? Cosa ha fatto per la pace costui? È abbastanza intuibile che la consegna del nobel non sia arrivata per ciò che ha fatto ma per l’auspicio e l’incoraggiamento di quello che potrebbe fare in futuro per i conflitti che dilaniano mezzo mondo. E fin qui possiamo starci. Infatti sono noti gli sforzi di Obama, fin qui praticati sul disarmo nucleare e il dialogo fra gli stati medio orientali in guerra. Tuttavia il discorso fatto ad Oslo durante l’assegnazione, fa emergere una paradossale contraddizione tra il premio assegnatogli ed il discorso pronunciato in quella sede, preludio, ironia della sorte, di un rafforzamento della macchina bellica per oltre 30000 uomini mandati a combattere sul fronte Afgano di cui 2500 nostri connazionali. Cito : «La guerra è nata con la storia dell’uomo. È giustificata solo come ultima spiaggia, per autodifesa, se la forza impiegata è proporzionale e se – laddove è possibile – vengono risparmiati i civili. Per gran parte della storia il concetto di “guerra giusta” non è stato osservato». Se forse il concetto di guerra giusta ci sfugge, non di certo quello di coerenza verso un concetto di pace che non può soprassedere ed accettare nessuna “giusta guerra”.
Ci appaiono abbastanza chiare le motivazioni di questo gesto contraddittorio e cioè: Mercé una riforma sanitaria assolutamente necessaria per la situazione gravosa dei 6 milioni di americani senza la possibilità di curarsi, il povero signor Obama si è visto dover accontentare i riottosi repubblicani guerrafondai con azioni di guerra che soddisferebbero il loro stile….
Personalmente nonostante la contraddizione non mi sento di condannarlo se davvero 6 milioni di americani fossero curati con diritti pari alle società europee. Questa che ci piaccia o no si chiama politica…
Yes they can…