Nuovo emendamento canapa industriale: pro o contro lo sviluppo della filiera in Italia?
Sempre di moda la vecchia battuta: in merito alla legalizzazione, in Italia non si muove foglia.
Eppure l’attuale maggioranza in Parlamento dice (timidamente) di essere favorevole, ma di calendarizzare l’argomento non si sente parlare.
E mentre Salvini tuona i suoi “NO alla droga“, a muovere le acque il solito M5S a cui riconosciamo l’impegno, ma che sembra privo della capacità di cambiare realmente la situazione “Cannabis”, nonostante sia sempre stato un loro “cavallo di battaglia” nella raccolta voti.
Questa volta, per portare la cannabis in Parlamento, è stato presentato l’emendamento AS1586, che ha come primi firmatari il Sen. Francesco Mollame Segretario della 9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare), e il Sen. Matteo Mantero autore dell’ultima legge pro-legalizzazione, depositata in parlamento.
Tale atto si inserisce ufficialmente all’interno della manovra finanziaria, che però esclude qualsiasi norma non connessa ad esigenze economiche, che sono oggi la nuova priorità, soprattutto a seguito dei danni provocati dalle calamità naturali, conseguenza dell’eccessivo sfruttamento dei suoli e dell’inquinamento.
Ma, inserendo appunto un emendamento che prevede l’applicazione di accise sulla biomassa di canapa, forse nella finanziaria si parlerà di questa benedetta pianta e del maledetto giro di denaro che attualmente finisce diviso tra le narcomafie (che ottengono i maggior profitti), e le aziende autorizzare a produrre per noi (cannabis terapeutica) all’estero.
Questa la speranza di molti; ma in realtà l’emendamento specifica che si tratta di applicare un imposta, seppur piccola,
– “al fabbricante per i prodotti ottenuti nel territorio nazionale”, (Art.62-quinquies Lett. B n° 1)
e
– “al soggetto che effettua la prima immissione in consumo per i PRODOTTI PROVENIENTI DA PAESI DELL’UE” (Art.62-quinquies Lett. B n° 2).
Ciò scoraggia di fatto ulteriormente la produzione in Italia, facilitando ancor di più l’importazione da Paesi meno proibizionisti del nostro. Ci troveremo a competere con nazioni le cui accise incidono nulla rispetto a quelle vigenti in Italia e, dato che nessuna specifica viene dettata in merito agli standard di produzione, magari l’anno prossimo consumeremo CBD made in Cina, commercializzato attraverso “la via della seta”.
Grazie al punto 3 – Lettera C del suddetto Articolo di Legge, (che impone l’imposta anche su prodotti che risultano mancanti alle verifiche e per i quali non è possibile accertare), possiamo presupporre che lo Stato riconosce legali le infiorescenze, gli olii e qualsiasi altro prodotto al CBD (o forse siamo nuovamente in presenza di un vuoto normativo).
L’imposta pagata sui fiori e derivati diventa prova della loro legalità.
Ma questo non garantirà nessuno sviluppo delle aziende italiane, che già lamentano un esubero di prodotto sul mercato.
Sicuramente invece questo emendamento attirerebbe imprenditori esteri interessati a vendere sul mercato italiano che, di fatto, diverrebbe il primo che legalizza la vendita di cannabis con THC sotto lo 0,5%, semplicemente imponendo una piccola tassa.
ATTENZIONE, per chi vorrà produrre cannabis in Italia, sarà importante attenersi ai punti d ed e, sempre dell’Art. 62-quinquies, del suddetto emendamento.
Il punto d prevede che i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta (i produttori), debbano essere muniti di una licenza fiscale, che li identifichi, rilasciata dal competente Ufficio dell’Agenzia delle Dogane. Gli stessi soggetti sono tenuti al pagamento di un diritto annuale nella misura di euro 258,00.
Alla lettera e, viene spiegato che l’imposta dovuta viene determinata sulla base dei dati e degli elementi richiesti dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, che devono essere indicati nelle dichiarazioni ai fini dell’accertamento.
Se passasse l’emendamento ci sarebbe dunque il Monopolio di Stato sulla cannabis light, mentre svaniscono i sogni di chi vorrebbe produrre in Italia cannabis terapeutica che ormai importiamo quasi completamente dall’estero, e soprattutto di chi pretende il diritto all’autoproduzione.
Da sottolineare che l’articolo 81-Bis, regolamenta esclusivamente la “biomassa”; ed esclude il commercio di seme, fibra e canapulo.
Quindi è un emendamento specifico per i fiori ed i diretti derivati; ma qual è il vero motivo?
Sicuramente il fine non è quello di salvaguardare la salute del cittadino, ma di “far cassa” senza realmente voler regolamentare la sostanza illegale più usata nel mondo.
La nostra classe politica si ostina a perseverare in politiche proibizioniste evidentemente fallimentari, e che derivano da una legge nata nel 1990, prima di tutte quelle che oggi regolamentano sia l’uso di cannabis terapeutica che le produzioni industriali.
Tale legge, la 309/90, viene ancora giustificata dalla “lotta al consumo e allo spaccio di droga”, persa già 30 anni fa.
Eppure qualcuno continua a voler giocare la partita effettuando sempre le stesse identiche mosse, contro un avversario che, a volte, sembra intimo amico di questo “Stato”.
NB: riportiamo 3 righe estrapolate dalla pagina 118 dell’emendamento.
“2. All’articolo 2 della legge 2 dicembre 2016 n. 242, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo la lettera a) è inserita la seguente: “a-bis) preparati contenenti cannabidiolo (CBD), nel rispetto del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309.”;”
Ma il testo unico della 309/90 non ha mai parlato di (CBD) Cannabidiolo!
Anche questa iniziativa dunque, sembra tanto l’ennesima “toppa” che non risolve nulla e anzi, rischia di far più danni che altro.