Nuovo (dis)Ordine Mondiale
L’ordine mondiale geopolitico non funziona più e nuovi equilibri globali si stanno ridefinendo
L’ordine mondiale geopolitico regolato dal Washington Consensus, l’equilibrio internazionale figlio della Seconda guerra mondiale, è finito. L’ordine mondiale dei commerci non funziona più. Da qualsiasi punto si guardi la faccenda globale, gli USA stanno perdendo il loro ruolo di capo del mondo. Nuovi Stati chiedono voce in capitolo e reclamano potere. Pretendono istituzioni internazionali meno orientate verso gli Stati Uniti e i privilegi occidentali, esigono la fine del dominio del dollaro, reclamano ruoli guida ai tavoli in cui si decidono le politiche globali. Le crisi non sono la fine di tutto, sono momenti necessari di rottura per arrivare a un nuovo ordine, dopo una fase di caos.
Oggi siamo nel momento del disordine e dalla Cina e da numerosi Paesi in via di sviluppo, i famosi BRICS (Brasile, Russia, India e Sud Africa), che arriva la richiesta di un nuovo ordine internazionale. L’attacco militare da parte della Russia verso l’Ucraina e l’impossibilità di operare da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, a causa del veto imposto da Mosca, hanno rimesso sul tavolo la questione di una necessaria riforma del sistema delle Nazioni Unite. Unione Europea e USA si sono impegnate nel lancio di numerosi pacchetti di sanzioni economiche contro la Russia, che hanno finito per ricadere sugli interscambi commerciali tra Mosca e varie altre economie ad essa connesse, in primis quelle dei BRICS. Questi, al contrario, non erano propensi a tali forme sanzionatorie che stanno cercando di sostituire.
BRICS CONTRO G7
A soli quattordici anni dal loro primo summit i BRICS rappresentano il 42% della popolazione mondiale e un quarto dell’economia globale. Sono Stati che poco hanno in comune, ad unirli è il desiderio di cambiare un ordine internazionale sfavorevole ai loro interessi.
Gli equilibri globali si stanno ridefinendo e in molti parlano di un ritorno a conflitti taciti e meno taciti, a multipolarismi e sfere d’influenza. È la fine del mondo unipolare basato sul potere americano. Lo scontro tra USA e Russia è esplicitato nella guerra in Ucraina, con il suo carico di conseguenze e implicazioni geopolitiche ed economiche. La guerra tra USA e Cina è più sottile oggi: commerciale sui chip e le materie prime e forse, un domani, militare per Taiwan. Il presidente cinese Xi Jinping non nasconde la sua ambizione di guidare la riforma del sistema di governance globale, modificando le istituzioni e le regole internazionali verso standard che riflettano gli interessi della Repubblica popolare. Ma non tutti sono d’accordo e all’interno degli stessi BRICS le visioni non sono le stesse. Gli interessi sono in contrapposizione: non si passerà dal Washington Consensus al Beijing Consensus facilmente come spera la Cina.
La prospettiva più realistica è un periodo di disordine globale in cui il mondo si confermerà diviso in sfere d’influenza e alleanze strategiche nel tentativo di creare un nuovo equilibrio. Il modello di sviluppo non è in discussione, non c’è un altro sistema economico o politico che sfidi quello dominante. Per quanto gli USA utilizzino la retorica di scontro tra democrazie e autocrazie, la verità è che in ballo c’è puro potere economico e politico: nuovi Stati che pretendono la loro fetta di ricchezza e vecchi Stati che cercano di mantenere i loro privilegi.
DALLA GUERRA FREDDA ALL’UNIPOLARISMO, FINO AL CAOS
Gli equilibri internazionali nascono e si rompono tendenzialmente nel conflitto. La guerra è uno degli unici strumenti che gli Stati comprendono e accettano. Per Carl Schmitt, i conflitti si dividono in due categorie: quelli decostruenti e quelli costituenti. La Prima Guerra Mondiale si iscrive alla prima categoria: i due imperi allora egemoni ma già in declino, quello Austro-Ungarico e Ottomano, si infransero con la sua fine. Ne seguì un periodo di grande instabilità fino arrivare alla Seconda Guerra Mondiale. Una guerra costituente, che ha visto scontrarsi ideologie e sistemi economici diversi, dai cui massacri è nato l’ordine geopolitico ed economico che conosciamo oggi. Da lì arrivano le istituzioni sovranazionali che conosciamo.
Gli accordi di Bretton Woods e le regole monetarie internazionali, con la creazione del FMI e la Banca Mondiale. L’egemonia del dollaro. La nascita dell’ONU nel 1945, l’organizzazione intergovernativa più grande e riconosciuta a livello internazionale. Il Patto di Varsavia (1947) e la costruzione della NATO (1949). La creazione dell’Unione Europea con il Trattato di Roma del 1957. Sono queste le istituzioni che hanno più o meno stabilizzato il periodo successivo, quello della Guerra Fredda.
Due superpotenze, infatti, si contestavano l’egemonia: URSS e USA, due blocchi che si sono affrontati per procura e attraverso altri conflitti regionali per anni. Siamo nell’epoca del sistema bipolare, con due soggetti internazionali principali ma affiancati da numerosi altri Stati satellite. Con il crollo dell’URSS inizia l’era dell’unipolarismo americano, caratterizzato da un forte slancio per il liberalismo finanziario e una volontà di svuotare di potere le organizzazioni condivise di carattere multilaterale, come l’ONU. Gli USA divennero, per un decennio, l’unica superpotenza che assommava in sé il potere economico, militare e politico circondata da un certo numero di Stati satelliti che lo appoggiavano e si riconoscevano nel pensiero neo-conservatore liberista. Ma la guida unica senza nemici non è facile, ed un’esigenza fu quella di iniziare una serie di conflitti costituenti, per cercare di normare attorno alle idee incarnate dal nuovo ordine mondiale, sostituendo la demonizzazione dell’islam a quella del comunismo.
Gli USA stanno cercando di guadagnarci il massimo profitto in termini politici – ed economici – possibile. Nel 2022 gli investimenti militari mondiali sono schizzati alle stelle, fino a raggiungere un nuovo record. E così si aiuta anche il rilancio dell’economia americana attraverso il sostegno al complesso militare. Ma anche la sottomissione militare, economica e politica dell’Europa, il contenimento delle politiche di espansione della Cina e delle altre nazioni non allineate e, forse, l’instabilità politica della Russia con la possibilità della caduta di Putin e dell’arrivo al potere di un leader più incline agli interessi americani. Forse sono questi gli obiettivi che gli Usa cercano di raggiungere con il conflitto ucraino.
IMMAGINARE UN MONDO REALMENTE NUOVO
Il mondo è interconnesso. La globalizzazione ha portato a unire catene di valore, produzione e commercio in tutto il globo. In questo sistema economico neoliberale, molti Stati non possono più agire da soli: non avrebbero la possibilità di sopravvivere.
La guerra in Ucraina, per esempio, ha dimostrato quanto l’Europa fosse dipendente dall’importazione di gas e petrolio dalla Russia, mentre la fase pandemica aveva reso evidente quanto l’Occidente dipendesse dalla Cina nell’importazione di molti beni, anche sanitari. Su alcuni beni, invece, le tensioni sono inevitabili, connesse direttamente allo sviluppo economico e industriale di tutte le nazioni: parliamo innanzitutto delle materie prime necessarie per la tecnologia e la transizione energetica, le cosiddette terre rare. Ora si parla di de-globalizzazione, ritorno ai nazionalismi, chiusura tra sfere di influenza e futuri scenari di guerra.
Nel frattempo i Paesi emergenti guidati dalla Cina hanno lanciato la sfida. Ma sarebbe troppo ottimistico credere che una ridefinizione degli equilibri globali possa significare automaticamente un cambio di paradigma. Il multipolarismo non è altro che una forma di potere basata sulla lotta per l’egemonia di più poli: non più un singolo capobranco, ma più soggetti forti in lotta per la spartizione del potere. Quello da costruire sarebbe invece un mondo basato su meccanismi di gestione politica globale basati sugli interessi della maggioranza dei cittadini del globo. Un multilateralismo che non è di moda oggi, ma non è nemmeno morto. Forse va reinventato, ricostruito e rimpolpato di significato e legittimità. Ma ovviamente questa non è una priorità di nessuno.
Nel sistema di mercato neoliberale a governare, in fondo, rimane il mercato. Scontri tra gruppi economici per il controllo di segmenti di ricchezza: gli Stati rispondono, rappresentano e agiscono anche per loro conto. Finché l’architettura capitalista del sistema non verrà messa in discussione, e con essa anche l’organizzazione statale e gerarchica del mondo, il ciclo di guerre costituenti e destituenti, di crisi ed equilibri rotti e ristabiliti, continuerà a ripetersi all’infinito.
di Monica Cillerai
redattrice de L’Indipendente.online