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"Non erano fiori", semplicemente Coez…

Coez, classe 1983, componente del collettivo romano Brokenspeakers, affermatosi negli ultimi anni grazie all’attitude profondamente old school, è pronto per il suo primo disco solista “Non erano fiori”. Il disco sarà fuori a giugno ed è prodotto da Riccardo Sinigallia per la Carosello Records. Un lavoro equilibrato che evidenzia in pieno l’evoluzione musicale dell’artista con melodie difficilmente classificabili in unico genere.

 

"Non erano fiori", semplicemente Coez...Partiamo dal tuo nuovo album, Non erano fiori, innanzitutto vorrei chiederti come mai hai scelto questo titolo.
Ascoltando il disco mi sono reso conto che il 90% dei pezzi parlavano d’amore, non le considero però tutte canzoni d’amore, ma brani che parlano di rapporti finiti, in alcuni casi di solitudine e uno dei sentimenti prevalenti è la malinconia. “Non erano fiori” in questo caso sta per “non é andata bene”, “è finita male”. Sono canzoni che nascondono dentro molto altro oltre all’amore, non sono solo “fiori”, ma nascosto nei fiori c’è qualcosa che solo sentendo il disco si può percepire.

Hangover è il singolo estratto dall’album, a pochi giorni dall’uscita ha già migliaia di visualizzazioni. “Chi mi vuole più pop chi mi vuole più rap, C’è chi mi augura un flop…” dopo questo album come ti definiresti?
Partiamo dal presupposto che preferirei non definirmi in generale… la cosa che mi piace di questo album è che non ha una collocazione fra i generi. In vari episodi del disco ci sono delle “citazioni” di alcuni generi, ma sono state messe a servizio della nostra musica e non il contrario. Il top per me sarebbe essere definito solamente Coez.

Il tuo singolo “Invece no” prodotto da Sine, è la traccia che segna maggiormente la tua evoluzione musicale, come è maturato in te questo cambiamento e come è stato cimentarti in melodie differenti per la prima volta?
Quando ho scritto “E invece no” venivo da un anno di blocco totale, non riuscivo a scrivere nulla, ma non perché non avessi niente da dire, sbagliavo il mezzo, il “fondale” che avevo sempre usato non mi stimolava più. Ero alla ricerca di qualcosa, ma senza capire bene cosa fosse. Un giorno telefonai a Sine che era a casa a produrre e in sottofondo ho sentito quel loop e gli ho chiesto che cosa fosse e lui mi rispose: “Boh una cosa che stavo facendo, ora la butto!”. Sono totalmente impazzito per quel giro di basso che accennava un wobble dubstep e sono andato a casa sua per sentire un po’ del materiale che aveva, ho preso il loop di “E invece no” e sono tornato a casa a scrivere. Il beat mi piaceva non c’erano dubbi, ma non sapevo come andarci sopra, sono stato chiuso dentro casa 2 giorni a provare, a scrivere, ma niente non c’era verso. La terza mattina mi sono svegliato e sono andato a correre. Ormai avevo immagazzinato il giro di accordi e mi era rimasto in testa, mentre correvo mi sono venute le parole della prima strofa e sono tornato a casa a scrivere. Per finire quel pezzo ho dovuto scrivere un sacco perché mi usciva sempre qualcosa di più rappato, ma in un mesetto sono riuscito a tirare fuori un risultato che è ottimo ancora oggi.

La collaborazione con Riccardo Sinigallia nasce grazie a Carosello records, lui è un produttore che non si occupa di rap (anche se ha prodotto frankie HI-Nrg), è stato difficile approcciarsi ad un produttore che tratta generi diversi?
Non molto, la cosa difficile è stato proprio accettare quello che mi stava uscendo da dentro, a volte ho portato dei pezzi in studio che non mi sarei mai sognato di fare e Riccardo è stato un’ottima guida. Più mi mettevo a nudo nei pezzi e più lui li apprezzava. Nel mio disco ha cercato di “smussare” l’atteggiamento da duro o autoreferenziale che hanno praticamente tutti gli artisti che fanno rap, ma l’incontro con Riccardo è avvenuto nel momento giusto ed è stato tutto abbastanza naturale.

Nei tuo brani l’alcol sembra essere un luogo comune, come mai scegli spesso questo tema?
Non parlo mai dell’alcol in maniera veramente positiva, c’è sempre un filo di cinismo quando tratto l’argomento, ad esempio “E invece no” è una canzone sulla dipendenza mascherata da inno all’alcool.

"Non erano fiori", semplicemente Coez...Quali sono i dischi che hanno contribuito alla creazione di “Non erano fiori”?
Non ho preso dischi di riferimento, è un po’ il sunto di tutto quello che ho sentito in questi ultimi anni, unito alla mia “dimestichezza” con le parole, cosa che chiaramente deriva da 10 anni di rap. Per quello che riguarda le produzioni, credo valga lo stesso. Riccardo non prende spunti da niente, se non dalla sua esperienza di anni e anni di musica, sente il giro di accordi e comincia a prendere in mano strumenti vari, finché non esce qualcosa che lo fa vibrare, e a quel punto registra. Vive la musica in maniera molto emotiva, questo è quello che mi è arrivato in un anno di studio con lui.

Sei partito dal writing a 13 anni, lo pratichi ancora? Che pezzi ti piaceva fare in particolare e su che supporti?
Devo dire che ogni tanto lo faccio ancora ma solo sui “muri legali”. Un tempo avevo voglia di far leggere il mio nome ovunque, mi hanno rincorso più di una volta. Non ero un impavido, avevo spesso paura, solo che era talmente tanta la voglia che alla fine superavo qualsiasi ostacolo. E’ un parallelo che ritrovo anche nella mia musica: sono tante le difficoltà le paure e le ansie, ma se si è spinti da un’energia positiva si può fare tutto.

"Non erano fiori", semplicemente Coez...A conti fatti è da 10 anni che sei nella scena Hip Hop… come la vedi a distanza di tempo?
Non mi sono mai considerato un tassello della scena hip hop, ho sempre fatto i miei dischi con Brokenspeakers. Mi sono accorto che più scrivo canzoni serie, più i miei coetanei apprezzano, ma allo stesso tempo la mia musica arriva anche ai giovanissimi. La differenza sostanziale è che ora il sound si è deformato molto rispetto al passato, forse perché è giusto proporre qualcosa di nuovo di anno in anno, e forse perché qualcuno ha calcato un po’ la mano per portare il genere a tutti. È un momento molto positivo per il rap e quando questo momento passerà, il rap più “figo” rimarrà.

L’album è di 10 tracce e non è presente nessuna collaborazione, come mai questa scelta?
E’ un disco molto personale, era troppo intimo per dare spazio ad altri artisti.

Progetti futuri con i Brokenspeakers?
Sto lavorando proprio in questi giorni al disco di Lucci, l’idea di un altro album del crew al completo per ora non è in programma.

Il nuovo album uscirà in estate, più precisamente? Dacci qualche anticipazione?
Date precise non ne ho, comunque i primi di giugno sarà fuori.

Il tuo pubblico è sempre più ampio, non senti una qualche responsabilità nei messaggi che dai con le tue canzoni?
Penso di essere un bravo ragazzo in fin dei conti, e questo traspare dalle mie canzoni. I miei messaggi non sono negativi e anche se qualcuno fraintendesse una mia canzone, non mi sentirei troppo responsabile. Da piccolo quando mi giustificavo perché avevo fatto un casino dicendo che non lo avevo fatto da solo ma ero in compagnia di qualcuno, mia madre mi diceva: “se il tuo amico salta giù dal ponte tu gli vai appresso?”. Ognuno è responsabile delle proprie azioni.

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a cura di Acirne & Matteo Gracis



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