Cosa si cela nei nomi degli strain
Perché tanti strain, venduti da seedbank differenti, hanno lo stesso nome ma appaiono così diversi tra loro?
La prima persona al mondo a dare a una particolare varietà un nome comune specifico come Critical Mass, Super Silver Haze o Blueberry, ha creato quella varietà utilizzando piante madri specifiche. È normale che il breeder abbia utilizzato una linea conosciuta per entrambi i tratti ancestrali del maschio e della femmina. Tutto è iniziato con una femmina selezionata accoppiata con un maschio selezionato per produrre i semi. Di solito i semi di questa progenie vengono fatti crescere e fiorire e viene selezionato un nuovo ibrido per ottenere una singola selezione femminile, o di entrambi i sessi, della stessa generazione di genotipi.
La riproduzione dei semi di un maschio e di una femmina della stessa generazione viene chiamato inbreeding (incrocio consanguineo) ed è un modo per stabilizzare un insieme di caratteristiche desiderate selezionate quando non si dispone delle piante madri originali. Molti breeder viaggiano in luoghi estremi per trovare varietà originali e poi fanno il loro lavoro in una growroom nella propria zona… così è stato per me, quando ho iniziato a fare breeding negli anni ’80.
L’IMPORTANZA DELLE ORIGINI GEOGRAFICHE
Ora la parte confusionaria viene dalle persone che acquistano questi semi e continuano a replicarli o li usano per produrre incroci selezionati in base ai tratti, e continuano a chiamare la varietà con il nome del seme acquistato in partenza, ad esempio Critical Mass. Tecnicamente, il seme utilizzato è geneticamente correlato al seme originale F1, ma non proviene dalla combinazione dei genitori originali! Quindi chiamarlo Critical Mass può essere utile per il marketing e permette al nuovo produttore di semi di associare il proprio seme ad una varietà ben nota, ma non è la stessa dell’originale. È un’interpretazione di quella varietà da parte di un’altra persona e ciò comporta piccole differenze basate sulla selezione di tratti di un individuo diverso. Dopo diversi incroci, la varietà può essere molto diversa rispetto a come appariva il seme originale F1, ma viene comunque chiamato Critical Mass da molti. Da qui nasce la grande confusione nel chiamare una varietà con un nome comune. Altre aziende continuano a utilizzare la descrizione originale delle varietà che hanno dato vita allo strain originale, anche quando fanno incroci per replicarla e produrre una nuova interpretazione del ceppo. Questa non è davvero una descrizione corretta per gli utenti finali, è più corretto indicare le origini geografiche e permettere ai nuovi coltivatori di rinominarla.
La stessa cosa accade per la produzione di semi femminizzati, tranne che non è necessario un vero maschio; basta qualche spruzzo di un prodotto chimico al momento opportuno per invertire la pianta femmina (XY) e impollinare una pianta femmina identica (XX). Questo è il principio di base della produzione di semi femminizzati. Tuttavia, ci sono diversi problemi intrinsechi nell’utilizzo di questo tipo di piante per il breeding. Il primo problema è l’aumento della probabilità di produrre una quantità molto bassa di polline maschile vitale per produrre molti semi. Il secondo problema è la possibilità di introdurre una genetica intersessuale poiché la combinazione di autosemina può aumentare le possibili combinazioni di anomalie. Infine, alcune varietà funzionano bene come semi femminizzati, mentre altre no, e non testare i semi della progenie prima di metterli in commercio, sarebbe scorretto e ingiusto per gli utenti finali.
BUONE PRATICHE DI BREEDING
Oggi vediamo molte aziende che citano varietà come Girl Scout Cookies x Gelato44, e anche se possono evocare un’immagine di ciò che un coltivatore pensa con questi nomi, in realtà c’è veramente poco da capire dalla citazione di questi nomi. Il modo migliore per capire qualcosa riguardo una varietà è risalire alla provenienza delle piante madri originali, in Paesi come l’Afghanistan, la Thailandia, l’India e così via. Ciò permette a un coltivatore o un breeder di comprendere un po’ di più le condizioni climatiche in cui la pianta originale è cresciuta e fornisce una base migliore per comprendere come replicarla in una growroom con un clima controllato, oltre a cosa aspettarsi da determinate origini.
Non c’è niente di meglio che viaggiare nei Paesi da cui provengono le varietà autoctone di cannabis e vedere le piante che crescono nelle condizioni in cui si sono evolute. Quindi selezionare un seme da queste linee originali e iniziare il percorso di breeding con origini e varietà ben note di persona, e non basandosi su ciò che dice un amico o qualcun altro.
Questo sforzo supplementare fa davvero la differenza per stabilire buone pratiche di breeding. Se si confrontano i semi degli anni ’80 e ’90 con quelli disponibili al giorno oggi, c’è molta incertezza genetica nei semi moderni, poiché la maggior parte delle persone inizia con poli-ibridi per poi incrociarli invertendo altri poli-ibridi con femmine selezionate dandogli un nuovo nome, implicando che si tratti di una nuova varietà, che in realtà non lo è. Come ho detto prima, ci vuole molta più attenzione ai dettagli e alla selezione dei tratti rispetto al semplice utilizzo del polline di una pianta femmina invertita per fecondare la stessa femmina e produrre semi. Questo forse è il motivo per cui la cannabis non è ancora riconosciuta correttamente dalla società botanica come lo sono, ad esempio, le vere razze come le rose.
IL CHEMIOTIPO DELLA PIANTA
La maggior parte delle varietà di cannabis può essere direttamente raggruppata in piante a foglia lunga equatoriali (sativa) e piante a foglia corta a circa 10° dall’equatore, o ancora varietà di climi più freddi (indica) come regola generale. Ciò che definisce una varietà di cannabis è probabilmente meglio riassunto dalla composizione chimica o chemiotipo della pianta piuttosto che dall’aspetto fisico o genetico. Il profilo di terpeni è un secondo livello di definizione e probabilmente il modo migliore per identificare l’identità reale di una pianta, poiché ogni pianta differisce nella composizione di terpeni e cannabioidi. Questi aspetti di una pianta determinano l’effetto che conosciamo. Pertanto, la forma (dimensione e aspetto) della pianta è in realtà irrilevante, se non per supportare l’aspetto del rendimento (peso) della coltivazione.
QUINDI, COSA C’È IN UN NOME?
In realtà, non molto! Man mano che questo settore progredisce e matura, possiamo notare che farmacisti e medici richiedono requisiti diversi, principalmente sotto forma di chemiotipo della pianta coltivata. Intendo dire che il requisito preliminare per vendere cannabis medica sta definendo le regole per tutta la cannabis in questo momento. Tutta la cannabis medica utilizzata deve superare tutti i test microbiologici che dimostrano che rientra nei limiti stabiliti per la tolleranza di composti chimici, come i principi attivi di pesticidi e insetticidi, metalli pesanti e noti agenti tossici agricoli. Questo è il primo passo per dimostrare che è adatta al consumo umano. Una volta superati questi test, è necessario un certificato di analisi (COA) per dimostrare quale concentrazione di cannabinoidi e terpeni è presente sul fiore. Di solito vengono testati da 8 a 10 cannabinoidi, e possibilmente, la stessa quantità di terpeni principali per dimostrare gli ingredienti basilari che compongono la pianta. Da questo certificato i medici e i farmacisti cercano di prevedere gli effetti chimici necessari per un paziente e la sua patologia. La maggior parte degli operatori sanitari dirà che sono necessari livelli di THC per i pazienti che necessitano di gestire del dolore, mentre livelli più alti di CBD potrebbero essere necessari per i pazienti che soffrono di problemi muscolari e tremori involontari, come la sclerosi multipla. Un medico inizierà a utilizzare un nome generico di una varietà solo una volta conosciuto il COA (certificate of analysis) e dopo aver ricevuto il feedback dei pazienti sull’uso di determinate varietà, fino ad allora un nome comune è solo un’etichetta ricreativa che proviene dal mercato nero. Questo causa molte imprecisioni, soprattutto se la comunità medica continuerà ad utilizzare un nome comune del mercato nero o ricreativo per descrivere i propri prodotti a base di cannabis.
La varietà reale andrebbe accompagnata da un documento di identità, o un certificato di analisi, che identifichi i principali costituenti chimici della pianta.
Se il mercato medico sta definendo la procedura effettiva di identificazione di una varietà utile per determinate malattie, come si correla l’uso della stessa pianta nel mercato ricreativo? L’evidenza aneddotica inizia la narrazione e gli studi scientifici supportano o meno i principi che stanno alla base della reale evidenza di una premessa.
Ciò significa che se si vuole essere sicuri di ciò che il medico o il dispensario offrono, il minimo che un cliente dovrebbe poter vedere è un profilo dei cannabinoidi e dei terpeni provenienti da un laboratorio affidabile. Dovreste sempre chiedere di vedere un rapporto di laboratorio indipendente, perché altrimenti è molto facile che il laboratorio interno di un’azienda modifichi i risultati causando un pregiudizio, e di solito lo fa per scopi di marketing. Quindi, attenzione!
Molti consumatori di cannabis che si avvicinano per la prima volta alla cannabis credono che il prodotto finale offerto sia simile ai prodotti disponibili per il consumo umano, come gli alimenti o i farmaci. Questo è il minimo che si aspettano tutti i consumatori di cannabis, ma purtroppo non è sempre la realtà. La verità è che fino a quando le procedure, concordate dalla maggioranza dei Paesi e dei Governi, non saranno inserite in un manuale standardizzato che definisca ciò che è considerato una buona pratica di fabbricazione (GMP, non solo per il mercato medico ma anche per quello ricreativo), le cose rimarranno come sono sempre state, confuse per tutti.
Per allineare la cannabis ad altre piante agricole come il grano, le albicocche o gli spinaci, abbiamo bisogno di un insieme di regole all’interno delle quali lavorare che siano coerenti, stabili e facilmente controllabili.