Perché dire no alle trivelle in Italia: una lettera aperta da condividere
Io non so e non voglio sapere cosa ciascuno dei lettori abbia votato; so però che le cose non cambiano e non cambieranno mai in Italia se continuiamo a fare il tifo per il partito del cuore, o a gufare contro i partiti dei nostri nemici. Occorre invece lavorare con quel che si ha, tenendo l’obiettivo a mente, lavorando con tutti, restando indipendenti e svegli. Le elezioni sono solo il punto di partenza, è il dopo che richiede il nostro impegno costante. PD, PDL, M5S, Fratelli d’Italia, Verdi, IDV o qualsiasi altro partito: quando si entra in Parlamento, tutto diventa un calcolo, un compromesso, un prepararsi alle prossime elezioni.
Sta allora a noi mettere pressione affinché siano prese le decisioni giuste, e questo si fa con l’unica arma che abbiamo: i nostri numeri, la nostra voce, in modo coordinato e intelligente. Altrimenti, se aspettiamo i politici vince quello che è più facile fare, che spesso è l’interesse del più forte. Dobbiamo allora far vedere loro e sentire cosa vogliamo, perché hanno tutti paura di perdere la poltrona e della rabbia popolare. Incanaliamo la nostra voce per le cose buone.
In questo momento, io credo, fra dritte e storte, che il M5S abbia giocato una carta che potrebbe essere importante, quella dell’emendamento che bloccherebbe per 3 anni 36 pozzi. Se tutto questo è realtà o fantasia non lo so; però dobbiamo far sì che passi, e che la Lega stia a sentire. Mi imbatto oggi in un articolo in cui il sottosegretario leghista all’ambiente, Vannia Gava dice: «Non posso approvare un’impostazione tutta volta a dire ‘No’ come quella che sta alla base dell’emendamento dei 5 stelle sul tema delle trivelle. È sbagliato bloccare le autorizzazioni: non possiamo consentire che la paura blocchi lo sviluppo». Che questo sia detto in buona o cattiva fede non lo so. Ma di certo è un’affermazione che non corrisponde a verità. E allora, facciamo l’unica cosa che possiamo fare: scriviamole direttamente; il suo indirizzo è [email protected]
Cara Vannia,
chi si oppone alle trivelle non ha paura, è solo informato. La paura presuppone che ci sia un’incognita, che non si sa cosa verrà fuori. Ma con il petrolio non c’è incognita alcuna. È una certezza che le trivelle non portino niente di buono a nessuno. Mai è successo e mai succederà, né in Italia né da nessuna altra parte.
Il petrolio non è sviluppo – il petrolio è il medioevo dello sviluppo, è l’essere ancorati al passato, al voler perpetuare la lunga lista di malattie, incidenti, fiammate, agricoltura morta, spopolamento, rischio sismico, spiaggiamenti e aria malata che abbiamo già documentato in ogni angolo del pianeta. Ci sono passati già in tanti, dalla Nigeria alla Louisiana, dal Venezuela alla Basilicata, dall’Ecuador all’Albania, dal Texas alla Colombia. Tutti riportano la stessa storia: il petrolio è stata una maledizione per chi ci deve convivere. Occorre allora prendere esempio e imparare dagli altri affinché il loro dolore sia un monito per noi che possiamo ancora scegliere.
Se sovraintende all’Ambiente, voglio sperare che lei ci tenga all’Ambiente. Legga, si documenti, ma da fonti vere, non dalle pappardelle che spara l’ENI. Si chieda perché ci sono movimenti di resistenza popolare in tutto il mondo contro il petrolio e i petrolieri, perché in California non abbiano piantato un solo pozzo nel mare dal 1969 ad oggi, perché la stragrande maggioranza degli italiani svincolati dall’ENI è contraria ad altri buchi nei nostri paesi, nei nostri campi, nei nostri mari.
L’Italia ha votato gli accordi di Parigi del 2015, tutti sappiamo che il nostro clima cambia, e che la colpa di tutto è del petrolio. Che li abbiamo firmati a fare quegli accordi? Non è folle continuare su questa strada? Perché insistere e diabolicamente persistere?
Voti l’emendamento, è un regalo che lei farà a tutti quei cittadini che non hanno dormito la notte per salvare le loro cittadine da Mr. Petrolio. È un chiedere scusa a tutti quelli che invece le trivelle e le raffinerie ce le hanno da anni dietro casa. Voti l’emendamento. Ci guadagna il mare, ci guadagna il Paese, ci guadagna la nostra immagine all’estero: l’Italia sarà vista come una nazione all’avanguardia. Ci guadagnerà lei personalmente in affetto popolare. Sopratutto ci guadagneranno le prossime generazioni a cui lei avrà regalato un futuro migliore.