Negozi, bar e visite turistiche: il carcere di San Pedro
Avevate mai pensato che un carcere potesse essere visitabile e addirittura avere negozi e ristoranti all’interno? Ebbene si. Nel carcere di San Pedro nella capitale della Bolivia tutto ciò è possibile e non solo. San Pedro è il carcere più grande di La Paz e può ospitare fino a 1500 detenuti, ma è anche il luogo dove si può osservare un curioso esperimento sociale: i detenuti lavorano, pagano l’affitto per le stanze che occupano e alcuni vivono addirittura con l’intera famiglia. Questa prigione è anche, ufficiosamente, meta turistica per alcuni viaggiatori, soprattutto coloro che sono alla ricerca della cocaina più pura del mondo.
La verità è che la prigione più strana dell’America Latina si presenta come un quartiere povero della città piuttosto che come un carcere; e sono proprio le sue particolari condizioni a creare un microclima sociale completamente differente da quello che si vive in altre carceri, ma forse molto più inquietante.
Dei circa 1400 detenuti presenti, 40 sono stranieri, la maggior parte peruviani ma ci sono anche sudafricani ed europei, la maggior parte accusati per traffico di droga. Mentre le autorità negano l’esistenza di tutto questo, sono apparsi romanzi e articoli scritti da visitatori ed ex-detenuti che lo certificano. E’ da considerare anche che solo il 20% dei detenuti ha una condanna assegnata, il restante 80% è in attesa di giudizio. Le voci a proposito di questo carcere hanno cominciato a girare un paio di anni fa e vari giornalisti si sono precipitati quando hanno scoperto che il prezzo per una visita con pernottamento era di soli 50 bolivianos (circa 5 euro). Sembrava una leggenda, ma si è rivelato vero: Thomas McFadden, un americano che è stato condannato a quattro anni di carcere per traffico di droga, ha fondato una società turistica che dà lavoro a cinque prigionieri e tre agenti che offrono servizi agli stranieri in movimento dalla capitale amministrativa della Bolivia. Una volta scontata la pena ha venduto i diritti ad un altro detenuto soprannominato “The Ghost”, che ha, a sua volta, lasciato la cosiddetta azienda al nuovo capo “El Tiburon”.
Il carcere è diviso in otto parti: Posta, Pinos, Alamos, San Martin, Prefectura, Palmak, Guanay, Cancha. La visita comincia dal “Centro Commerciale”, un padiglione dove i detenuti hanno installato due negozi di alimentari, un barbiere, una sala da biliardo e un piccolo ristorante con cucina casalinga.
A differenza delle altre carceri dove i detenuti lavorano per ammazzare il tempo, a San Pedro lo fanno per coprire i costi, in primo luogo l’affitto delle celle. Maggiore è il reddito migliori sono le condizioni di sopravvivenza e viceversa. Qui le differenze sociali sono molto marcate: Ramon, il proprietario del ristorante, dispone di aria condizionata e computer con connessione internet, ma è anche possibile trovare celle squallide e al limite della vivibilità.
Il valore delle celle varia tra i 1000 e 1500 dollari e l’inquilino può abitarla fino alla fine della pena; ma ci sono anche situazioni peggiori nelle quali due reclusi, i più umili, sono costretti a condividerla. Il settore d’élite che si trova all’ultimo piano è accessibile solo dagli avvocati, dalle escort di lusso e dai parenti delle 16 persone privilegiate che gestiscono il business della droga.
I pezzi grossi del mercato nero della droga possiedono qui un laboratorio per la fabbricazione della cocaina. Le materie prime sono ottenute corrompendo le guardie e i prezzi riassorbiti con le vendite ai turisti e agli altri detenuti.
Purtroppo, in questo carcere la violenza è all’ordine del giorno e la polizia non interviene, lasciando il controllo nelle mani delle guardie elette democraticamente tra i detenuti stessi. I decessi sono circa quattro al mese, contando anche i morti per cause naturali. Nel cortile c’è una piscina che si svuota frequentemente, luogo di diversi omicidi e suicidi, è li che gli avversari vanno per “risolvere i loro problemi”.
Non manca inoltre lo spirito sportivo: c’è, infatti, un campetto di calcio nel centro del complesso carcerario dove si svolge un vero e proprio campionato tra le varie sezioni, ognuna con squadra propria e immancabilmente si muove un giro di scommesse che fa girare circa 20.000 dollari l’anno.
Ciò che accade in questo carcere è davvero al limite dell’immaginabile; si sono create dinamiche molto simili a quelle del “barrio” e le regole e le differenze sociali sono molto marcate.
La cosa più curiosa, che sta rendendo questo carcere sempre più attraente e controverso, è appunto il commercio “dell’oro bianco” e l’anormale tranquillità con la quale la gente vive questa assurda situazione.