“Il mondo ha guardato con orrore mentre il governo delle Isole Faroe continua a permettere il brutale e privo di senso massacro di migliaia di globicefali e delfini durante la Grindadràp”. Dopo l’ennesima carneficina di cetacei da parte degli abitanti delle Isole Faroe nell’Atlantico del Nord, un gruppo di attivisti ha dato vita a un nuovo movimento per combattere la tradizionale pratica faroese, ormai chiaramente incompatibile con i valori del ventunesimo secolo. L’obiettivo di #STOPTHEGRIND è semplice: “Chiediamo alle Isole Faroe di cessare immediatamente e permanentemente la caccia perché ci sono ragioni chiare e dimostrate dai fatti per farlo, ragioni basate su preoccupazioni di natura sia etica che ambientale”.
Il movimento ha ottenuto parecchio supporto in breve tempo, lanciando diverse pagine social di successo e pubblicando il proprio manifesto sul sito ufficiale. Secondo gli attivisti la Grindadràp sarebbe innanzitutto una pratica non etica, viste le modalità in cui questa si svolge. Una volta individuato un pod di balene, queste vengono infatti spinte verso una delle ventisei baie designate per la mattanza dalle flotte di locali faroesi, che spaventano i cetacei con il forte suono dei propri motori e le inseguono fino allo sfinimento per diverse ore per condurle verso le acque più basse delle baie, dove gli animali sono spesso uccisi con lance e coltelli, metodi che comportano una morte lenta e dolorosa.
Per gli attivisti di #STOPTHEGRIND la caccia rappresenta poi una pratica particolarmente preoccupante da un punto di vista ambientale. Nonostante le continue affermazioni del governo faroese riguardo la sostenibilità della Grindadràp, le evidenze scientifiche a sostegno di questa tesi sono in realtà inesistenti. Il numero totale di globicefali in natura è infatti ancora oggi determinato in maniera fortemente approssimativa, rendendo non veritiera qualunque asserzione che definisca la caccia come una tradizione non dannosa per la conservazione delle specie soggette alla mattanza annuale.
L’aspetto forse maggiormente preoccupante di questa tradizione apparentemente impossibile da eradicare è la quasi totale mancanza di regolamentazione della caccia di balene nelle Isole Faroe. A differenza di altri ordinamenti che spesso prevedono tempistiche e limiti al numero di animali cacciabili, la Grindadràp non ha stagione e non è ancora oggi prevista alcuna limitazione alla quantità di cetacei che possono essere abbattuti, una mancanza che sottolinea ulteriormente il carattere insostenibile di questa pratica cara ai faroesi ma ormai assolutamente inconciliabile con le moderne esigenze di tutela ambientale. Una tradizione come la Grindadràp, che fa innegabilmente parte del patrimonio culturale delle Faroe, non può infatti più avere una posizione prioritaria rispetto alla conservazione di specie fortemente minacciate da una caccia forsennata e dalla pesca intensiva, tanto più quando dietro tradizioni simili non si celi nemmeno più l’ombra di esigenze di sostentamento della popolazione.