myHipHop Draft 2013: Oyoshe
Siamo lieti di presentare la nostra nuova rubrica a cadenza settimanale, myHipHop Draft 2013! Chi segue il basket conosce il sistema del Draft NBA: giovani rampanti cestisti che si avvicinano allo spettacolare mondo del basket statunitense, quasi sempre arrivati dai college nei quali si formano non solo umanamente, ma anche atleticamente. In qualche modo, dunque, questi college rappresentano la stessa gavetta che i giovani rapper e producer fanno tra palchi e lavori, ufficiali e non. Da oggi in poi, una volta a settimana, proporremo le nostre scelte del Draft, ovvero quelli che reputiamo essere le migliori prospettive qualitative del rap nostrano. Insomma chi, secondo noi, ha tutte le carte in regola per poter ben figurare nel mondo dell’NBA/rap italiano.
OYOSHE, 22 ANNI, MC E PRODUCER, NAPOLI.
Inauguriamo il myHipHop Draft con Oyoshe, rapper e producer napoletano del quartiere Fuorigrotta. Conta 22 primavere, ma già una carriera pregna di progetti, palchi, freestyle battle e live in giro per l’Italia (e non solo). È forte in lui lo spirito classico che rispetta ed abbraccia le radici della cultura hip hop: un ragazzo mosso dai principi dei pionieri, dal peace, love and havin’ fun e dall’hip hop come fattore aggregativo. Gli abbiamo lasciato ampio spazio, per far sì che sia lui a presentarsi al meglio ai lettori ed in particolare ai suoi coetanei. Vi consigliamo di leggere questa interessante intervista che ci mostra un ragazzo con una grande personalità ed un’attitudine da veterano.
Sei rapper e producer: sapresti definire l’attitudine con cui ti cimenti sia nell’mcing che nel beatmaking?
Lavoro e svolgo la cosa in maniera omogenea e quanto più artistica possibile. È un po’ come stare davanti ad una tela bianca ed avere a disposizione acquerelli, matite e pennarelli. L’intento principale è quello di sfogare la propria arte, e in questo caso oltre che fare il rap, che cacciare rime liberamente, mettere a tempo suoni, è fare musica, far suonare i propri pensieri. Tutto questo sfruttando il rap come mezzo di comunicazione, quindi scrivere pensieri in rima su una produzione che mi sta consigliando di cosa parlare e dove viaggiare ogni volta che la ricerca tra i dischi porta un certo tipo di mood. Una full immersion in ciò che amo fare: produrre e partorire nuovi pezzi.
Da mc: meglio un brano di impatto che mostri tecniche sopraffine, o uno più concentrato sul senso che non sulla metrica a tutti i costi?
Un mc è tale in base alla sua abilità di giocare con le rime e avere padronanza di esse. Non ho mai diviso concezione e contenuto da metrica e tecnica. Sarebbe sbagliato secondo me vedere queste nel rap come cose differenti. Una dovrebbe portare all’altra. In realtà la tecnica sopraffina sta proprio nel avere l’abilità di dire cose vere tramite la propria chiave stilistica. Una ricerca del termine, della parola e dell’incastro, questo deve essere la forma del contenuto. Il contenuto ovviamente è una ricerca molto più personale, umana, giornaliera e fuori dagli stereotipi del ‘’rap’’. La tecnica invece è una cosa più ristretta in questo campo, la metto in pratica in base a delle conoscenze che ho del rap stesso grazie ai dischi che ho sempre ascoltato.
Da beatmaker: campionare, suonare, o un compromesso tra le due cose? Mp3 o vinile?
Due cose che possono assolutamente andare bene insieme, ma provocano sicuramente un’emozione diversa vissute in pieno e separatamente. Metto apposto campioni dall’età di 12 anni: i primi loop li mettevo a tempo su cassettine nello stereo. Premevo play nel primo deck e mettevo in rec il secondo. E ripartivo da capo rubandomi qualche base rap di qua e di la. Poi ho iniziato a mettere mani sulle tastiere e creare i miei primi giri, dove ero più (e tutt’oggi lo sono ancora) proiettato verso delle sonorità più chillout, ambient, elettroniche.
Quando campiono dal vinile sembra quasi che tutto possa essere campionato. Per me campionare è un rispetto alla musica, farla rivivere e farla suonare sempre al passo coi tempi se non all’avanguardia. Oggi la musica si fa molta concorrenza tra di essa. Invece il beatmaking mi ha insegnato ad apprezzare generi puri e reali come il funk, il jazz e il rock progressive. Mi ha aperto la mente e per me fare un beat campionando è come comporre, dato che la testa inizia già a tagliare e spostare le ‘’parti’’ dei brani e metterle come meglio crede. Mi piace suonare i bassi ai miei beat, danno un tocco molto personale e fanno da tappeto personale artigianale alla cosa. Ti confesso che anche io ho una cartella contenente file da campionare per i miei momenti di risparmio, ovviamente nessun furto a nessuna netlabel che mette drum kit in vendita, mi piace viaggiare sui blog di vecchia buona musica…
Negli ultimi anni sono usciti Bring da Noise 1 e 2, Rotto & Sporco, Oyoungers e Materiale Mixtape: a quale di questi sei più legato? Hai mai pensato ad un lavoro interamente prodotto e rappato da te?
Bring da noise con i suoi pregi e difetti. Anche perché l’ultimo prodotto uscito ovvero ‘’Materiale Mixtape’’ riporta ancora quella mentalità di diario personale scritto e colorato da me. Dove non sono ancora completamente e pienamente concentrato sulla scrittura e sul rap, dato che in quest’ultimo, cosi come nel mio primo ‘’mixtape’’ non appaio costantemente al microfono. Oggi crescendo, suonando in giro per l’Italia, sento sempre un’energia più forte che mi lega a questo strumento che mi sta anche dando i suoi frutti, soddisfazioni e perché no na tozz’e pan. Tutto questo per riservarmi a quello che sarà il mio album ufficiale. L’album si chiamerà ‘’STAND UP’’ e starò completamente al microfono accompagnato da colleghi, soci e amici sia al microfono che ai beat. Rispetto a questi ultimi, sarà un lavoro più concentrato sulla mia parte personale e visionaria, e come suono seguirà un filone molto più preciso e meno da ‘mixtape’. Non vedo giunga al termine, credo che per fine anno ‘’STAND UP’’ sarà fuori pieno di belle sorprese!
Il rapper e il beatmaker più forte con cui hai collaborato?
Il rapper più forte con cui ho collaborato e di forza parlo non solo di attitudine e predisposizione al microfono alle rime, ma di energia, potenza, innovazione e fede in questa storia è Speaker Cenzou. Se oggi ancora non mollo, nonostante tanta gente vede questo come non un vero e proprio impiego sociale e lavorativo (innanzitutto fondato sul piacere di fare una cosa che piace) è grazie ad artisti come lui, che cacciano rime nuove e sempre colme di potenza. Queste ti fanno credere che se porti con te quell’innocenza e fotta di un bambino cattivo, anzi più che cattivo incattivito dalle condizioni circostanti, puoi ancora andare avanti e essere fiero e soprattutto felice di quello che sei più di quello che hai, dato che quello che sei è tutto ciò che hai. Cenzou ha sempre massacrato i miei beat, e anche quando gli ho remixato brani sembrava tutto fatto apposta.
Per quanto riguarda i beat non posso negare che tra i miei brani più riusciti non prodotti da me ci sono ‘’Tra Le Bombe’’ e ‘’Devil May Cry’’ prodotti da Apoc. I suoi beats sono grassi, spessi e infami. Sono beats a motore di grossa cilindrata, rombano e una volta che ci sali su ti fanno venire quella voglia inevitabile di premere sull’acceleratore. Quando un beat non è prodotto da me, la testa è libera da pensieri di ‘’composizione musicale’’, dunque penso esclusivamente alle parole. Su queste due produzioni credo di essere stato libero e sincero come non mai, grazie al mood e allo spessore qualitativo delle produzioni di Apoc.
Cosa pensi del momento del rap italiano? Molti tuoi coetanei si stanno avvicinando all’hip hop: che consigli daresti loro per non prenderla come moda passeggera, ma come un modo per conoscere e apprezzare le radici di questa cultura?
È un momento di terra fertile per l’Hip Hop in Italia. Le etichette e i media danno molta più considerazione a questo moviemento. Pero c’è da dire che l’Hip Hop da sempre insegna dei principi e dei valori che dovrebbero essere fondamentali in questa cultura e non solo: peace, unity, love and having fun. In questo concetto però non esiste la parola apparenza, scena, vetrina. Oggi l’Hip Hop è al massimo della sua esposizione e chi vive di questo da più tempo ha una grande responsabilità. Abbiamo la possibilità di trasmettere un messaggio che ai vecchi cultori ha permesso di crescere in ambienti come le jam, i cypha, di scoprire nuovi generi musicali, di mettere in pratica arti visive e fisiche. È una rinascita personale, un riscatto sociale e come ogni cosa al centro dell’attenzione dei media può essere girata, rigirata e infine adattata al mondo visione. Voglio credere che l’Hip Hop sia essenza, un’attitudine interiore alle cose, non ai modi di muoversi o di vestirsi. Un vero ‘’Hip Hopper’’ è colui che crede alle cose scritte dai guru, ai motivi che hanno portato oggi alla vittoria della black culture nella società, la vittoria della povertà, dato che poi col tempo è diventato un mezzo di comunicazione, la voce per i più poveri. Non diventa una moda passeggera se ci si emozionerà almeno una volta vivendo l’hip hop più che ascoltarlo. L’Hip Hop incoraggia: in ogni disciplina dell’hip hop c’è un livello agonistico, di sfida, quindi è una sorta di incentivo soprattutto per chi non crede in se stesso e non conosce appigli, ma quando si avvicina ad uno degli elementi dell’hip hop si sente come chiamato in missione. Le rime da battaglia, le bboy stance, il writer che puntualmente finisce il wall train fottendo la guardia nello stabilimento. Consiglio vivamente di non accanirsi su tutto quello che sta muovendo ora i giovani a fare il rap, ovvero la possibilità di farsi conoscere, apparire in video e lavorare con questo: quest’ultima può essere una gran soddisfazione e un gran traguardo, ma bisognerebbe puntare ad una consapevolezza di quello che si fa soprattutto per l’attimo presente. Si deve pensare a passare del tempo con un amico col quale si condivide la passione in comune, e da un amico poi nasce la crew, dove poi si ha l’occasione di crescere il concetto di fratellanza. Sempre sotto l’ottica dell’ hip hop, che colora diciamo in maniera stilistica questi concetti . È bello sapere che fermamente questa cultura ci riporti sempre ai concetti base che ripeto caso mai qualcuno se li fosse dimenticati: pace, unione, amore e stare bene. Questi sono gli ingredienti: sta a noi sfruttarli a meglio per nutrirci e nutrire in modo sano.
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Nicola Pirozzi