Murubutu – "Gli Ammutinati del Bouncin’/Ovvero mirabolanti avventure di uomini e mari" (Recensione)
Marco era piccolo, ricciolo, un bimbo vispo,
quando guardava il mondo e il mondo restava zitto
un bimbo cerca altre strade e contrade sin dal principio,
ha già i pioppi ed i caprifogli che dorano aria e pulviscolo,
ha una reggia bruna che asciuga sulla battigia
e il sapore di confettura di prugna sopra alle dita,
ha i giorni nuovi, i venti caldi, i girasoli, i cento cieli
e le spiagge con gli orli argento cuciti dalle onde brevi.
Parlare del rap di Murubutu è un po’ come cercare di descrivere le pennellate tormentate di Turner, il suono anticipatore di Miles Davis o la poesia di Sepulveda e Cervantes. Il primo impatto è decisamente difficile e disarmante, ma l’opera che prende forma di fronte ai tuoi sensi è maestosa. E da qui non si scappa.
La miscela de “Gli Ammutinati del Bouncin’ – Ovvero mirabolanti avventure di uomini e mari” sviluppa uno di quei temi che tutti, nella nostra più o meno lunga storia di studenti e/o lettori, abbiamo in qualche modo dovuto affrontare: il mare. L’ammiraglio Murubutu (perché capitano, considerate le doti espressive, sarebbe estremamente riduttivo) ci conduce lungo un viaggio altalenante e movimentato, mentre sullo sfondo le onde della bellezza e del mistero si annodano ricreando le più classiche metafore dell’esistenza.
I versi proposti in apertura sono tratti da “Marco gioca sott’acqua” e rappresentano l’essenza trascendentale del rap-conto che Murubutu è in grado (sempre) di srotolare: metrica perfettamente limata, parole pesate con la precisione di un orafo, chiasmi, rime interne, richiami e assonanze che non si contano, esattamente come accade per i giochi allitteranti in cui tutti i versi si divertono a rincorrersi. Leggere ad alta voce per provare sulle proprie labbra la poesia.
Usando le parole dell’artista, ogni traccia del disco è un’isola assolata nel mezzo di un oceano fatto di rime. Diverse atmosfere si stendono, ma sempre dolcemente cullate tra i paesaggi marittimi e il bruciore della salsedine. Ogni pezzo nasconde una marea di significati, che affiorano solo dopo un attento ascolto e oltre alla già citata “Marco gioca sott’acqua”, molti i brani degni di nota: “Sirene” che conferma ulteriormente il talento di Claver Gold, il documento storico redatto in “La Battaglia di Lepanto (1571)” o ancora il peso dell’attesa intrecciato all’amore e alla speranza della sera quando “I Marinai tornano tardi”.
“Gli Ammutinati del Bouncin’” è complessivamente un capolavoro, che trova però nella sua raffinata concezione un forte ostacolo. Murubutu è un artigiano straordinario, in grado di dare vita alle proprie storie, colorandole e proponendole con una capacità metrica e stilistica assolutamente senza eguali. Questa è la forza ma allo stesso tempo la debolezza del suo rap didattico e narrativo: un rap “ammutinato” e magnifico che supera e ispira gli standard stereotipati dell’hip hop italiano, ma che sotto certi punti di vista si avventura troppo in quel mare oltre le Colonne d’Ercole.
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Mattia Polimeni