Usa: la multinazionale Johnson & Johnson a processo per aver causato un’epidemia di oppiacei
Inizia oggi a Norman, in Oklahoma, il processo contro Johnson & Johnson. I dirigenti della multinazionale sono chiamati a difendersi dall’accusa di aver favorito una vera e propria epidemia di farmaci oppiacei a causa delle loro aggressive campagne di marketing, volte a incentivare l’uso di questi farmaci, anche tra i bambini, minimizzando i rischi connessi all’abuso e alla dipendenza.
Negli Stati Uniti si stima che 11,5 milioni di americani dai 12 anni in su abbiano fatto un uso improprio di questi farmaci e i casi di morte per overdose dovuti a eroina o oppioidi sono stati 42.249 nel solo anno 2016: 115 al giorno, uno ogni 12 minuti. Una vera e propria emergenza nazionale, rispetto alla quale – secondo l’accusa – le cause farmaceutiche hanno enormi responsabilità.
Ad indicare quale sia il rischio che le multinazionali corrono c’è anche la condotta di altre due case farmaceutiche produttrici di farmaci oppioidi che hanno preferito fare costosi accordi extragiudiziari piuttosto che affrontare i giudici. La Purdue Pharma, produttrice dell’analgesico OxyContin, ha scelto di pagare 270 milioni di dollari in marzo. Mentre l’israeliana Teva Pharmaceutical Industries ha seguito l’esempio in extremis, raggiungendo domenica a sua volta un’intesa da 85 milioni.
La Johnson & Johnson ha invece scelto di andare a processo. Un procedimento che i giudici dell’Oklahoma preparano da due anni e per il quale si preannunciano oltre 200 testimoni. Secondo le testimonianze la casa avrebbe facilitato enormemente gli abusi dei farmaci promuovendoli per usi non necessari e minimizzando i rischi di assuefazione. Questi abusi avrebbero portato con sè il moltiplicarsi di vittime, anche da eroina e da versioni illegali del potente anti-dolorifico fantanyl.
La procura cercherà di dimostrare che le pratiche di marketing adottate erano irresponsabili, favorendo anche la diffusione di farmaci come codeina, ossimorfone e fentanyl ai bambini. J&J afferma che lo stato non ha alcuna prova che il comportamento dell’azienda sia legato a decessi da oppiacei o che medici abbiano prescritto i farmaci senza che ve ne fosse necessità.
La prima fase del dibattimento durerà alcuni mesi, e servirà molto tempo per arrivare ad una sentenza. Nel frattempo gli Usa continuano a fare i conti con l’emergenza da abuso e dipendenza da oppioidi. Un flagello contro il quale si sta dimostrando efficace la tanto bistrattata cannabis, che secondo le ricerche si dimostra in grado di inibire la dipendenza da questi farmaci.