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In ricordo di Mujica: “La vita è un miracolo, non sprecatela nel consumismo”

È mancato Pepe Mujica, guerrigliero, rivoluzionario e politico, passato alla storia come il "presidente migliore del mondo", un gigante di cui sentiremo la mancanza

Pepe Mujica

«Il mio ciclo è oramai compiuto. A dirla tutta, sto morendo e il guerriero ha diritto al suo riposo». 

José Alberto Mujica Cordano, per tutti Pepe, è mancato all’età di 89 anni, lasciando un vuoto incolmabile dopo aver espresso l’ultimo desiderio: «Sarò sepolto sotto una sequoia che ho piantato io stesso, insieme alla mia adorata cagnolina Manuela».

Colpito da un cancro all’esofago aveva anticipato in un’intervista a gennaio la sua dipartita, annunciando che avrebbe rifiutato le cure, dopo aver scoperto che le metastasi si erano estese anche al fegato.

Non ci sembra vero che anche per lui, che alla lotta e agli ultimi ha dedicato la vita, sia arrivato il momento del meritato riposo. Erano gli anni ’60 quando iniziò la sua personale battaglia, ispirata dalla rivoluzione cubana, contro la dittatura del Paese sostenuta dagli Usa. Mujica ha pagato le conseguenze delle sue azioni con 4 arresti, 14 anni di carcere 10 dei quali in isolamento, fino al 1985, anno in cui in Uruguay è tornata la democrazia, e sei pallottole che l’hanno colpito senza riuscire ad ammazzarlo. Entrò nei Tupamaros, guerriglieri e rivoluzionari, dove conobbe la su futura moglie, Lucía Topolansky Saavedra, rimasta accanto a lui fino ad oggi.

Arrestati entrambi, evadono, ma poi vengono ricatturati poco prima del golpe militare avvenuto nel 1973. Diventato un mito popolare per aver organizzato un’evasione degna di un film, con tanto di tunnel scavato di nascosto per far evadere 106 persone, è poi stato ricatturato insieme ad altri 8 leader della rivolta passati alle cronache come “ostaggi della dittatura”, perché i militari dichiararono che li avrebbero fucilati se fossero stati commessi altri attentati. Di nuovo rischia di morire per le condizioni disumane della detenzione e si salva bevendo la propria urina. Parla con gli insetti per non impazzire, legge quando riesce a farsi consegnare il primo libro dopo 7 anni di prigionia ed è lì che probabilmente riconsidera l’uomo e suoi bisogni in rapporto con il bene più grande, la libertà.

MUJICA: SE VUOI ESSERE LIBRO DEVI ESSERE SOBRIO NEI CONSUMI

«Io consumo il necessario ma non accetto lo spreco. Perché quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli. E il tempo della vita è un bene nei confronti del quale bisogna essere avari. Bisogna conservarlo per le cose che ci piacciono e ci motivano. Questo tempo per se stessi io lo chiamo libertà. E se vuoi essere libero devi essere sobrio nei consumi».

Stizzito per essere stato definito come il presidente povero, ha spiegato in una bella intervista ad Al Jazeera che c’è una bella differenza tra la sobrietà come scelta e l’essere invece costretti a vivere in povertà. «Sobrietà. Concetto ben diverso da austerità, termine che avete prostituito in Europa, tagliando tutto e lasciando la gente senza lavoro».

Per “Pepe” Mujica, conosciuto nel web come il “Presidente migliore del mondo” grazie al video del suo discorso al Summit Onu di Rio, la sobrietà innanzitutto andava vissuta in prima persona governando grazie alla forza dell’esempio. Del suo salario di 150mila dollari l’anno riscuoteva solo il 10 percento, 1.250 dollari al mese, il resto lo donava. Ha rifiutato la residenza presidenziale e ha continuato a vivere, insieme alla moglie, in una piccola fattoria dove si dedicava all’orto e alla coltivazione di fiori. Non aveva un conto in banca e i suoi unici possedimenti da dichiarare al fisco erano due vecchi maggiolini Volkswagen e tre trattori, visto che la fattoria e il terreno sono intestati alla moglie. Dopo il carcere ha trovato la forza di fare politica facendosi apprezzare per le sue doti oratorie e la capacità unica di comunicare con la gente. Dal 1994 al 2010, è stato prima deputato, poi senatore, poi leader del suo partito e infine presidente della Repubblica.

Da politico è stato protagonista di un cambiamento diverso, ma non per questo meno rivoluzionario, grazie alla capacità di tracciare una nuova via con conseguenze che stanno dilagando in tutto il mondo. Molto è stato scritto riguardo alla legalizzazione della cannabis nel primo Stato che ne ha gestito direttamente produzione e distribuzione: una mossa prima di tutto contro il narcotraffico. Ma il suo operato è andato ben oltre. Prima c’è stata la legalizzazione dell’aborto, quella dei matrimoni gay e poi la legge sulla donazione degli organi prevista in forma automatica a meno che non si firmi una dichiarazione per rifiutarla.

CREARE RICCHEZZA PER IL POPOLO

L’operazione più delicata è quella di riuscire a creare ricchezza per poterla ripartire meglio attraverso la moltiplicazione delle cooperative di lavoratori. Una sorta di via di mezzo tra le pressioni del mercato e un modello socialista. Ciclista professionista da giovane e discendente di spagnoli (per parte di padre) e italiani (per parte di madre), era amatissimo dai ceti più poveri quanto odiato dai potenti. E ha continuato a fare a modo suo. Come quando gli Aerosmith, nel 2014 dopo un concerto a Montevideo, gli regalarono una chitarra elettrica autografata. Lui ringraziò e subito dopo la mise all’asta per versare i soldi raccolti nel fondo per la costruzione di case popolari.

Perché, come aveva spiegato in maniera magistrale in occasione del G-20 del 2012 in Brasile, «lo sviluppo non può essere contrario alla felicità. Dev’essere a favore della felicità umana; dell’amore per la Terra, delle relazioni umane, dell’attenzione ai figli, dell’avere amici, dell’avere il giusto. Semplicemente, perché questo è il tesoro più importante che abbiamo: la felicità! Quando lottiamo per l’ambiente, il primo elemento dell’ambiente si chiama felicità umana. Grazie.»



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