Morire per la libertà: l’estrema protesta contro il regime di un gruppo di musicisti in Turchia
La straziante lettera di Ibrahim Gökçek, 318 giorni di sciopero della fame contro la persecuzione politica da parte del regime di Erdogan. Nel 2919, insieme ad altri componenti della band Group Yorum, ha iniziato lo sciopero in seguito al quale sono morti l’attivista e cantante turca Helin Bölek e Mustafa Kocak, ambedue di 28 anni. Ormai stremato, Ibrahim Gökçek ha trovato la forza di scrivere ancora una lettera al giornale Humanité, che l’ha pubblicata domenica scorsa e di cui riproponiamo un estratto.
“Dalla mia camera da letto, in una delle baraccopoli di Istanbul, guardo fuori dalla finestra il giardino. Uscendo, potevo vedere il Bosforo un po’ più lontano. Ma ora sono a letto e peso solo 40 chili. Le gambe non hanno più la forza di trasportare il mio corpo. Al momento, posso solo immaginare il Bosforo.
Mi chiamo Ibrahim Gökçek, per 15 anni ho suonato il basso nel Grup Yorum. Siamo nati nelle lotte per i diritti e le libertà iniziate in Turchia dal 1980. Abbiamo pubblicato 23 album per riunire cultura popolare e pensiero socialista. 23 album venduti in totale per oltre 2 milioni di copie. Abbiamo cantato i diritti degli oppressi in Anatolia e in tutto il mondo. In questo paese, tutto ciò che vivevano coloro che combattevano per i loro diritti, gli oppositori, coloro che sognavano un paese libero e democratico e anche noi che cantavamo le loro canzoni, vivevamo le stesse cose: eravamo guardati a vista, imprigionati, i nostri concerti erano proibiti, la polizia ha invaso il nostro centro culturale e fracassato i nostri strumenti. E per la prima volta con l’AKP al governo della Turchia, siamo stati inseriti nella lista dei “ricercati terroristi”.
Nonostante la qualifica che mi è stata data, non mi sento assolutamente un terrorista. Il motivo per cui siamo stati inseriti in questo elenco è perché nelle nostre canzoni parliamo di minatori costretti a lavorare sotto terra, di lavoratori assassinati da incidenti sul lavoro, di rivoluzionari uccisi sotto tortura, di abitanti dei villaggi il cui ambiente naturale viene distrutto, di intellettuali bruciati, di case distrutte nei quartieri popolari, dell’oppressione del popolo curdo e di quelli che resistono. Parlare di tutto ciò in Turchia è considerato “terrorismo”.
Nel febbraio 2019 sono stato arrestato e nel maggio 2019 abbiamo iniziato lo sciopero della fame per fare revocare il divieto dei nostri concerti, fermare le aggressioni al nostro centro culturale, per fare rilasciare tutti i membri incarcerati del nostro gruppo e cancellare i processi avviati contro di loro e perché venissero cancellati i nostri nomi dall’elenco dei terroristi. Successivamente, con Helin Bölek, abbiamo trasformato la nostra azione in uno sciopero della fame illimitato: non avremmo rinunciato a questo sciopero fino a quando le nostre richieste non fossero state accettate. Al prezzo, se necessario, della nostra stessa morte.
Helin Bölek è morta il 3 aprile, al 288° giorno di sciopero della fame illimitato. Quanto a me, che da qualche tempo vivo dentro un letto, non so come finirà il mio viaggio. La battaglia che si sta impegnando nel mio corpo si concluderà con la morte? Oppure con la vittoria della vita?
Quel che so con maggior forza in questa lotta, è che, fino alla soddisfazione delle nostre rivendicazioni, mi aggrapperò alla vita anche in questo cammino verso la morte.”