Viaggi e avventure

Mongolia: un viaggio nella terra di Gengis Khan

mongolia mappaStato: Mongolia
Capitale: Ulambator
Clima: continentale – desertico
Specialità gastronomiche: montone, montone bollito e montone arrosto.

Una spianata semi desertica di oltre un milione e mezzo di chilometri quadrati incastonata tra Cina e Russia e abitata da poco più di tre milioni di persone, fanno della Mongolia uno dei luoghi più alieni della terra. Un mix di vaste praterie, montagne innevate, canyon e laghi incontaminati. Villaggi di pastori nomadi, templi buddisti e antiche rovine popolate risalenti ai tempi di uno dei più grandi conquistatori del mondo. Se non vi basta questo per essere attratti dall’antica terra dei guerrieri mongoli vi meritate solo gli schiuma party di Ibiza.

Praticamente tagliata fuori dal mondo per oltre settecento anni, con la caduta del comunismo la Mongolia ha fatto di tutto per aprirsi al mondo. Mentre le vecchie tradizioni sopravvivono immerse in una natura pressoché incontaminata, il Paese ha comunque sviluppato importanti collegamenti culturali ed economici con il mondo occidentale: non è inusuale infatti incontrare laureati o lavoratori mongoli che hanno vissuto per anni in occidente. Il turismo, le attività minerarie e quelle legate alla lana cashmere, sono i principali capisaldi dell’economia. Le scarse infrastrutture e la brevità della stagione turistica (da maggio a settembre) frenano un po’ gli investimenti nel settore ma il crescente sviluppo dei cosiddetti Ger camps (gli accampamenti di tradizionali tende mongole) sta facendo aumentare vistosamente il numero di agenzie che si dedicano agli eco-tour. Inoltre, senza la presenza di grosse strade o proprietà private, la Mongolia è perfetta per trekking a cavallo e in bicicletta o per viaggi offroad.

Da dove partire? Ovviamente dalla capitale Ulan Bator. La città il cui soprannome significa “eroe rosso” è stata fondata a e spostata diverse volte. Come sia potuto avvenire lo si capisce dando un occhio alla “periferia” della città, costituita per la maggior parte da Ger (o yurta) specie di tenda circolare tipica della Mongolia. La città era quindi una sorta di mega-tendopoli che si spostava e qui vi alloggiarono tra gli altri il Bogd Khan, o budda vivente, una sorta di cugino del Buddha, vari alti funzionari cinesi che usarono la città come base commerciale per vendere il tè agli imperi degli zar russi, coloni inglesi, maoisti cinesi, baroni tedeschi pazzi che pensavano di essere la reincarnazione di Gengis Khan, un paio di Dalai Lama e pare sia passato da queste parti anche Lenin. Insomma l’antica tendopoli di Ulan Bator (che ha anche cambiato diversi nomi, tutti assolutamente impronunciabili), era un posto piuttosto trafficato e per molti secoli fu l’unica “città” del Paese. Oggi di quell’affascinante mondo resta poco: l’architettura razionalista e quella postcomunista hanno lasciato una cittadina grigia con qualche orrore architettonico moderno e praticamente non varrebbe la pena fermarsi se non fosse per alcuni musei e monasteri piuttosto interessanti.

Quindi, se ne avete la possibilità, date un occhio al Monastero Chojin Lama (ora museo), al palazzo d’Inverno di Bogd Khan, al museo di storia naturale con la sua incredibile collezione di fossili dell’era glaciale (incredibili quelli di mammuth) e anche al museo di storia nazionale per capire qualcosa di più del popolo mongolo.

Il prossimo passo è in direzione sud, verso il Deserto del Gobi. Pare che un viaggiatore inglese negli anni venti abbia lasciato questa nota sul Deserto del Gobi: «Un posto che solo un pazzo avrebbe voglia di visitare». Benché le cose siano piuttosto cambiate in realtà il deserto del Gobi resta tuttora un luogo molto inospitale, alte temperature, escursioni termiche notevoli, tempeste di sabbia, canyon inospitali e la scarsezza di acqua pongono il viaggiatore di fronte alla consapevolezza che è meglio partire organizzati. Il modo migliore per non sbagliare è trovare una buona jeep e una buona guida. Da Ulan Bator dirigetevi a Dundgov, anonima cittadina ai confini nord del deserto, qui è pieno di piccole agenzie che organizzano carovane nel deserto. Informatevi sui prezzi e date un occhio ai mezzi di trasporto, giusto per non trovarvi su un Defender senza sedili posteriori con otto ore di viaggio davanti: il viaggio potrebbe diventare una brutta copia di Mad Max.

Deserto-del-Gobi

Da qui il primo stop potrebbe essere il campo ger di Baga Gazryn Chuluu, una formazione rocciosa nel bel mezzo del deserto dove il picco più alto raggiunge la ragguardevole altezza di 1768 metri ed è scalabile in due o tre ore di camminata. Tra le montagne ci sono anche numerose fonti di acqua potabile che fanno di Baga Chuluu un ottimo posto dove campeggiare. Qui ci sono anche alcuni santuari buddisti molto interessanti, dove la tradizione buddista si mescola ad usanze ancestrali in un sincretismo unico: cercate le ovoo, misteriose piramidi di pietre e fatevi spiegare dai locals il loro antico significato. A mezza giornata di viaggio verso ovest cercate di raggiungere il santuario di Sum Khokh Burd e il suo relativo campo ger. Posizionato in mezzo ad un lago, questo misterioso santuario fu costruito intorno all’anno mille e cadde in rovina pochi secoli dopo: successivamente venne costruito un palazzo al suo posto ed anche questo non durò molto. Oggi le rovine di questi palazzi campeggiano in mezzo all’isola rendendo questo luogo davvero spettacolare.

La pista nel deserto del Gobi prosegue verso sud a Ulaan Suvraga. La visita a questo campo ger merita un po’ di tempo per visitare i dintorni e scoprire l’origine del deserto del Gobi, un bacino marino. Milioni di anni fa infatti quest’area del pianeta era completamente sommersa e a seguito dei movimenti delle placche continentali quello che un tempo era il fondo oceanico è diventato un deserto a 1300 metri di altitudine. Resti di fossili marini sono ben visibili ovunque e le colline circostanti portano i segni di erosione dei fondali oceanici.

Proseguendo ancora verso sud s’incontra la regione dell’Omnogov, uno dei luoghi più impervi del Paese composto da dune sabbiose, canyon ghiacciati e montagne innevate. Qui vale la pena fermarsi qualche giorno affittando una macchina e una guida o muovendosi sempre con i mezzi adeguati. Di sicuro da non farsi mancare è lo Yolyn Am, lo spettacolare canyon ghiacciato e gli scavi archeologici di Bayzag dove si trovano alcuni dei più interessanti fossili di dinosauri mai scoperti. Da queste parti non è raro incontrare branchi di gazzelle nere o di cammelli allo stato brado.

Yolyn Am

Parlando di cammelli, se raggiungete le rovine di Ongiin Khiid, il Monastero del Deserto, potreste accordarvi con qualche mandriano del campo ger per farvi due giorni di trekking a dorso di cammello, consigliato a chi non soffre di mal di mare.

Le rovine del Monastero del Deserto sono anche la porta di uscita dal deserto e il primo insediamento che troverete è verso nord dove risiede il monastero ancora attivo di Erdene Zuu Khiid, il più antico del paese. Costruito nel 1585 da Altai Khan un discendente di Gengis Khan, il complesso architettonico (chiamarlo monastero è riduttivo) fu il primo e più importante centro spirituale della Mongolia. All’interno delle sue mura si potevano contare fino a cento templi e oltre trecento ger: poteva ospitare fino a mille monaci. Il “monastero” ha attraversato nel corso dei secoli alti e bassi fino alla sua chiusura nel 1937 a seguito delle purghe staliniste e alla messa al bando del buddismo come religione. È solo dal 1990 che è tornato a funzionare restaurando alcuni dei templi e ricominciando ad avere una certa affluenza. La cosa migliore è pernottare in uno dei ger intorno e procedere a visitare la zona del tempio e dell’area circostante con calma. È probabile che la mancanza di docce calde o particolarmente attraenti abbia fiaccato anche il più duro dei backpacker; bene, questo è il posto giusto dove fermarsi. In uno dei ger gestiti da un ex lottatore di sumo mongolo, il Dreamland, potrete trovare una sauna, docce calde e tende accoglienti: segnatevelo.

Rovine del Monastero del Deserto_1000

La nostra spedizione continua quindi verso ovest nella regione dell’Arkhangai, dove potrete ammirare il tramonto sul bordo di vecchi crateri vulcanici, organizzare lunghe passeggiate a cavallo ed assaporare il tradizionale lifestyle dei nomadi mongoli; per intenderci ve la ricordate quella vecchia pubblicità dell’Invicta? Ecco, quella roba lì.

La vostra base sarà la cittadina di Tsetserleg, da cui potrete partire in spedizione per visitare l’area circostante e dove potrete trovare anche alcune fonti di acqua calda. Ma il piatto forte di questa zona è lo spettacolare parco naturale Terkhiin Tsagaan Nuur, con il suo Grande Lago Bianco un enorme bacino lacustre di origine vulcanica dove si può campeggiare sulle sue rive, nuotare, pescare e visitare le montagne attorno, il tutto condito con chili di crema o yogurt di yak che da queste parti sono il piatto forte assieme al solito montone.

Il viaggio si conclude con una virata verso nord-est e sulla strada per Ulan Bator: non dimenticate di tenervi una tappa al monastero di Amarbayasgalant Khiid, uno dei più importanti del Paese (insieme a quelle di Erdene Zuu). La visita vi richiederà almeno un paio di giorni data l’ampiezza dell’area e l’enormità di templi e statue presenti, in più c’è un bel centro di meditazione dove pernottare. Da qui non vi resta che chiudere il cerchio ritornando ad Ulan Bator, ricchi di nuove esperienze: da adesso in poi ogni posto vi sembrerà stretto ed affollato.

Mattia Coletto
Viaggiatore appassionato nasce nel secolo sbagliato.
Avrebbe voluto fare l’esploratore.



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