Modificare l’hashish con il caldo o il freddo
Con la giusta combinazione tra temperatura, pressione all'interno del barattolo e tempo si può ottenere un potenziamento di sapore, profumo ed effetto
Una delle domande più frequenti che mi viene posta è come cambiare “aspetto”, texture, all’hashish.
Ci sono due modi per curare gli estratti come drysift, rosin, ice-o-lator e quindi cambiare tecnicamente lo stadio molecolare alla resina estratta: la warm curing, in cui si sottopone la resina a calore costante durante un tot di tempo o la cold curing, sottoponendola, come suggerisce il termine inglese, al freddo.
COLD CURING
La tecnica del cold curing preserva sicuramente meglio i profili terpenici e riduce la degradazione dei cannabinoidi, ma è anche più lenta e più adatta a prodotti come ice-o-lator o rosin che essendo materiali più puri, perché quasi privi di particelle vegetali, reagiscono molto più in fretta sia al caldo sia al freddo. Per ice-o-lator o rosin di alta qualità, la cura avviene solitamente all’interno di un barattolo in vetro, jar tech, che viene lasciato, nel caso del cold curing in frigorifero (tra 1C°- 4C°) per settimane o mesi, mescolando ogni tanto il contenuto e assicurandosi che non si crei mai condensa all’interno del barattolo. La combinazione tra temperatura, pressione all’interno del barattolo e tempo daranno luogo a un cambio di texture e come sostengono molti hashmaker a un potenziamento di sapore, profumo e effetto.
WARM CURING
La cura a caldo dell’hash, che in realtà è più un cambio di stadio rapido, detta volgarmente “sbuffare” o “spuffare” (il termine è inventato e di uso popolare tra gli italiani) è molto più semplice, veloce, ma anche invasiva. Partendo dal presupposto che più scaldi più rovini, anche per l’hashish è bene mantenere sempre una temperatura bassa, sotto i 38 °C, se il prodotto è buono cambierà texture anche a 32/35 °C mentre qualità meno buone avranno bisogno di 37/38 °C o più giorni di esposizione al caldo. Se la temperatura è troppo alta la resina tenderà a rovinarsi.
Il tempo necessario dipende sia dalla qualità del prodotto sia dalla temperatura, più è bassa più tempo ci vorrà.
Per fare una prova basta prendere un pezzetto di hashish da un paio di grammi, possibilmente glassy, duro e dall’aspetto vetroso, chiuderlo nella carta forno o meglio nella plastica da microonde per alimenti che non assorbe nulla, avvolgerlo nella pellicola e tenerlo per esempio in tasca tutta la notte. Al mattino troverete il pezzetto unto di olio e con una consistenza più farinosa e facile da manipolare.
Negli ultimi due anni è andato molto di moda sui social mostrare foto e video di panette di hashish avvolte nella carta forno e gocciolanti olio. Sicuramente, come si dice, sono immagini molto “instagrammabili” che ci fanno pensare che siamo di fronte a un ottimo prodotto. Ma siamo sicuri che sia proprio così? No. Anche un hashish mediocre o commerciale, sottoposto a calore, rilascia olio dal suo interno. Questo perché il calore scioglie letteralmente la resina, ma la presenza di olio a seguito di calore non è necessariamente sinonimo di alta qualità. Se l’hashish in partenza era di bassa qualità, quello che vedrete fuoriuscire nelle immagini potrebbe essere l’unico olio contenuto e quindi il processo ha accelerato di gran lunga il deterioramento del prodotto.
Dunque prima di decidere di mutare l’hashish dobbiamo valutare se il prodotto che abbiamo in mano può essere sottoposto a calore o è meglio lasciarlo allo stadio in cui si trova. In ogni caso è preferibile evitare di scaldare intere panette se non si consumano in pochi giorni, la resina si seccherà prima e se proprio volete “sbuffare” fatelo con piccole quantità e a bassa temperatura.
A cura di Hilde Cinnamon
Grower residente a Barcellona. Ha un cultivo, un’associazione cannabica e una selezione di genetiche più che rispettabile. Instagram: @hilde.cinnamon