Mezzosangue: umano, troppo umano
Ci sono poche figure, nel mondo hip-hop, altrettanto polarizzanti di Mezzosangue.
Il rapper romano muove milioni di view grazie a YouTube, altrettanti attraverso Spotify e i servizi di streaming concorrenti, capace di mandare sold out le date di un tour che inizia nel weekend che precede Pasqua senza avere ancora un disco da far ascoltare: tale è la sua aura di icona.
Al tempo stesso, proprio perché un disco non c’era alcuni dei suoi follower hanno ritenuto di poter trasformare una attesa spasmodica in un meme crudele nei confronti di questo ventisettenne che è tanto prolifico quanto capace di essere il proprio peggior detrattore.
È il caso di Tree, il disco in questione, che arriva finalmente oggi 23 marzo 2018 nei negozi dopo ritardi pesanti. Ci sono stati problemi tecnici, ma soprattutto un periodo umano difficile, e anche se Mezzo – come lo chiamano i suoi fan – ne è uscito, oggi l’ascolto di Tree è un trionfo, anche e soprattutto per le battaglie combattute da chi lo firma. Altro che meme.
Nei due volumi che compongono il lavoro non c’è spazio per le scemenze da social network, né per i jingle del trap. C’è invece un percorso personale e artistico di crescita, ben esemplificati dal concept dell’albero che cresce: nella metà Roots c’è l’old school, i beat, i sample e delle dichiarazioni d’intenti/manifesti che fanno sembrare questa porzione come un nuovo debutto. Nella metà intitolata Crown, invece, spazio alla sperimentazione con tanti strumenti “veri” registrati live in studio, senza disdegnare interventi più colti come quelli dei violini, o del sax. Su tutti corre la voce disperata, tagliente, vera di Mezzosangue: che esprime il proprio disagio davanti allo stato di cose italiane, si mette in discussione rispetto alla scena e ai colleghi, si trova inadeguato ma comunque rappa, perché è l’unica cosa che sa fare ed è l’unico modo per dare aria ai pensieri che da riflessivi si fanno ossessivi.
Volendo muovere una critica a Tree, così carico di citazioni, di riferimenti numerologici o simbolici, lo si potrebbe trovare ripetitivo nei temi e nei concetti. Succede in episodi come Umanista, Upside Down o Fuck Them Fuck Rap. D’altra parte la ripetizione è anche simmetria, e nell’architettura di questo lavoro così ambizioso non stona e anzi serve a mantenere equilibrio, e a rimarcare il ruolo di Mezzosangue come uno dei rapper più importanti della scena contemporanea in Italia.
Il battito del cuore registrato nell’intro del secondo volume Tree-Crown, ultima traccia incisa prima di chiudere la lavorazione del doppio CD, ci dà indizi su quello che sarà: un Mezzosangue ancora pieno di dubbi, ma sempre più umano, sempre più vivo. Sempre più pronto ad abbracciare la parte più oscura di sé.